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La fredda luce dell'ufficio in cui sono rinchiusa brucia come fuoco nei miei occhi, che nonostante la protezione degli occhiali che indosso non sembra aiutarmi nell'alleviare questo fastidio che mi provoca un gran nervoso.
Mi rifugio nella mia t-shirt blu, quasi come se il mio look molto semplice con un paio di jeans a zampa a vita alta mi possano dare la forza di affrontare la giornata.
Mi lascio andare sulla sedia da ufficio nera, appoggiando la schiena rilassata con uno sbuffo. Fisso continuamente l'orario indicato sul pc nella barra in basso a destra che sembra prendersi gioco di me rallentando sempre di più ad ogni occhiata.
Il lunedì mattina per me è sempre un trauma.
Non che il resto della settimana non lo sia, ma il valore simbolico che porta con sé questo giorno aumenta la percentuale di tristezza, ripensando con immensa nostalgia al weekend appena trascorso.
Dopo la piccola incomprensione con Isa e l'incontro con Max sono tornata a casa e non l'ho cercata fino alla sera; ci siamo sentite e abbiamo tranquillamente risolto il breve attrito. Ho passato molto tempo a controllare ansiosa le notifiche del telefono, ma anche da parte del presunto Charles non ho più avuto nessun riscontro. Gli ho risposto infatti lo stesso pomeriggio, con un:

A; Numero sconosciuto
"bel modo per approcciare una ragazza osservandola in lontananza"

e nonostante non fossi del tutto convinta di queste esatte parole le ho inviate comunque, ma a quanto pare non hanno saputo mantenere l'interesse iniziale, perché dopo questo mio messaggio c'è stato il nulla cosmico.
Mi ritrovo infatti a domandarmi cosa sarebbe successo se avessi risposto in modo diverso, magari con il supporto di Isa al mio fianco. Controllo ancora una volta il telefono, ed all'ennesima vista del mio sfondo vuoto senza alcuna notifica sospiro rumorosamente, attirando l'attenzione di Pierre, il collega seduto proprio accanto a me, che fa capolino dal pc, curioso.
"Tutto bene Mina?" mi domanda dubbioso, spingendo il suo peso sulla sedia puntando così i piedi per alzarsi e sporgere e guardare meglio.
I capelli castani perfettamente tagliati e un po' spettinati attirano la mia attenzione, mentre i suoi occhi azzurri mi osservano divertito con un sorriso che evidenzia la sua barba folta ma sempre in ordine scolpendo il suo viso ancora di più.
Lo guardo, sbuffando di nuovo.
"Sì, Pierre, scusami" rispondo velocemente sbattendo il mouse sulla scrivania. "Oggi non è proprio giornata. Vorrei solo staccare un attimo e bere un caffè" borbotto guardando nuovamente lo schermo illuminato.
Pierre volta lo sguardo per curiosare sull'orologio da ufficio appeso al muro, per poi tornare a guardarmi.
"Direi che ne abbiamo bisogno entrambi" commenta lui sorridendo, facendomi segno con il capo di seguirlo nella sala break per una pausa.
"Ti faccio compagnia" continua alzandosi e stiracchiandosi la schiena con le mani sui fianchi.
Io gli sorrido ed annuisco, contenta della sua candidatura spontanea, prima di portare con me il telefono ed infilarlo nella tasca dei jeans come da abitudine e seguire i suoi movimenti raggiungendo passo dopo passo la sala break poco affollata.
Insieme a noi ci sono altri colleghi di altri uffici che si scambiano quattro chiacchiere sorseggiando un caffè bollente; qualcun altro invece è immerso ad osservare il proprio telefono con la schiena incurvata.
Ne salutiamo qualcuno con un "ciao" ed un cenno della mano, mentre ci avvisiamo a passo lento alla prima macchinetta libera quasi come se fossimo in un deserto arido e caldo alla vista di un oasi con dell'acqua fresca.
"Lunedì pesante, eh?" commenta Pierre alzando il capo al soffitto, per poi portare lo sguardo sul suo telefono e collegarlo tramite bluetooth all'erogatore di quello che dovrebbe essere caffè. "Prego, é tutto nelle tue mani" mi indica con il capo la lunga lista di caffè a disposizione, lasciandomi intendere che è offerto da lui, così gentile.
"Grazie" i nostri occhi si incontrano e gli sorrido, mentre sento la macchinetta avviarsi alla preparazione del mio tanto richiesto ed atteso caffè espresso senza zucchero. Sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di riportare l'attenzione alla domanda posta da Pierre.
"Decisamente faticoso, sì" mi lamento sorridendo, ripensando all'immensa quantità di e-mail che abbiamo da gestire nella giornata di oggi.
"Già" lui annuisce, d'accordo con me. "Tragedie di routine a parte, è andato bene il weekend?" gli domando, afferrando con attenzione il bicchiere di carta bollente che contiene il mio elisir vitale.
Lo ringrazio ancora, mentre la sua scelta va diretta su un caffè macchiato con tre tacche di zucchero.
Pierre annuisce alla mia domanda, riassumendo in breve il suo movimentato weekend tra pranzi, cene e aperitivi con Kika, la sua fidanzata storica.
"Come vanno i lavori nella casa nuova?" gli domando curiosa, ricordandomi della fatica che stanno facendo entrambi nell'ultimare i lavori di ristrutturazione. Mi ha racconta spesso in questo ultimo periodo dello stress e della stanchezza fisica e mentale nel riuscire a stare dietro a tutte le spese.
Immagino non sia per niente facile rimanere in piedi.
"Tutto bene" mi risponde lui sorridendo, mentre sorseggia il suo caffè e ci spostiamo sul primo tavolino libero. "Quasi quasi preferisco venire qui piuttosto che continuare a sporcarmi di pittura e raccogliere pezzi di intonaco per tutto il giorno" ironizza, facendo sorridere anche me. "Tu invece? Come è andata venerdì sera?" mi domanda curioso Pierre, trascinandomi quasi come un uragano nuovamente su Charles, che per un breve tempo ero riuscita a cacciare in qualche scatolone immaginario nella mia testa.
Sospiro. "Tutto bene" inizio; "mi mancava proprio una serata di totale svago" mi limito a dire con un sorriso.
Sfilo dalla tasca il mio telefono e lo guardo di nuovo, sentendo mancare la terra sotto i piedi alla vista di un messaggio non letto di Isa, seguito poco dopo dal famoso numero sconosciuto, che mi ha risposto da poco. Cerco di fare finta di niente, e rimetto il telefono al suo posto. Ho aspettato per due giorni, qualche minuto in più non farà la differenza, mi dico. Lascio che si crogioli un po' nell'attesa, come ho fatto io da sabato.
"Fatto conquiste? Io e Kika sono mesi che non mettiamo più piede lì dentro, con la storia della casa a mala pena riusciamo a gestire i nostri impegni" mi confida Pierre curioso, alzando un sopracciglio ed aspettando una risposta alla sua domanda. Io sorrido abbassando il capo, dando modo a Pierre di capire perfettamente il mio stato d'animo senza che io dica nulla.
Io e Pierre abbiamo un ottimo rapporto lavorativo, così come il resto dello staff. Siamo molto in sintonia e siamo riusciti a costruire un bel legame in cui entrambi ci sentiamo così al sicuro con l'altro da raccontare un po' anche del nostro privato; io delle mie insicurezze, lui dei suoi salti mortali per la casa.
"Diciamo di sì" commento sorseggiando l'ennesimo goccio di caffè, che adesso si è raffreddato.
"Oooh" esclama lui allargando le braccia e rischiando di far cadere il suo bicchiere. La sua morbida maglietta blu a maniche corte segue i suoi movimenti e ondeggia leggermente, mentre il suo viso attende che io scenda nei dettagli.
"Sono tutto orecchie, cara Mina" mi punzecchia mentre interessato si appoggia al tavolino alto con le braccia, mostrando in evidenza le spalle larghe e i bicipiti muscolosi.
"Beh, io ed una mia amica abbiamo adocchiato due bei ragazzi" inizio afferrando nuovamente il telefono, curiosa di mostrare a Pierre i volti incriminati di Charles e Carlos. "Diciamo che siamo ancora in fase investigativa, abbiamo trovato i loro profili social e stiamo studiando con attenzione le prossime mosse" commento ridacchiando, avvicinando il telefono a Pierre prima sul profilo di Carlos, e poi su Charles.
"Uh" esclama lui mentre sorseggia il suo caffè quasi al termine, rischiando di strozzarsi appena mette a fuoco i due volti sul piccolo schermo. Lo guardo confusa, senza comprendere la sua reazione. "Hai conosciuto Carlos e Charles, molto bene" parla lui lentamente, causando una mia reazione di pura perplessità con tanto di espressione ben esplicita sul mio viso.
Eh?
Sono sorpresa. "Sono due bravi ragazzi. Conoscendo i tuoi gusti, avrai messo gli occhi sul barman, vero?" continua lui facendomi l' occhiolino, prima di allontanarsi un istante a gettare il bicchiere di carta nell'apposito cestino con un ghigno sul viso.
"Li conosci? Sono dei VIP o qualcosa di simile?" chiedo io sbigottita, spalancando gli occhi.
"Più che VIP sono presenze fisse" ride divertito dalla mia domanda, "soprattutto per lo staff" mi conferma come se fosse un'ovvietà. "Carlos infatti è il figlio di uno dei proprietari del locale, nonostante non sia una notizia che necessiti di tappeto rosso, diciamo che con il passaparola è facile capirlo" inizia bagnandosi le labbra e massaggiandosi la barba, "Charles invece è uno dei migliori creatori di Negroni che io abbia mai trovato in un locale" termina scoppiando a ridere, probabilmente ricordando una delle sue serate passate.
"Ah" rispondo quasi cadendo dal pero. Rimango sorpresa dalla mia stessa cecità nel non essermi mai accorta né di Charles, né di Carlos prima di venerdì sera; nonostante io non sia una cliente fissa non mi è mai arrivata nessuna voce.
É incredibile come io riesca a non accorgermi di niente se non c'è nulla che catturi la mia attenzione.
Non che questa informazione abbia stravolto la visione e l'interesse che ho per entrambi, ma sapere che questa conoscenza si intreccia con un mondo a me così lontano nel mio immaginario come quello del lavoro e delle serate in discoteca, mi lascia sempre un po' stupita nel notare quanto a volte il mondo sia talmente piccolo da non rendermi neanche conto che alcuni dei miei rapporti sono in comune con altri o hanno un filo conduttore che ci collega inconsapevolmente. E questo filo lo noti solo quando ti viene palesato davanti agli occhi.  Conosco infatti Pierre da appena un anno, da quando ho iniziato a lavorare qui e mi ha raccontato più volte delle sue serate al locale, posto in cui ha anche conosciuto Kika molti anni fa; è un cliente abituale da quanto ricordo e trovo curioso che pur sapendo che anche io frequento Il Faro, non così spesso come faceva lui in precedenza, l'argomento non sia mai saltato fuori nei nostri discorsi.
Ci rifletto, ed arrivo alla conclusione che probabilmente sarebbe stato ancora più strano se avessi già saputo della loro esistenza, conoscendomi non mi sarei avvicinata con così tanta facilità come invece ho fatto con Charles.
Mi chiedo se confidandogli della situazione che si è creata con il numero di telefono anonimo io possa intuire qualcosa di più sul Charles, ma ciò rimane solo un pensiero mai espresso, perché Pierre mi fa segno controllando l'ora sul suo telefono di rientrare alla scrivania. Lo seguo, avvisandolo di avviarsi mentre io getto nell'apposito contenitore il mio bicchiere di carta ormai vuoto. Mi assicuro che Pierre sia uscito dalla sala break per rimanere un istante un passo indietro rispetto alla soglia del corridoio, potendo finalmente leggere il tanto atteso messaggio ricevuto. Sblocco il telefono, sentendo il cuore esplodermi nel petto.

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