Capitolo 12

3 1 0
                                    

Capitolo 12

Quel che all'apparenza erano delle semplici rovine dimenticate, composte da natura selvaggia e resti di palazzi sfarzosi, non erano altro che la culla dove giaceva inerme il dio bariano, Don Thousand. Nash fu sempre restio dal confessare come avesse fatto a privarlo dei suoi poteri divini ed intrappolarlo. Durbe glielo chiedeva spesso quando lavorava come suo assistente, lo ammirava come tutti, ma aveva sempre la brutta sensazione che ci fosse un tassello mancante in quel puzzle intricato. In seguito, scoprì che quel tassello si chiamava Merag. Come lui ora si sentiva perso senza il suo mentore, Nash non era niente senza sua sorella. Infatti quando scomparve molti anni prima, il leader combinò un sacco di guai, prendendo scelte sbagliate ed avventate. Solo ora il Grigio se ne rese conto, come gli altri imperatori e tutti coloro che frequentavano spesso il palazzo reale. Loro sapevano molto più di quel che lasciavano trapelare tra quelle mura.

Durbe lasciò le Rovine Maledette dopo una brevissima visita, quel posto non gli piaceva per niente. Una sensazione, e le sue sensazioni non l'avevano mai tradito. Così vagò ancora per molto, arrivando davanti un'enorme grotta. Al suo interno un verso assordante lo fece sobbalzare. Si avvicinò cautamente, varcando la soglia a piccoli passi leggeri, così leggeri che Mizael non avvertì la sua presenza dietro le spalle. L'imperatore stava lì chinato in avanti, a parlare con una creatura dalla grandezza imponente.

«Tachionico ho detto che devi stare buona. Lo so che fa male, ma se ti muovi io non posso aiutarti.»

Il biondo sbuffò infastidito, lanciando dietro di sé una pinza grande quando la sua mano.

«Serve una mano?» domandò il Grigio raccogliendo lo strumento.

«Perché sei qui, ti stanno cercando tutti a palazzo» domandò sorpreso.

«Ti sei risposto da solo.»

Durbe si avvicinò con calma al partner, gli diede una carezza sul viso e procedette con l'estrazione. Una grossa scheggia di cristallo si era incastrata nella coda del drago, che si agitava urtando le pareti della grotta. Il bariano non dovette impegnarsi molto per concludere il compito del compagno, tanto che quest'ultimo gli disse di venire più spesso a curare il drago.

«È una creatura maestosa, l'unico esemplare rimasto. Si agita sempre quando le propongo di accoppiarsi» sussurrò Mizael.

«Non tutti sono fatti per crearsi una famiglia.»

«Lo dicevi anche tu prima di adottare la poppante.»

«Patrishka è una bambina ora, mi sta dando molte soddisfazioni.»

«Si, si. Allora perché non sei a palazzo?»

Durbe si sedette sul pavimento, prendendo le sue sembianze umane. Una cascata di lacrime gli bagnò il volto ed iniziò a singhiozzare parole incomprensibili. Mizael subito lo affiancò, prendendo anche lui le sue sembianze umane e stringendolo in un forte abbraccio.

«Mi sento così perso. Non so cosa fare, voglio tornare su Hünya. Non avrei mai dovuto lasciarlo per venire qui, Barian non mi appartiene. Non mi importa se sta nel mio dna, se è la patria di mio padre. Io non sono adatto a questa vita.»

«Vorrei tornare anche io su Hünya, la nostra casa. Vorrei poter stare insieme a te senza dovermi nascondere. Ma abbiamo promesso a mia madre che saremmo rimasti, che avremmo cambiato le cose. E guarda ora dove siamo arrivati, siamo entrambi imperatori, sei il leader di Barian. Sarebbe così fiera di te.»

Parlarono a lungo, si coccolarono a lungo. Quel giorno Durbe si convinse che non aveva bisogno della presenza fisica di Nash per eccellere nel suo ruolo. Che quello era il posto giusto per lui, ma dopo secoli riuscì a fare progressi così piccoli che ora si chiedeva nuovamente se avesse preso davvero la strada giusta.

I sussurri del passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora