Capitolo 10

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If our love died, would that be the worst thing?
For somebody I thought was my saviour

You sure make me do a whole lot of labour

- ''Labour'' Paris Paloma


L'armonico e soave suono della sveglia, che in realtà sembrava più un allarme antifurto, risuonò nella stanza e fece sobbalzare Freya. La consapevolezza che fosse lunedì la colpì come una doccia fredda: quel giorno avrebbe dovuto incontrare Cillian.

La sua routine era quella di sempre, ma oggi un'energia frizzante si mescolava all'agitazione in attesa di quell'appuntamento. In un attimo era già fuori di casa, la giacca del ragazzo stretta sotto il braccio, mentre passeggiava spensieratamente tra le strade di Oxford. La mente divagava tra ricordi e riflessioni man mano che i suoi passi la conducevano verso la destinazione: Fair Oak le mancava, certo, ma più dei luoghi era la presenza dei suoi amici a crearle nostalgia. In particolare, le tornava in mente la biblioteca in cui lavorava, il volto radioso di Ava, il suo sorriso capace di illuminare anche le giornate più buie.

Impegnata nei suoi pensieri, Freya non si accorse di essere arrivata nel luogo prestabilito e andò a sbattere contro qualcuno. "Oddio, scusa! Non stavo guardando dove andavo." Disse, mortificata. Alzando lo sguardo, si ritrovò di fronte a Cillian. "Ah, ma sei tu!"

"Eh già, chi t'aspettavi fossi?" Rispose lui con un sorriso.

"E che ne so. Andiamo a prendere posto?" Propose Freya, cercando di ricomporsi.

"Certo." affermò Cillian, ancora divertito.

"Ho la tua giacca comunque..." Aggiunse Freya, sentendosi un po' in imbarazzo.

"Ho notato." Rise Cillian, controllò distrattamente l'ambiente per vedere se vi fossero due posti a sedere liberi, mentre Freya gli porgeva l'indumento.

Si accomodarono all'interno del locale, che risultò accogliente con i suoi tavoli piccoli e ben sistemati. Ne scelsero uno vicino alle vetrate, godendo della luce chiara che inondava lo spazio. Un profumo dolce, simile a quello di dolci appena sfornati, aleggiava nell'aria e stimolò il loro appetito. La giovane ordinò un croissant ai lamponi e un cappuccino, mentre lui optò per uno al miele e un espresso.

"Niente tè stamattina?" Chiese Cillian con un tono di scherno.

"Sciocco pensare che non abbia già assunto la mia dose di teina giornaliera." Rispose Freya, provando a stuzzicarlo.

"Oh, mi perdoni, m'lady. Non volevo giungere a conclusioni così affrettate." Disse, ridacchiando.

Le gote di lei si scaldarono lievemente per il nomignolo, che le sembrava così affettuoso quando pronunciato dal corvino. Quegli attimi trascorrevano idilliaci e, per un momento, sembrava che le preoccupazioni quotidiane svanissero. Ma quando il suo telefono squillò, il suono la fece sobbalzare. Un messaggio con un numero a lei sconosciuto comparve sullo schermo.

"Freya. Sai già chi sono. Ti prego, vediamoci. Ho bisogno di te."

Il cuore di Freya saltò un battito. No, non di nuovo. Non dopo mesi in cui era riuscita a cambiare numero, a nascondersi e a trovare un po' di serenità. L'ulteriore messaggio non fece altro che aumentare l'ansia.

"So che sei a Oxford."

A quel punto, il panico cominciò a irradiarsi in tutto il suo corpo. Cillian, attento, si accorse subito del cambiamento nel suo volto. "È successo qualcosa?" Le chiese, preoccupato.

"Uhm, no, non ti preoccupare. Ho solo delle faccende da sbrigare. Scusa, devo andare." Rispose Freya, già in piedi e con le mani tremanti mentre posava le banconote sul tavolo. Uscì in fretta dal bar, quasi correndo verso l'università. Una volta arrivata, si precipitò nel primo bagno libero e si chiuse dentro.

Fermandosi un attimo, cercò di fare un profondo respiro, ma i pensieri si affollavano nella sua mente e le lacrime iniziarono a rigarle il volto. Era impossibile non pensare a Christopher, il suo peggior incubo.

Lo aveva conosciuto due anni prima; la loro relazione, iniziata quasi per caso, si era trasformata in un incubo per via del suo comportamento manipolativo e violento. Ci erano voluti mesi per allontanarsi da lui e, anche allora, l'idea che potesse ripresentarsi le faceva accapponare la pelle. Dopo la loro rottura, Christopher era diventato sempre più assillante, si palesava fuori casa, la chiamava in orari impossibili. Nonostante non abitasse a Fair Oak, era riuscito a trovarla e a entrare nella sua vita in un modo che non riusciva a controllare.

Doveva riprendere il controllo e doveva farlo subito.

"Lasciami stare, abbiamo chiuso." Scrisse con mani tremanti, col cuore in gola. Uscì dal bagno, si sciacquò il volto e si diresse verso le prime lezioni della giornata, determinata a non lasciarsi sopraffare.

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