"Non ci credo" sussurro sconsolata attraversando il soggiorno avvolta nella mia tuta morbida, la stessa che indossavo ieri; il rimando del forte odore di cibo asiatico sembra essere rimasto incollato con insistenza al tessuto, perché il solo sfiorarlo mi riporta violentemente alla serata trascorsa con Isa. E cosa più importante, mi ricorda ancora una volta di quanto io continui imperterrita a rimanerne sorpresa, ricascandoci di nuovo come una scema.
"Che succede? Brutte notizie?" domanda mia madre curiosa, mentre attraverso il corridoio sbuffando rumorosamente. "Ha detto papà che la macchina non sarà pronta prima di domani sera" la mia voce sconsolata risuona fastidiosa nelle mie stesse orecchie, mentre chiudo la telefonata con mio padre e rivolgo l'attenzione a mia mamma, che mi ascolta allungando il collo dalla cucina.
Gli ultimi dieci minuti passati con il telefono incollato all'orecchio mi hanno causato solamente immenso stress, più di quanto io non ne abbia già per oggi.
Il mio unico pensiero fisso da quando mi sono svegliata infatti è sempre stato solo uno: l'appuntamento con Max.
E per quanto dormire più di 12 ore mi abbia rigenerato e mi senta quasi rinata, ammetto che il mio volto gonfio e paffuto non riesca a dire lo stesso.
Ringrazio infatti il premuroso gesto di Isa da mamma chioccia nel tornare a casa non troppo tardi, in modo da potermi permettere di riposare e di poter fare lo stesso anche per sé, perché entrambe per motivi diversi abbiamo dormito veramente poco nelle ultime 24 ore.
Mi sforzo però di trovare un lato positivo in tutta questa questione: la macchina è per me un elemento fondamentale nelle mie giornate, seppur non faccia chissà quanti kilometri, chi ha la patente come me sa quanto sia essenziale per potersi spostare comodamente. Ed avendo la fortuna di avere un padre che lavora in un'officina e conosce ogni tipologia di vettura come le sue tasche è in assoluto un jackpot per me. Ha a che fare con molteplici problematiche di qualsiasi tipo letteralmente tutti i giorni e sapere che si occuperà lui personalmente della mia vettura mi fa tirare un sospiro di sollievo, oltre che a conseguire un notevole risparmio a livello economico.
So per certo di poter contare sulla sua velocità e precisione a mani basse, conoscendo mio padre so quanto amore e passione ci sia per questo lavoro.
"E come farai con il lavoro?" domanda con ovvietà mia madre, mentre si asciuga velocemente le mani e piega con cura lo straccio, avendo finalmente finito di lavare i piatti che ci hanno accompagnato durante il nostro pranzo. Si allontana un istante per porre la sua attenzione ad Edvige, che chiede brontolando come una piccola caffettiera di poter uscire in giardino, già davanti alla porta di casa. Sento i pesanti passi di mia madre dirigersi verso di lei, così ne approfitto per prendere qualche secondo per meditare e per valutare seriamente la questione, lasciando che la sua domanda faccia eco nella mia testa.
Già... come farò con il lavoro?
Sospiro con il capo basso, chinandomi per aprire un cassetto sotto al piano cottura per prelevare un nuovo strofinaccio ed iniziare ad asciugare le stoviglie accatastate accanto al lavello ormai vuoto. Mia madre torna poco dopo in cucina, sedendosi comoda sulla sedia in legno pregiato, rivolgendo tutta la sua attenzione su di me accavallando le gambe nella sua tuta nera, rubata saggiamente dal mio armadio.
"Non ci avevo ancora pensato in effetti" ribatto nervosa, alla presa di consapevolezza che senza la macchina per me sarà molto più complicato potermi muovere, come andare al lavoro, e soprattutto raggiungere la pista di kart questo pomeriggio. Tra tutte le cose, quest'ultima è quella che mi preoccupa di più.
Inizio ad asciugare quelle poche posate che abbiamo utilizzato per il pranzo, lasciando viaggiare la mia mente come in una caccia al tesoro alla costante ricerca di una soluzione immediata.
Potrei optare per la scelta più comoda e raggiungere l'ufficio con i mezzi... ma ciò vorrebbe dire allungare notevolmente il percorso per poter rispettare l'orario dei pullman. No, non è il caso.
Oppure potrei affrontare i 12km che mi separano dalla scrivania a piedi: dopotutto siamo ad inizio autunno, ma è altrettanto vero che non siamo ancora in pieno inverno. Ci penso qualche secondo, ma... no.
Rifiuto categoricamente questa mia stessa proposta, un po' per pigrizia e perché mi ritroverei ad attraversare numerose strade statali prevalentemente deserte, senza neanche mezzo marciapiede o segno di civiltà nei dintorni. Decisamente no; anche questa idea viene bocciata.
Quindi... vediamo, che altre alternative ho?
Ci rifletto ancora un istante; deve esserci una soluzione. E proprio mentre ripongo la forchetta ormai completamente asciutta nel primo cassetto accanto alle altre, ecco che il nome magico di Pierre appare come un pop-up davanti ai miei occhi: in stampatello, con mille punti esclamativi e nuvolette colorate, come a voler dire: volevi la soluzione? Eccola qui!
Pierre!
È vero, potrebbe essere un'opzione, oppure l'unica possibilità che ho per non perdere una giornata di lavoro o non essere costretta a chiedere permessi al mio responsabile.
Deglutisco, pensierosa, avvicinandomi al piano cottura per afferrare il mio bicchiere lavato appoggiato a testa in giù sul lavello di acciaio, ancora decorato da piccole e perfette goccioline di acqua.
"Forse posso chiedere a Pierre di darmi uno strappo" borbotto riflettendo, aggrottando le sopracciglia e considerando quanto questa mia stessa proposta possa essere l'unica davvero fattibile; dopotutto io e Pierre lavoriamo nello stesso ufficio, fianco a fianco, la sua postazione è letteralmente la scrivania accanto alla mia, potrei fare un tentativo. Mi convinco infatti di questa unica possibilità, in quanto anche solo provando a valutarne altre renderebbe il tutto più complicato, se non impossibile. Sicuramente chiedere aiuto ad un amico che è anche un collega di lavoro semplifica le cose. E poi, chi altro si prenderebbe la responsabilità di accompagnarmi in ufficio, il lunedì mattina, considerando che chiunque stia andando al lavoro in quell'esatto momento, proprio come me?
Sì, mi ripeto mentalmente: è l'unica opzione.
Abbandono così un istante lo strofinaccio nel lavandino e dopo aver riposto con attenzione il bicchiere di vetro ormai asciutto nella dispensa, recupero velocemente il mio cellulare appoggiato sul tavolo della cucina.
La mia testa vaga da sola, portandomi con sé ad una valutazione decisamente fuori contesto: nessun messaggio da Charles, penso, notando con tristezza lo schermo illuminato, dove i miei occhi assetati non trovano alcuna traccia di lui.
Ah, di nuovo! Che diavolo c'entra Charles ora, Mina! Mi rimprovero da sola, come con i bambini testardi e capricciosi.
Scaccio velocemente questo pensiero dalla testa, quasi infastidita dalla sua intromissione costante nella mia quotidianità; scorro velocemente la rubrica fino ad arrivare al numero di Pierre e senza esitare ulteriormente premo il tasto per avviare la chiamata.
Alzo il capo per curiosare sull'orologio tondo posizionato sopra la porta scorrevole della cucina, le cui lancette segnano le 13:56.
Ti prego Pierre, rispondi... penso tra me e me, sperando di non disturbarlo.
I secondi che percepisco all'orecchio scanditi con precisione dal fastidioso squillo mi rendono impaziente; senza contare lo sguardo fisso e concentrato di mia madre, che non rende il tutto meno semplice.
Ci scambiamo uno sguardo d'intesa, segno di star aspettando una risposta. Se Pierre dovesse dirmi di sì, avrei già risolto un problema.
Ma la vera questione è un'altra, ovvero quella che fa sì che io stia sempre in allerta, avvolta da questo pesante mantello di ansia misto ad eccitazione: come farò a raggiungere la pista di kart oggi pomeriggio?
Provo a valutare velocemente quali scelte io abbia in questo caso, ma non riesco a pensare a nulla perché la mia attenzione viene dirottata all'istante appena la voce di Pierre riecheggia dall'altra parte del dispositivo.
"Pronto?" risponde con il suo tono sempre così pacato, con quella pronuncia francese decisamente sexy; colgo dalla sua voce che non si aspettasse di certo di leggere il mio nome in un pomeriggio di relax dal lavoro qualunque.
In sottofondo sento chiaramente il brusio della tv accesa ed in lontananza la voce di Kika che borbotta qualcosa di incomprensibile. Pierre in risposta allontana il telefono un'istante, probabilmente per informarla di essere in chiamata e di abbassare il tono.
"Ciao P-" annuncio io sorridendo, chiamandolo di proposito con il soprannome che gli ho cucito addosso, ben consapevole di quanto lo infastidisca.
Dall'altra parte con notevole sorpresa che non tardo a mostrare in volto, ricevo un urlo entusiasta, probabilmente proviene da Kika essendo stridulo e dai decibel particolarmente acuti, misto a suoni incomprensibili che mi obbligano a strizzare gli occhi come prima reazione istintiva. Le mie orecchie captano del caos, come se i due fossero impegnati a festeggiare qualche evento straordinario proprio in questo momento, perché al mio silenzio, le grida vittoriose di Kika sovrastano di nuovo la voce di Pierre, che al contrario borbotta qualcosa che non riesco a decifrare.
Traffica poi ancora con il telefono, avvisandomi di averlo messo in vivavoce, prima di rivolgersi alla sua ragazza. "Non ci credo, c'est ne pas possible! Hai vinto tu la scommessa!" esclama Pierre con tono alterato, ma senza nascondere troppo una risata divertita. Sento poco dopo la voce di Kika aumentare, segno che si sia avvicinata al microfono, perché caccia un'urlo così forte da farmi sussultare. Probabilmente devo aver mal interpretato il loro scambio di parole, ma decido di non tenere questa perplessità solo per me.
Alzo un sopracciglio ed indago. "Scommessa? Quale scommessa?" chiedo di getto, mostrando confusione nelle mie parole; per quanto io provi ad immaginare la scena di loro due impegnati a festeggiare per chissà quale motivo, allo stesso tempo sono spaesata.
Mi ritrovo infatti a guardare perplessa lo schermo del telefono, allontanato preventivamente per proteggere i miei timpani dai rumori e suoni caotici che ricevo, senza capire bene cosa stia succedendo.
Le risate di Kika e Pierre colpiscono decise le mie orecchie, facendo sorridere anche me e persino mia madre, che è ancora seduta sulla sua sedia comoda poco distante, altrettanto spaesata. Ci guardiamo alzando il capo nello stesso momento, facendo spallucce, quando finalmente Kika prende possesso del telefono.
La sua dolce voce prende il comando della conversazione. "Ciao Mì" mi saluta ridacchiando, ed il suo tono così allegro contagia anche me. Sorrido a mia volta e le rispondo, tamburellando le dita della mia mano libera sul tavolo, come un tic nervoso.
"Ciao Kika" le dico, prendendo qualche secondo di pausa come rincorsa. "E' un brutto momento? Vi ho disturbato?" chiedo diretta, mordendomi il labbro inferiore sentendomi nervosa alla domanda appena posta.
In sottofondo sento Pierre ridacchiare istericamente, seguito poi anche da Kika; deduco così che stiano tramando qualcosa, o che questa presunta reazione non dovesse arrivare alle mie orecchie.
Immagino chiaramente la mora tirare un pugno alla spalla di Pierre, perché sento poco dopo un suo "ahi!" confermare la mia supposizione.
"Allora" annuncia Kika mentre si schiarisce la voce, pronta darmi delle spiegazioni. "Devi sapere che Pierre ed io abbiamo scommesso sull'esito della tua serata al locale" confessa trattenendo una risata mentre Pierre la sovrasta, partecipando attivamente all'ammissione.
"Io ho scommesso che non ti saresti fatta sentire prima di stasera, e che ti saresti data al sesso selvaggio con Leclerc, precisamente nella sua macchina come punto bonus per la location esclusiva" inizia serio, lasciando poi che Kika termini la frase.
"Io invece ho scommesso che non avreste fatto proprio nulla e che saresti rientrata a casa sana e salva entro oggi pomeriggio, senza alcuna cavalcata da film porno" continua lei marcando nella sua voce del rimprovero infastidito dalla precisazione per niente necessaria del suo ragazzo.
Ripone poi la sua attenzione nuovamente su di me, sorridendo. "E siccome ho vinto, sono contenta di sapere che a quanto pare ti conosco più io che il tuo caro amico pervertito" precisa lei marcando la convinzione nelle sue parole, mentre Pierre ridacchia in sottofondo.
Io dall'altra parte del telefono, ci metto qualche secondo ad elaborare tutto quanto. Appena le parole di Pierre riecheggiano nella mie orecchie, con la presenza di mia madre pronta a voler sapere cosa io stia ascoltando, scatto come una molla, come se avessi appena ricevuto una scossa elettrica fortissima.
Raddrizzo la schiena, e sento una scia di brividi misto a terrore ed imbarazzo, preoccupata che mia madre possa aver sentito ogni cosa, dato il loro tono di voce molto alto.
Ringrazio qualsiasi forza celeste mi avvia sorvegliata per non aver deciso di impostare a mia volta il vivavoce sul telefono; non sono mai stata così sollevata di non averlo fatto come ora, tanto che prendo un profondo respiro e mi siedo sull'altra sedia libera, perpendicolare a mia madre.
Lei mi guarda alzando le sopracciglia, impaziente di sapere qualcosa. Cerco di non sbilanciarmi troppo, e mi obbligo a mantenere la calma; le sussurro un "dopo ti spiego" abbassando velocemente il volume dell'audio con un agile tocco del dito indice sull'apposito tastino laterale del telefono; prevenire è meglio che curare con loro due, no?
Mia madre sembra non essere più così intrattenuta dalla conversazione, così afferra il suo cellulare ed inizia a tenersi impegnata, curiosando su Facebook cosa stiano facendo le sue conoscenze.
A questo suo movimento mi sento più sollevata, ma decido comunque di non perdere la concentrazione sul principale motivo della mia telefonata.
Schiarisco la voce a mia volta, prendendo le redini del discorso. "Beh, immagino sia stata un'idea di Pierre" commento sarcastica, conoscendo perfettamente il suo carattere.
Non riesco infatti a nascondere il mio fastidio e la facilità con cui Pierre abbia dedotto l'esito della mia serata. Comprendo sia un qualcosa di superficiale, ma non riesco a non esserne indispettita.
Kika annuisce, mentre Pierre ribatte in sottofondo. "Ah! Tu ne vas pas en faire tout un fromage!" esclama infastidito, facendomi notare come io stia reagendo in modo eccessivo.
Mi mordo l'interno della guancia, sentendomi pizzicata ancora di più. "Sappiamo com'è" borbotta la mora, come a voler smorzare subito la frecciatina di Pierre.
Ridacchio, dandole ragione. "Purtroppo sì; ti ringrazio comunque per la fiducia" le dico sorridendo, appoggiandomi più morbida sullo schiena della sedia.
"Grazie a te di avermi fatto vincere! Pierre dovrà lavare i piatti per un mese intero, non sai che goduria!" esclama Kika euforica, mentre rido insieme a lei e sentiamo Pierre lamentarsi in sottofondo.
I due si beccano scherzosamente, mentre io rimando un istante ad ascoltare le loro risale felici. Attendo una manciata di secondi silenzio, come a voler concedere loro il giusto spazio, prima di prendere parola e dirottare la telefonata sulla vera motivazione della mia chiamata.
Fingo un improvviso colpo di tosse, torturandomi con la mano libera le pellicine che contornano le mie unghie, segno di notevole nervosismo per quello che sto per chiedere.
Pierre sembra quasi leggermi nel pensiero, perché la sua voce è nuovamente vicina al microfono. "Abbiamo detto un mese e basta!" lamenta lui rivolgendosi a Kika, che nel frattempo si è allontanata un istante.
"Scommesse a parte, avevi bisogno Mì?" domanda il biondo a voce bassa, come se volesse ritagliare per me un momento di serietà dopo l'immensa euforia che pesa ancora sulle mie spalle.
Annuisco, convinta che lui possa vedere la mia reazione. "Sì, ehm, avrei bisogno di un favore" inizio mordendomi il labbro, sentendo le dita delle mani raffreddarsi dal nervoso. Pierre ascolta, intimandomi di continuare. "Dimmi pure" mi invita a proseguire il discorso, con tono preoccupato.
Deglutisco rumorosamente. "Non è che potresti darmi un passaggio domani? Purtroppo sono senza macchina" spiego, e dopo una manciata di secondi la risata isterica di Pierre perfora le mie orecchie.
Scoppio a ridere insieme a lui, conoscendolo fin troppo bene e sapendo che a questa mia ammissione, seguirà una bella presa in giro con continue frecciatine.
Pierre riprende fiato e regola di nuovo il suo respiro. "Allora" annuncia come solo un ottimo imprenditore saprebbe fare, iniziando il suo gioco malefico.
"Uhm vediamo... potrei dirti di sì senza girarci troppo intorno" inizia divertito, mentre io sbuffo non potendo non nascondere una risata al suo tono di voce, improvvisamente più serio.
"Eppure... sarebbe così divertente dirti di no solo per far in modo che tu me lo chieda di nuovo" ammicca con tono dispiaciuto, mentre Kika in sottofondo borbotta qualcosa di incomprensibile, insultandolo con le peggio parole anche da parte mia.
Sento chiaramente Kika e scoppio a ridere insieme a Pierre alla mia lamentela. "Dai! Non iniziare!" esclamo, attirando l'attenzione di mia madre che solleva il capo curiosa.
"Perché non lo chiedi a Leclerc? Sono sicuro che sarebbe molto felice di accompagnarti dopo la vostra sveltina in macchina" mi provoca ancora il mio amico, facendomi innervosire ancora di più al solo sentire il nome di Charles.
Stringo forte la mano libera in un pugno, cercando di esorcizzare ogni mio istinto di sferrarlo con forza sul tavolo, immaginandoci la sua faccia sopra.
Pierre continua. "Ah no" interrompe il suo stesso discorso come se si fosse appena ricordato di qualcosa di più importante. Rimango un istante senza fiato, aspettando che sfoderi la sua granata finale, che non vede l'ora di sganciarmi addosso per finirmi del tutto.
"E' vero, non ci sei andata a letto, altrimenti avrei vinto la scommessa" sospira, maligno. Ed anche un po' rancoroso dell'esito che ha avuto contro Kika.
"Peccato sai? Se solo gliel'avessi data sono sicuro che adesso non avresti problemi a farti accompagnare-" precisa tagliente, ma la voce acuta con tono di rimprovero della sua ragazza lo sovrasta. Sembra infatti colpirlo proprio alla base del collo, perché oltre ai suoi lamenti, non tarda ad arrivare il commento di Kika sulla sua battuta.
"Sei proprio un coglione" commenta lei con tono rassegnato, mentre io non riesco a non ridere, soddisfatta del suo intervento. "Parli come se fossi in astinenza da chissà quanto" lo pizzica lei, mentre io sentendomi improvvisamente a disagio di venire a conoscenza di questo loro dettaglio così intimo sulla loro visa sessuale molto attiva, sento il mio viso surriscaldarsi. Ne avrei fatto volentieri a meno, osservo infastidita nella mia testa.
Sbatto il piede sulla gamba della sedia, nervosa e stanca di questo suo gioco così subdolo.
"La tua ragazza ha ragione, P; sei veramente un bastardo" commento a mia volta scuotendo il capo lentamente, alzando gli occhi al cielo.
La frase di Pierre però non rimane tale, anzi. Percepisco le sue parole picchiare fino al basso ventre, mentre mi sforzo di non immaginare alcuna scena erotica che mi ritrae a cavalcioni su Charles, ricordandomi della fastidiosa presenza di mia madre, che, in tutto questo caos continua indifferente a intrattenersi con il suo cellulare.
Ringrazio infatti che sia rimasta all'oscuro di ogni cosa. Per fortuna!
"Che noiose! Siete proprio due ragazzette, non si può neanche scherzare un po" lamenta lui quasi con tono offeso, cedendo finalmente alla mia richiesta.
Pierre riprende fiato, e torna serio per un istante. "Va bene, va bene, mi sono divertito abbastanza, e voi siete troppo serie per percepire il mio umorismo" afferma sminuendo le nostre reazioni, regolando nuovamente il suo respiro, ora non più spezzato.
"Passo a prenderti alle 7:40, ma giuro su mia madre che se mi fai aspettare ti lascio davanti a casa, va bene?" domanda Pierre con presunzione, conoscendo perfettamente la mia tendenza da ritardataria cronica.
Vorrei ribattere alla sua sfacciataggine con un insulto, ma ci ragiono su qualche secondo ed arrivo alla conclusione che sarebbe solo controproducente per me. Mi limito così ad ignorarlo, e limitarmi ad un semplice sbuffo, divertita, alzando gli occhi al cielo per il suo immancabile sarcasmo. So per certo che dopo questa mia richiesta non tarderà a perseguitarmi per chissà quanti giorni, fino a farmi venire l'emicrania.
"Va bene signor precisino, ti ringrazio del tuo cortese gesto caritatevole, sicuramente ti sarai aggiudicato un posto nel Regno dei Cieli dopo questo tuo gesto di volontariato" rispondo con un ampio sorriso in viso, marcandolo con il suo stesso tono, sentendomi improvvisamente più leggera nell'aver risolto uno dei miei due problemi principali.
"Tsk" commenta con un verso tirato le mie parole; Pierre sembra ancora insoddisfatto del suo operato, così interviene, concludendo il suo discorso. "Ad una condizione" afferma solenne, perfettamente consapevole che sarò costretta ad accettare qualsiasi sua proposta, leale o sleale che sia. Rimango in silenzio, con il fiato sospeso, aspettando che prosegua.
"Voglio sapere ogni singolo dettaglio della tua serata, senza tralasciare nulla. Io e Kika abbiamo dato inizio ad una serie di scommesse su di te e Leclerc" afferma con tono minaccioso, seguito dall'entusiasmo Kika che festeggia ancora la sua vittoria alle sue spalle, beffarda.
Mi lascio andare ad una fragorosa risata mista ad immenso imbarazzo insieme a loro, accettando sfinita la sua richiesta. "Come vuoi, Gossip Girl" ribatto, prima di ringraziarlo nuovamente.
Saluto poi velocemente Kika, augurando a lei ed a Pierre di concludere al meglio questa domenica, e dopo una quindicina di minuti di telefonata, concludo la comunicazione.
Ugh, ed una è andata!
Tiro così un lungo sospiro di sollievo, mentre riassumo brevemente la chiacchierata con Pierre e Kika a mia madre, tralasciando di proposito e per ovvi motivi la piccola parentesi di Charles.
Sono sollevata, lo ammetto, ma non sono del tutto tranquilla. Per quanto io abbia risolto la questione del lavoro, so per certo che il secondo dramma della giornata si sta sgomitando con forza nella mia mente, diventando così ora l'argomento principale dei miei pensieri: la pista di karting e, non meno importante, l'incontro con Max.
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Obsessed
FanfictionÈ un venerdì sera come tanti, di fine estate, dove il sole tramonta tardi e si sente ancora la voglia di relax. Un venerdì in cui Mina, terminata l'ennesima settimana faticosa di lavoro nel suo piccolo ufficio in periferia come impiegata logistica...