A primavera, arrivano le rondini

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A primavera, arrivano le rondini

A primavera, la natura si risveglia e le vita rinasce. Il ghiaccio si scioglie e il vento, non più gelido, solletica i prati che si ricoprono di erba nuova, chiara e tenera. Gli animali escono dalle loro tane, affamati e sonnacchiosi e si sgranchiscono le zampe intorpidite dal letargo. Le chiome degli alberi e gli arbusti ossuti si riempiono di gemme e, nelle aiuole e nei vasi, fra i cespugli o vicino ai sassi, sbocciano i primi fiori. Le margherite e le primule punteggiano allegramente l'erba mentre gli iris e i narcisi si schiudono con naturale maestà, esplodendo dagli steli rigonfi.

A primavera, arrivano le rondini.

Il 21 marzo 1790, Oscar, di buon mattino, aprì la finestra della sua camera da letto per inspirare l'aria frizzante delle giovani ore, prima di mettersi in cammino verso la reggia, giacché la gravidanza inoltrata non l'aveva fermata. Aperti i vetri, fu raggiunta da un pigolio sottile e incessante, proveniente dal cornicione sovrastante la finestra. Lo sguardo della donna si fissò sul nido di fango e di sterpi che, da qualche anno, rigonfiava il muro e che, quella primavera, aveva accolto i suoi abituali occupanti con due settimane di anticipo. Dal nido, quella mattina, spuntavano cinque colli esili e allungati, culminanti in enormi becchi arancioni, spalancati e chiassosi, reclamanti cibo. Le uova si erano schiuse e, ora, i pulcini, col loro piumaggio scomposto e la voce squillante, si sporgevano all'esterno, richiamando i genitori. Non passarono che alcuni istanti e un adulto, con il dorso nero, il torace bianco e una lunga coda appuntita, arpionate le zampe al nido, infilò il becco in quello dei piccoli che, in fila, aspettavano il nutrimento.

Le labbra di Oscar si piegarono in un sorriso mentre gli occhi le brillarono di un'espressione intenerita. Dato un ultimo sguardo a quei nati, voltò le spalle alla finestra e si diresse verso la porta, quando un liquido le irrorò le gambe, annunciandole che un'altra vita si stava affacciando al mondo.

Le cameriere furono subito allertate e l'ostetrica convocata. La donna, al suo arrivo, non poté che constatare, con sgomento, che Oscar si rifiutava di coricarsi, perché preferiva la musica alle coltri.

Seduta davanti al clavicembalo, la gestante faceva scorrere le dita sulla tastiera, ora leggere, ora decise, sfiorando i tasti o affondando su di essi, a seconda dell'intensità delle contrazioni. Sudata e tesa, con gli occhi nervosi, Oscar accompagnava il picco delle doglie e il crescendo delle contrazioni, percuotendo i martelletti sulle corde dello strumento e, più acuto era il dolore, più alte erano le note. Ora ricurva sulla tastiera, ora a schiena ritta come se fosse stata sull'attenti, la donna trasformava ogni momento del suo stato in note musicali, a tratti lente, a tratti concitate. Lo scorrere delle mani sul clavicembalo si faceva, di minuto in minuto, sempre più veloce e deciso mentre il crescendo del ritmo e l'innalzamento del volume testimoniavano che il parto si stava avvicinando.

– Madame, è ora che Vi corichiate altrimenti il bambino lo farete a terra! – la esortò l'ostetrica, preoccupata e basita. Mai, infatti, le era capitata una situazione del genere.

– Non Vi preoccupate, Madame Bertrand – disse André, con voce che si sforzava di mantenere calma, ma che tradiva una forte emozione – Mia moglie ha una particolare predilezione per la musica. Smetterà quando lo vorrà.

Così diceva, ma, in cuor suo, sperava che, almeno per una volta, Oscar si sarebbe risolta a comportarsi da persona normale.

Quando le contrazioni divennero intense e ravvicinatissime, Oscar acconsentì a coricarsi e, dopo neanche un'ora dalla rottura delle acque, la stanza risuonò del vagito di un neonato.

All'udire quel pianto acuto e graffiante, André ebbe un tuffo al cuore, non riuscendo a credere che il sogno di tutta una vita, realizzatosi quasi un anno prima, stesse prendendo forme sempre più belle, delineate e complete. Si diresse, stordito, verso la loro stanza matrimoniale, guidato da quel suono sgraziato e melodioso al tempo stesso, procedendo trasognato, finché non vide Oscar, seduta sul letto, con in braccio il bambino che le era stato, da poco, portato. Era pallida e un po' stanca, ma, tutto sommato, in salute. Era uscita vittoriosa anche da quell'ultima battaglia.

La leonessa di FranciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora