La nuova dama di compagnia

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La nuova dama di compagnia

I destrieri correvano veloci come saette, flettendo i muscoli e dominando la fatica, mentre muovevano ritmicamente le zampe sottili, ma robuste con le quali sollevavano grandi nuvole di polvere. I corpi allungati nella corsa, agili e aerodinamici, procedevano lungo un'immaginaria linea retta, eccettuate alcune rapidissime deviazioni necessarie per aggirare gli alberi. Il loro galoppo era serrato e regolare salvo quando saltavano per evitare sassi, radici e altri piccoli ostacoli. Nelle criniere che si agitavano nell'aria, erano immersi i volti dei cavalieri i cui busti erano piegati sul collo degli animali, quasi a formare un'unica creatura mitologica, atletica e capace di sfidare il vento. Procedevano testa a testa, superandosi e rincorrendosi l'un l'altro, finché il cavallo bianco, con un guizzo, sorpassò quello nero e arrivò per primo al punto convenuto.

– Ti ho battuto di nuovo! – esclamò Oscar, ravviandosi con la mano i capelli.

– Devi concedermi la rivincita! – le rispose André.

– Come da trent'anni a questa parte! – lo canzonò lei ed entrambi proruppero in una risata allegra e liberatoria.

– Che insopportabile e vano sfoggio di energie! – commentò, con una smorfia, Robespierre che mai aveva imparato a cavalcare – I ricchi ostentano le loro prodezze mentre i poveri lottano, ogni giorno, per sopravvivere. Trovo, poi, disdicevole che una donna si misuri col proprio marito, arrivando addirittura a superarlo!

– Ignorateli, Eccellenza – disse, con tono amichevole e rassicurante, Talleyrand – Le grandi menti come la Vostra devono trascurare le inezie e concentrarsi soltanto sulle questioni importanti.

Robespierre e il Vescovo de Talleyrand Périgord si erano affacciati alla finestra di una stanza della reggia, dopo una mattina trascorsa a dissertare sull'Essere Supremo e avevano scorto, in lontananza, Oscar e André che si erano sfidati in una corsa equestre nelle campagne di Versailles.

Con testardaggine mista a fanatismo, Robespierre stava propagandando il culto dell'Essere Supremo, fra singolari cerimonie e interminabili processioni, durante le quali si atteggiava a sacerdote del culto della ragione, con grande dispiegamento di mezzi e scarsi risultati. I francesi, in larghissima misura incolti e di animo semplice, erano, infatti, legati alle tradizioni e agli insegnamenti religiosi ricevuti sin dall'infanzia e si mostravano restii a mutare radicalmente le proprie convinzioni. La devozione popolare affondava le sue radici nell'abitudine, nel desiderio di stabilità e nell'esigenza di ricevere protezione più che in un disinteressato afflato a una dimensione squisitamente spirituale, ma non era, solo per questo, meno intensa.

Robespierre era consapevole dei suoi insuccessi in quello e in altri campi.

Ormai da molti mesi, l'uomo di Arras stava tentando inutilmente di attuare delle riforme velleitarie che si erano scontrate con la realtà. Il risultato era che si stava incupendo e che, di giorno in giorno, diventava sempre più solitario, sospettoso e paranoico.

– Il Conte di Lille è un brav'uomo e avrebbe meritato una moglie più docile e devota.... E io avrei meritato il successo delle mie iniziative....

– Ognuno ha la moglie che merita, Eccellenza – gli rispose Talleyrand – Se il Conte di Lille ha voluto legare le sue sorti a quelle di una creatura tanto intemperante, è giusto che paghi le conseguenze della sua avventatezza. Per l'altra questione, io non mi preoccuperei dello scarso entusiasmo suscitato dalla Vostra proposta di riorganizzare la Francia sull'esempio delle città stato dell'antica Grecia, data l'eccessiva difficoltà del progetto né, tantomeno, perderei il mio tempo a rimpiangere la mancata attuazione di riforme tutto sommato marginali, come quella di rinominare i mesi e di rinumerare gli anni. Fossi in Voi, mi concentrerei sulla Vostra vera intuizione che è quella dell'Essere Supremo.

La leonessa di FranciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora