La corona insanguinata

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La corona insanguinata

Maggio volgeva al termine e la corte era in fermento per la prossima incoronazione di Re Luigi XVII. Molti nobili erano confluiti a Versailles e nella capitale per assistere alle celebrazioni e alle cerimonie collegate al solenne evento, con la conseguenza che i saloni e i corridoi della reggia brulicavano più del solito di un'accolita umana variegata e rumorosa. Quei nobili di provincia, alcuni allegri e gioviali, altri tronfi e pomposi, certuni senza un soldo e in cerca di fortuna e molti alquanto fuori moda, erano tutti, indifferentemente, desiderosi di avvicinare il piccolo Re, di baciargli le mani e le vesti e di impetrare da lui cariche e favori. Ciò aveva innervosito Maria Antonietta che, desiderosa di preservare la tranquillità emotiva del figlio, aveva ordinato alle sue dame di tenerlo il più possibile lontano dalla folla dei curiosi e a Oscar di vigilare.

Questa nuova incombenza, unita alla tensione nervosa collegata alla necessità di organizzare nei minimi dettagli il viaggio della corte a Reims e il servizio di sicurezza durante tutte le fasi dell'incoronazione, stava sfibrando Oscar, infliggendole una recrudescenza della tosse nervosa che, da qualche anno, l'affliggeva. La donna, oltretutto, non riusciva a recuperare la linea precedente alla gravidanza e, da circa una settimana, aveva anche ricominciato a soffrire di alcune fastidiose nausee. André, vedendola pallida e agitata, tentava di venirle in soccorso con la sua presenza intelligente e rassicurante, rimediandoci, molto spesso, qualche immeritato rimbrotto. L'uomo accettava tutto di buon grado, perché quella era la Oscar che conosceva e amava.

Fra i vari nobili giunti nella reggia, c'era l'Arciduchessa Maria Cristina di Sassonia Teschen, molto più silenziosa e compita rispetto ad alcuni mesi addietro. Si sarebbe potuto asserire che l'atteggiamento castigato della sorella di Maria Antonietta fosse dovuto alla presenza del marito oltre che alla solennità dell'evento, ma, avendo notato una certa inquietudine nel volto e negli sguardi di lei, Oscar iniziò a temere che la successione sul trono austriaco, seguita alla morte, avvenuta lo scorso venti febbraio, dell'Imperatore Giuseppe II, avesse posto a rischio il recente trattato fra la Francia e l'Austria.

C'erano anche i cugini inglesi di Oscar, il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakenay che, passando da Lille, avevano offerto alla Marchesina Victoire Aurélie de Saint Quentin e al fratello di lei di accompagnarli a Versailles. Alla comitiva si era aggiunta la famiglia d'Amiens al gran completo. La prospettiva di avere come compagne di viaggio la sgradevole e dispotica Marchesa e la giallognola e lamentosa figlia non aveva entusiasmato i nobili inglesi che, però, per educazione, non si erano potuti esimere dall'accettarne la presenza. Quando, dieci minuti prima della partenza, si era unito ai viaggiatori anche Maurice Le Barde, forte della certezza che l'incoronazione sarebbe stata una fonte inesauribile di ispirazione per la propria vena creativa, il Conte di Canterbury e Sir Percy avevano maturato la definitiva convinzione di trovarsi a capo del carrozzone di un freak show.

Una mattina di fine maggio, Oscar e André stavano conversando, nei giardini della reggia, con i cugini inglesi, con i coniugi Girodel e con i componenti delle famiglie de Saint Quentin e d'Amiens.

Il giovane Marchese Camille Alexandre de Saint Quentin era diventato più maturo e giudizioso mentre il poco più anziano Marchese d'Amiens aveva serbato il suo tratto caratteriale altero e scostante che, unito al volto pallido, alla voce nasale e a un aspetto poco avvenente, gli conferiva un'apparenza decisamente sgradevole. Questa prima impressione, quando era suffragata da una frequentazione più approfondita, consacrava il giovane gentiluomo nell'olimpo delle persone da evitare.

La Marchesina Victoire Aurélie che, per tutto quell'anno, si era mantenuta in contatto epistolare col Conte di Canterbury, si trovava in una fase intermedia in cui l'innamoramento per André si stava affievolendo, sostituito da un progressivo interesse per il gentiluomo inglese che, da parte sua, con una corte garbata, ma assidua, stava facendo di tutto per volgere l'affetto di lei nella propria direzione. Questo paziente e appassionato assedio amoroso era spesso disturbato dalle ossessive e fastidiose incursioni della Marchesa d'Amiens, intenta in un enorme quanto inane sforzo volto a indirizzare i sentimenti del Conte verso l'insignificante Geneviève. Questi ripetuti tentativi, che rendevano la Marchesa odiosa e ridicola al tempo stesso, stavano diventando sempre più insistenti, al punto da mettere a dura prova anche la pazienza del mite e gentile Conte di Canterbury.

La leonessa di FranciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora