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"Spero di trovare un divanetto libero, ho bisogno di sedermi" si lamenta Isa avvicinandosi al mio orecchio, mentre il suo braccio teso afferra il mio ed indica con la mano il soppalco del privé che si trova leggermente più in alto rispetto alla pista da ballo.
Io ed Isa, palesemente agitate, ci facciamo spazio tra la folla, in cui la mora continua a trascinarmi tenendomi ben salda per il braccio che stringe con forza, mentre il profilo di Carlos ed i suoi capelli scuri rimangono fissi pochi passi avanti a noi, voltandosi ogni tanto assicurandosi di non averci smarrito nel tragitto e per indicarci la giusta traiettoria da seguire.
Passo dopo passo, mi fermo un istante ad esaminare con occhi attenti la pista da ballo, che ha la forma di un quadrato perfetto: arrivando dall'entrata principale si può subito notare sulla destra la zona riservata, capolinea della nostra corsa campestre, mentre sulla sinistra proprio in parallelo c'è il tanto affollato bancone laccato.
Effettivamente, mi accorgo solo ora di come io non abbia mai prestato realmente attenzione alla grandezza di questo posto. Non mi ero neanche accorta della zona dedicata alla ristorazione, piccolo appunto che segno frettolosamente nella mia lista immaginaria dei dettagli da ricordare, figuriamoci del resto!
Sono sempre stata un po' distratta e superficiale nel notare le cose, preferisco infatti le persone.
Ed una in particolare, più di altre, più di chiunque altro.
É come se prima di Charles io non mi sia mai guardata intorno per davvero.
In serate come queste ad esempio, il mio unico pensiero era quello di passare solamente una bella serata di svago e divertimento insieme alla mia amica, senza prestare chissà quanta attenzione al resto, a ciò che mi circonda.
Ora non più.
Charles sembra essere quel paio di occhiali che indossi dopo una visita di controllo dall'oculista: sei così abituato ai tuoi occhi ed all'idea di vedere bene che senti quasi di non averne bisogno.
Poi però, appena queste lenti si appoggiano sul tuo naso, cambia tutto; tutto è ampliato, chiaro, colorato, definito. Hai una percezione totalmente diversa.
Nulla è più in grigio e sfuocato, anzi.
I colori ed i dettagli saltano alla tua mente quasi sforzandoli, facendoti provare una sensazione di fastidio e bruciore dal diverso, da un qualcosa mai provato prima.
Improvvisamente è tutto nuovo; questa visione attiva nella tua testa mille recettori, mille sensazioni che arrivano così improvvisamente senza neanche darti il tempo di prevederle, di percepirle, o di accorgertene.
E tu per me sei così.
Sei stato così inaspettato, Charles.
Così imprevedibile da insinuarti meschino nei miei pensieri senza che io me ne accorga; in ogni momento, ovunque io sia; in qualsiasi contesto.
Il solo pensarti, anche casuale mi trascina inevitabilmente in un vortice di pensieri profondi.
Sono talmente sovraccaricata di sensazioni e di eccitazione data la consapevolezza di trovarmi di nuovo nello stesso locale di Charles a distanza di poco tempo, che non sento nemmeno la mano di Isa che afferra di nuovo il mio avambraccio, tirandomi nella sua direzione mentre finalmente ci affrettiamo a raggiungere il divanetto desiderato così ardentemente.
Carlos ci fa un cenno del capo, suggerendoci di proseguire mentre si ferma un istante a scambiare due chiacchiere con un uomo della sicurezza dalla pelle scura, probabilmente deve essere l'addetto all'accesso al privé; stringe infatti fra le mani una cartelletta in plastica, su cui sono appuntati diversi nominativi, quelli dei presenti oltre la sua figura. Clienti speciali e di particolare importanza a cui è stato garantito il miglior accesso e spettacolo della serata; una vista su tutto il locale, quasi imponente, che ti permette di osservare ogni singolo dettaglio da quassù.
Osservo Carlos, mentre gesticola indicando sé stesso e rivolge successivamente uno sguardo a noi due, indicando all'uomo che saremmo state insieme a lui.
L'uomo non perde tempo e non necessita neanche di cercare alcun nominativo o altra informazione
per proseguire con l'accesso; si limita solamente a sorridere, e con un cenno del capo ci affianca, permettendoci di passare davanti a lui, accogliendoci con un "benvenute ragazze" che mi fa sorridere.
Ci porge gentilmente un piccolo braccialetto in silicone blu e fucsia, che a contatto con le luci colorate si illumina, richiamando chiaramente i colori base del locale; ci invita ad indossarlo per poterci riconoscere e poter accedere all'area riservata senza difficoltà.
Io ed Isa maneggiamo con abilità il piccolo accessorio, che subito si fa notare al nostro polso.
L'uomo davanti a noi poco dopo aver appreso di aver fatto quanto richiesto, solleva il cordino rosso ed una volta oltrepassato, si posiziona nuovamente davanti ad esso, bloccando l'entrata e provvedendo ad accogliere altre persone in attesa.
Rivolgo lo sguardo verso Isa, ed entrambe commentiamo la scena con una risata contenuta, sentendoci per una volta nella cerchia di quelli che abbiamo sempre visto con distanza dal basso.
Ci diamo il cinque vittoriose, un po' con aria altezzosa, e come folgorate rimaniamo in piedi, immobili alle spalle dell'uomo che ci ha permesso di entrare, come se stessimo aspettando un okay da Carlos.
Lo cerchiamo entrambe con lo sguardo, sentendoci un po' fuori luogo: dopotutto Carlos è l'unico volto familiare tra tutti i presenti di questa sera.
Il moro davanti a noi cl sorride mentre avanza verso alcuni di loro, impegnati a sorseggiare leggeri il loro drink o il loro calice di chissà quale vino pregiato, sfuggendo per un istante ai nostri occhi mentre ringraziamo con un sorriso imbarazzato chiunque incontri il nostro sguardo.
Non sapendo in che altro modo intrattenerci, cogliamo l'occasione e ci avviciniamo a passo svelto al primo divanetto libero che troviamo: il loro effetto trapuntato color cachi rende tutto ancora più elegante.
In particolare, quello che abbiamo raggiunto come se fosse la cosa più importante delle nostre vite si trova proprio con la perfetta visuale al bancone di Charles, illuminato da molteplici luci colorate; mi chiedo curiosa se questo dettaglio sia stato solo frutto di pura casualità o se Isa ci abbia messo il suo zampino e abbia fatto in modo di avere proprio questo posto con l'indispensabile aiuto di Carlos.
La mora nel frattempo, con il fiato corto come se avesse appena tagliato il traguardo dei 100 metri alle olimpiadi, prende possesso corporeo del divanetto davanti a noi sedendosi frettolosamente, come se avesse paura che da un momento all'altro potessero portarglielo via.
Ne approfitto e mi guardo intorno da perfetta ammiratrice dei dettagli. Ancora non mi sembra vero di essere nell'area VIP del locale più cool della città.
È la prima volta che mi capita.
Finalmente!
Ce l'abbiamo fatta!
Nonostante il soppalco del privé sia rialzato, davanti ai miei occhi una serie di teste si muovono a ritmo di musica, mentre un brusio bianco e lineare anestetizza le mie orecchie, facendomi abituare così velocemente dal non sentirlo nemmeno più dopo pochi secondi.
"Ugh!" esclama Isa lasciandosi andare a peso morto sulla seduta morbida che l'accoglie. "Finalmente seduta" commenta lei adagiandosi affaticata sul soffice e morbido schienale. Una risata divertita traspare dalle mie labbra, seguendo i suoi movimenti ed accomodandomi accanto a lei con fare un po' più aggraziato.
"Era così necessario correre come delle pazze nonostante avessimo il tavolo prenotato?" le faccio notare con tono perplesso, mentre sistemo la manica della mia maglietta ancora tutta stropicciata dalla sua presa feroce. Isa in risposta mi guarda alzando un sopracciglio, sistemandosi i capelli con le mani.
"Lo diventa nel momento in cui indossi dei tacchi talmente scomodi dal non riuscire a stare più in piedi" si giustifica, alzando una gamba e roteando appena le caviglie a turno per alleviarne il dolore.
Annuisco, dandole ragione. Dopotutto deve avermi aspettata per parecchio tempo, visto il ritardo causato dal mio inconveniente con la macchina.
Sospiro, ricordando l'impeccabile tempismo di Max nell'aver salvato questa serata. Lo ringrazio mentalmente per essersi presentato nel posto giusto al momento giusto, altrimenti non avrei saputo che fare.
Probabilmente sentirà le sue orecchie fischiare così forte dal non sentire più nemmeno la musica.
Sorrido, riflettendo sulla casualità degli eventi e sulle sue parole pronunciate davanti al distributore automatico di sigarette, non potendo non notare come in qualche modo qualcuno (o qualcosa) trovi sempre come farci incontrare.
Al locale, la prima sera; al bar, poco dopo aver salutato Isa ed aver quasi rischiato di essere travolta dalla sua bicicletta; ed infine, sempre nello stesso posto, come pit stop, ma con lo stesso punto di arrivo. Questo.
Sembra proprio che il destino voglia ad ogni costo dimostrarmi che Max diventerà una presenza fissa nella mia vita; sta giostrando a modo suo le nostre carte, impedendomi di prendere il comando.
Mentre assorbo questa consapevolezza ritorno con la mente al suo aspetto così burbero e serio della prima sera, impostato, rigido, fermo, così differente dal Max che ho avuto modo di scoprire il giorno successivo: attento, premuroso, sorridente. Dev'essere questo l'effetto della chimica, dell'intesa a pelle e delle sensazioni positive che puoi percepire solo tu e l'altra persona che hai davanti. Diventa tutto naturale, nulla viene forzato con lui.
Sospiro di nuovo, ora più leggera di prima.
Sono contenta di aver incontrato di nuovo Max; data l'importanza che questa serata ha per me, sono consapevole del debito che ho creato nei suoi confronti.
Mi chiedo dove tu sia ora, Max, non riesco a trovarti fra la folla immensa di persone in movimento.
Mi chiedo se tu sia seduto ad un tavolo con il tuo drink in mano a goderti la serata, oppure se il tuo ruolo di questa sera sia sorreggere la fronte di Lando nel bagno del locale per la quantità decisamente elevata di alcol che avrà nel corpo. Scuoto il capo, scacciando l'ennesima riflessione e ridacchiando da sola.
"Riesci a vedere Charles?" mi domanda Isa, mentre entrambe ci guardiamo velocemente intorno; io allungo il collo verso la pista ed in particolare verso il bancone, assetata, ma non di assumere alcol.
I miei occhi cercano impazziti quel volto e quella silhouette tanto familiare da cui spiccano due occhiali e la tanto riconoscibile ed evidente bandana azzurra.
Colore che però non riesco a mettere a fuoco, un po' per la mia scarsa vista, un po' per le mille luci e colori che rendono impossibile distinguerne altri.
Riesco ad individuare l'esatto posto dove ci siamo incontrati per la prima volta, senza però individuare Charles. Riconosco la figura di Oscar, affiancato da altri ragazzi mentre rivolgono la loro attenzione ai clienti al banco e si affrettano a servire le ordinazioni richieste. Ma non vedo Charles.
Non riesco a trovarlo, ad individuarlo tra la folla.
Mi sembra di impazzire; o forse sono già allo stadio successivo.
Eppure non dovrebbe essere così complicato, no?
La mia testa inizia a macinare pensieri, di nuovo.
E se proprio oggi fosse il suo giorno di riposo?
Potrebbe essere ammalato, mi dico, ricordando però a me stessa come un piccolo picchio le parole di Isa sull'organizzazione di questa serata.
Uhm.
Dubito fortemente che Carlos possa essersi dimenticato di avvisarla dell'assenza di Charles, sapendo della mia presenza e del mio palese interesse nei suoi confronti.
Sarebbe troppo strano. Aggrotto le sopracciglia e socchiudo gli occhi, sforzandoli maggiormente con l'illusione di riuscire nel mio intento.
Dove sei, Charles?
Come posso pretendere di riuscire a trovarti in mezzo a tutta la gente presente in sala?
Non ho nemmeno gli occhiali con me, maledizione!
Isa si accorge del mio sguardo da cercatore seriale, dandomi una piccola gomitata sul fianco.
"No, non riesco a trovarlo" commento sconsolata a voce bassa, ma non abbastanza da farmi sentire volutamente solo da Isa.
Inizio a innervosirmi, spazientita. D'impatto vorrei scendere da qui e raggiungere il bancone, di corsa, verso la destinazione da me prefissata da quando ho messo piede qui dentro. La sottona che è in me vorrebbe correre da te, Charles, e mettere fine a questa tortura che mi sta solamente logorando dentro.
Anche Isa, alla mia risposta misto ad un lamento, inizia ad osservare la sala, curiosa, allungando il collo, pronta ad aiutarmi per quanto possibile. La scorgo con la coda dell'occhio, e sorrido dolcemente notando il suo impegno così presente nei miei confronti. In questo momento potrebbe essere tranquilla e serena appartata con Carlos ad approfondire la loro conoscenza, eppure senza esitare è qui, in piedi al mio fianco a darmi sostegno, nella speranza di aiutarmi a riuscire a trovare un ago azzurro in un pagliaio immenso di persone.
Sembra infatti eclissarsi un istante mentre si immerge totalmente nel suo dovere, stringendo gli occhi e sporgendosi in avanti per avvicinarsi ed illudere il suo cervello che così facendo, accorcerà la distanza.
Lascio uscire una risata spontanea mentre la guardo.
Isabella è fatta così; mette sempre tutta sé stessa nelle cose, con le persone, nei rapporti umani, senza mai chiedere nulla in cambio. É troppo buona per questo mondo, ed io sono fiera di esserle amica.
Concentrata al massimo al suo obiettivo, inizia poi a spostarsi a piccoli passi lungo il perimetro del privé, fino ad allontanarsi da me di qualche metro.
Ridacchio mordendomi le labbra imbarazzata da questi suoi movimenti goffi, mentre una parte di me inizia a rassegnarsi, convincendosi che probabilmente Charles non sia qui questa sera.
Sono quasi tentata di lasciar perdere, di arrendermi e trovare una magra consolazione nel trascorrere una serata tranquilla, che per quanto sia comunque piacevole essendo in compagnia di Isa e Max, ammetto non sia la stessa cosa senza la presenza di Charles.
Forse devo provarci ancora una volta?
Tanto vale provare... dopotutto cos'ho da perdere
Oh, andiamo!
Ci troviamo nella zona più laterale del locale, il che non è sicuramente un vantaggio per me e per la mia vista sofferente; ma non ho altra possibilità.
Mi dispiacerebbe molto non vederti, Charles.
Dopotutto sono venuta qui apposta, solo per te.
Sbuffo nervosa, agitata mentre cerco di distrarmi osservando velocemente il privé, come a voler far respirare i miei occhi affaticati ed osservare qualcosa di diverso dalle mille chiome che si muovono a ritmo di musica. Mi volto di spalle, trovando solamente un triste muro freddo, con dei piccoli pomelli che sorreggono diverse giacche in jeans ed ecopelle, obbligandomi così a rivolgere nuovamente la mia totale attenzione verso la sala dall'altro lato.
Mi distraggo, ricordandomi dell'utilità della parete per poter appendere senza problemi la mia... giacca rossa in ecopelle... che non ho con me... perché l'ho saggiamente dimenticata nella macchina di Max... prima di scendere.
Maledetta me!
Ma dove ho la testa?
Mi insulto da sola, trovando un briciolo di consolazione ricordando che durante questa serata sia io che Max abbiamo dei debiti da saldare. Coglierò l'occasione in quel momento per recuperare la mia giacca.
Al ricordo della macchina di Max, alla mia mentre appare ben chiaro nero su bianco un altro quesito, che non avevo affatto tenuto in considerazione fino ad ora:
il ritorno a casa.
Il mio cervello mi suggerisce quasi con ovvietà che sarà proprio Max ad accompagnarmi, per poter poi decidere come muovermi l'indomani per recuperare la mia macchina al parcheggio dello sportello automatico.
Già... la mia mente viaggia immaginando che sia Charles alla guida, seppur Max abbia tutte le carte a suo favore per essere stato così gentile... ammetto che se ci fosse stato il monegasco, avrei sicuramente apprezzato di più.
Perfetto, mi dico sarcastica.
Sei appiedata senza nemmeno sapere quando e come riavrai la macchina, e ti permetti pure di sentenziare sulle preferenze del tuo accompagnatore?
Anche meno, Mina, mi rimprovero mentalmente.
Cerco di non pensarci al momento, rimando questo enorme dilemma a tempo debito, come mio solito da esperta della procrastinazione e riporto l'attenzione su Isa. Un altro pensiero si fa spazio nella mia testa, e dentro di me riappare seppur assopita, la curiosità di sapere com'è andata la sua cena con Carlos.
Mi chiedo se mai avremo del tempo per poter parlare da sole, ed arrivo alla conclusione che non potrò saperlo, dunque è meglio approfittarne proprio ora che Carlos non è al nostro fianco, per far vuotare il sacco ad Isa.
Schiarisco la voce con un colpo di tosse che di vero non ha assolutamente nulla, per attirare la sua attenzione.
"Da quanto tempo eravate fuori ad aspettarmi voi due?" le chiedo diretta, così, senza troppi fronzoli, pur di distrarmi dal cercare assiduamente Charles.
Isa sembra spiazzata, non aspettandosi questa domanda, o forse non in questo preciso momento.
Mi sorride imbarazzata, mentre entrambe ci voltiamo un istante ad osservare con occhi attenti la figura di Carlos poco distante da noi che sorride, ben impegnato a girare per il privé a salutare tutti i presenti, uno ad uno.
Tutti infatti sembrano conoscerlo; dal modo in cui si avvicinano e dalla confidenza delle loro mani nello scambiarsi un cinque amichevole, deduco che molti di loro sono conoscenti, nonché clienti abituali.
Isa sospira, guardandolo con occhi sognanti.
"Non molto in realtà" sussurra scostando i capelli sulle spalle, irrigidendosi improvvisamente notando gli occhi del moro su di sé.
Ottimo tempismo, Smooth Operator.
Carlos sembra quasi avere un sensore incorporato nei confronti di Isa, come se avesse captato che stessimo parlando di lui.
Involontariamente mi trovo in mezzo ai loro sguardi, così intensi che mi sento di troppo, come se la mia presenza sia in qualche modo di intralcio in questa loro connessione così personale. Una immensa sensazione di disagio mi avvolge, additandomi come un elemento di disturbo nella loro rincorsa costante.
É come se Carlos ed Isa stessero comunicando in una lingua tutta loro ed io non riesca a comprenderla, essendo solo un contorno, esterna, marginale.
Abbasso il capo come unica reazione in grado di salvarmi dall'imbarazzo, trovando la moquette sotto ai miei piedi stranamente interessante.
Isa sempre attenta a ciò che la circonda, sembra accorgersi della situazione che si è creata percependo mattoni pesanti di un disagio evidente sulle mie spalle e riporta gli occhi su di me per rispondermi.
Ora sorride, sopraffatta da quegli occhi scuri da cerbiatto che la osservano attenti, imbarazzata. Scosta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, nascondendosi dietro la mano per parlare senza che le sue labbra vengano lette ed intercettate dal moro.
"Diciamo che monitorare il tuo arrivo non è stata la mia attrazione principale" sussurra a denti stretti, sentendosi ancora osservata intensamente.
Isa riporta lo sguardo su Carlos, ora impegnato in una conversazione con una coppia di uomini sulla quarantina; i due sono di spalle, permettendo al moro che si trova proprio di fronte a loro, di rimanere rivolto verso di noi.
Lo spio di nuovo anche io, mentre sposta più volte lo sguardo dai loro occhi, concentrato ad ascoltare i loro discorsi ed in costante ricerca fugace di quelli di Isa; una volta trovati, sempre pronti a ricambiarne l'intensità, segue un ghigno sul suo viso, accortosi che anche lei non riesce a smettere un istante di guardarlo.
Carlos alterna la sua attenzione così, giostrandosi tra rapporti colloquiali ed occhi passionali.
Io invece, sentendomi un po' fuori dal giro, mi guardo intorno per trovare qualsiasi cosa, qualsiasi dettaglio o oggetto che possa attirare la mia attenzione, e recuperarmi come un salvagente in questo mare di sguardi. I miei occhi percorrono di nuovo la moquette, il soffitto e le luci stroboscopiche che toccano ogni centimetro disponibile del locale, per poi tornare vuoto sulla folla. Isa torna poco dopo a guardarla curiosa insieme a me, e una manciata di secondi dopo si agita, scattando improvvisamente; mi scuote il braccio con prepotenza, gesto che mi fa sobbalzare.
"Mina!" esclama alzando un po' troppo la voce, quando basta per attirare l'attenzione dei alcuni presenti nei nostri paraggi che sorpresi, voltano il capo verso di noi.
Anche le orecchie di Carlos captano come un radar la sua voce acuta, infatti si gira curioso, prima di sorridere divertito e tornare a porre la sua attenzione ai presenti.
Isa è elettrizzata, dal modo in cui mi guarda capisco al volo che deve aver visto Charles da lontano.
Mi afferra nuovamente per il braccio e dopo essere stata trascinata qualche metro più in là rispetto ai nostri posti a sedere, agita le mani in aria chiedendomi indirettamente di ascoltarla.
Io la guardo aggrottando le sopracciglia, confusa, mentre il mio cuore al solo pensiero del biondo inizia aumentare i battiti, sovrastando qualsiasi mio pensiero.
"Vedo Charles! Eccolo lì!" afferma lei saltellando come una bambina troppo euforica, mentre alza un braccio e lo tende proprio davanti a sé, invitandomi a guardare nella sua stessa direzione.
Io, sentendomi un po' ridicola ma comunque trascinata da questa sua eccessiva reazione, non perdo tempo e seguo velocemente le sue dritte, come se i miei occhi fossero così in astinenza da quel viso da non averne mai abbastanza. Le mie pupille mettono a fuoco il punto esatto indicato da Isa, alla mia destra oltre la folla, e finalmente, come un fulmine a ciel sereno, riconosco la figura di Charles, sentendo nel mio stomaco una sensazione di vuoto così forte da farmi appoggiare una mano appena sotto lo sterno per la fitta che sento.
"Lo vedo anche io" le rispondo sussurrando più a me stessa che a lei; pronuncio queste parole con gli occhi assetati, così concentrati su Charles impegnato a servire i clienti dopo aver agitato animatamente lo shaker, dal non voler osservare nient'altro.
Inizio a fremere, il mio corpo si agita, trema; cerco quanto più razionalmente possibile di mantenere la calma, cementando i miei piedi a terra.
Sento le gambe cedere, sembrano fatte di gelatina.
Nonostante ciò, tutta la mia attenzione ora è rivolta verso di lui. Lo guardo, un po' affaticata dalle luci, rapita, con un timido sorriso che illumina il viso, senza perderlo di vista. Sento in sottofondo la voce di Isa, ma la percepisco così lontana da me, ovattata, distante.
Annuisco con il capo senza ascoltare, come in uno stato di trance.
I miei occhi sono fissi su Charles dal primo istante che l'hanno catturato, ipnotizzati. Seguono incollati i suoi movimenti quasi come un boa incantato dal suono del flauto di qualche artista di strada.
Li sforzo ancora di più, notando che non indossa la camicia bianca come l'ultima volta; ora una t-shirt a maniche corte nera gli fascia il petto, non potendo vedere oltre il bancone. I suoi occhiali tondi sono sempre sul suo viso, così come la bandana azzurra, il cui colore spicca rispetto a ciò che lo circonda.
Come diavolo ho fatto a non accorgermene prima?
"Mina!" esclama improvvisamente Isa afferrandomi per un braccio, facendomi sobbalzare dallo spavento.
Scuoto leggermente il capo tornando a guardarla, strizzando gli occhi un paio di volte per rilassarli.
"Mi stavi ascoltando?" mi domanda scocciata; dalla sua voce sento chiaramente del nervosismo infastidirla.
Vado nel panico, indecisa se mentire dicendole di sì, o confessarle di non aver sentito mezza parola del suo discorso perché ero troppo impegnata ad osservare Charles come un cecchino pronto a sparare.
"Ehm, sì" affermo con serietà, cercando di essere quanto più credibile possibile, fallendo miseramente.
"Sì, certo che ti stavo ascoltando" continuo imperterrita il mio teatrino, annuendo con il capo ed alzando le sopracciglia. Isa mi squadra da capo a piedi, esaminando ogni centimetro del mio viso.
"Mh" borbotta lei, facendo una smorfia. "Quindi mi sapresti ripetere senza problemi l'ultima parola che ho detto, no?" domanda pungente, leggendo nei miei occhi il vuoto. Incrocia le braccia, voltandosi interamente verso di me e spostando tutto il peso su una gamba.
Io tentenno, non più tanto sicura di me.
La mia mente corre ai ripari disperata, cercando di ricordare velocemente qualche spiraglio o indizio del suo discorso, che ahimè non ho minimamente ascoltato.
Oh andiamo!
Ma chi voglio prendere in giro?
Stiamo parlando mia amica d'infanzia che conosco da almeno vent'anni e che é perfettamente in grado di leggere qualsiasi mia espressione senza che io dica nulla.
Come posso fingere davanti a lei?
Rifletto se sia intelligente continuare questa messa in scena o meno, ed arrivo alla conclusione che nella testa di Isabella é già ben chiaro tutto. La sua faccia si trasforma in un'espressione di supponenza, ridendo sarcastica al mio silenzio tombale. Sbuffo senza dire nulla, mentre alzo gli occhi al cielo infastidita e torno al divanetto a passo svelto con la coda fra le gambe.
"Oh no cara" ribatte Isa, mentre segue i miei passi fino a raggiungermi in pochi secondi. "Non ti azzardare a fare l'offesa!" mi rimprovera alzando il dito indice che punta diretto al mio viso, le sue sopracciglia sono aggrottate.
"Sono io che dovrei prendermela perché non hai ascoltato nulla di quello che ti ho detto" continua appoggiando le mani sui fianchi, scrutandomi attenta mentre mi siedo roteando ancora gli occhi.
"Peccato" commenta con tono sconsolato, abbassando il capo. "Volevo proporti di scendere ad ordinare da bere in modo che potessi passare proprio da quel bancone che tanto aspetti di raggiungere" inizia provocandomi mentre finge di trovare interessanti le sue unghie smaltate. "Però credo proprio che cambierò idea. Dopotutto, noi due dobbiamo fare una bella chiacchierata" mi riprende retorica notando il mio naso all'insù.
Io, in risposta incurvo gli angoli della bocca fingendomi sorpresa. "Ah sì?" le domando alzando le sopracciglia, scoppiando a ridere insieme a lei poco dopo, senza riuscire a rimanere serie.
Mi sento un po' in colpa per non averla ascoltata, seppur io non l'abbia fatto apposta, so che la serata è ancora lunga. Sarebbe troppo egoista da parte mia rimandare la chiacchierata con Isa, quando possiamo tranquillamente scendere al bancone anche tra dieci minuti.
Ho aspettato giorni che sembravano infiniti, tanto vale aspettare ancora un po', no?
Di certo non crollerà il mondo, o almeno lo spero.
Sono sicura che Charles sia già al corrente del mio arrivo e di quello di Isa; scommetto che Carlos non avrà perso occasione nell'avvertirlo. Scendere ora significherebbe correre subito da lui, mettendolo su un piedistallo che per quanto sia accuratamente meritato, non voglio lo raggiunga in così tanta facilità.
O per lo meno, non voglio farglielo credere, perché in realtà, dentro di me, il posto gli appartiene già.
Chissà se mi stai aspettando, Charles.
Chissà se sei anche tu curioso di cercarmi tra la folla, con il collo teso, impaziente di vedermi tra tutti.
Io nel dubbio, voglio farti aspettare ancora un po'.
"Sono tutta orecchie" rispondo ammiccando mentre mi sistemo comoda sul divanetto, accavallo le gambe ed appoggiando le mani sul ginocchio scoperto, pronta ad ascoltarla.
Sorrido ad Isa, sorprendendola con la mia reazione alle sue parole. Lei mi punzecchia precisando di ascoltarla per davvero questa volta, ed io alzando le mani in segno di difesa annuisco, accogliendo la sua proposta.
La musica pop di sottofondo sembra essere il perfetto accompagnamento per il nostro gossip.
Isa ridacchia divertita, seguendo i miei movimenti senza mai perdere di vista Carlos, ancora impegnato nei suoi convenevoli con i clienti del locale. Si siede attenta accanto a me e dopo aver sistemato con cura la folta chioma da una spalla all'altra, rimango ad ascoltarla.
"Allora, da dove inizio" annuncia agitandosi.
Gli occhi di Isa brillano, luccicano come mai prima d'ora
mentre inizia a raccontarmi della sua serata nei minimi dettagli. Avvicina le mani a viso posizionandole sotto il mento ed entusiasta inizia a batterle velocemente.
"Ti dico solo che appena è arrivato davanti al cancello di casa ho dovuto chiudere mia madre in cucina perché voleva a tutti i costi uscire a salutarlo!" confessa, scoppiando a ridere imbarazzata.
La seguo a ruota, immaginando divertita la scena. L'ascolto con attenzione, nonostante un piccolo martello pneumatico nella mia testa mi voglia spingere a continuare a cercare Charles al banco, mi obbligo a rimanere su di lei.
Mi concentro più che posso, mentre mi descrive con occhi sognanti quanto gli sia piaciuta la sala da ristorazione, proprio come avevo predetto a Carlos, e di come si sia sentita così a suo agio con lui.
Il modo il cui gesticola, il costante bisogno che ha di cercare i suoi occhi scuri allungando il collo mi fa capire quanto anche lei sia stata trascinata nel tanto e odiato vortice in cui mi trovo anche io.
Le sue gote si colorano di rosso, probabilmente rivivendo a pieno le sensazioni che ha provato poco fa.
"È stata una cena molto semplice, abbiamo mangiato, bevuto dell'ottimo vino consigliato da lui stesso! Ha un gusto così raffinato per qualsiasi cosa!" precisa con attenzione nel farmi notare quanto il vino scelto da Carlos sia stato così accurato rispetto al piatto che ha ordinato. "Abbiamo parlato un po' di noi e delle nostre vite. É stato tutto così naturale e spontaneo che quasi mi è dispiaciuto dover lasciare il tavolo per aspettare la mia amica ritardataria che ha deciso di presentarsi con un accompagnatore di cui non sapevo assolutamente niente" termina tutto d'un fiato, guardandomi con aria sospetta alzando poi le sopracciglia, aspettando una risposta da parte mia che non tarda ad arrivare.
Ci siamo, é ora del mio interrogatorio, commento nella mia testa sentendo lo sguardo pesante di Isa su di me.
"Allora" sorrido abbassando il capo, imbarazzata.
Gli occhi di Isa mi guardano curiosa, ed io perfettamente capace dí decifrarlo, so già dove andrà a parare.
Alzo le mani in segno di difesa, spiegandole l'accaduto. "Prima che tu possa iniziare a presupporre qualsiasi cosa" inizio dandole un'occhiata seria, precedendo qualsiasi suo tentativo di ribattere. "Max è solamente capitato nel posto giusto al momento giusto. Non è stata una cosa organizzata, altrimenti saresti stata la prima a saperlo" continuo spostando il peso su una gamba.
Isa mi squadra da capo a piedi, non convinta delle mie parole. "Continua" borbotta con tono imperativo, e conoscendola sarà ancora ben salda su chissà quale sua teoria. Faccio un cenno con il capo e continuo il mio discorso, mandando giù quella poca saliva che rimane nella mia bocca, sentendo la gola seccarsi sia per la sete, sia per lo sguardo di Isa così intenso.
"Mia madre mi ha chiesto di prenderle le sigarette prima di venire qui, ed una volta arrivata al distributore davanti al nostro bar preferito, la mia macchina ha deciso di abbandonarmi solo per il gusto di rovinare i miei piani" Isa inarca un sopracciglio, sorpresa.
Continuo a parlare, ricordando la precisa sensazione di panico che ho provato. "Mi stavo già rassegnando nel dormire in macchina stanotte" commento facendo ridere sia lei che me. "Max è passato dallo stesso distributore proprio in quel momento, e lì ci siamo incontrati. Mi ha aiutato a capire quale fosse il problema e dato che sembra trattarsi della batteria o dell'alternatore, mi ha suggerito di lasciarle lì la macchina ferma, per evitare di creare ulteriori danni; così si è proposto di accompagnarmi, siccome anche lui sarebbe dovuto venire qui al Faro proprio stasera" concludo il mio discorso alzando le mani, lasciandole cadere lungo le gambe.
Isa non dice nulla, si prende una manciata di secondi per elaborare il suo pensiero. Incrocia le braccia e guarda il soffitto, meditando una serie di pensieri che mi preoccupano molto. Quando fa così, ho molta paura.
Fa una smorfia arricciando il naso all'insù, seguito da un "mmh" soffiato sottile; raccoglie pensierosa le labbra premendole tra di loro, prima di sganciare la prima bomba, e spero anche l'ultima della serata.
"É chiaramente innamorato di te" annuncia solenne, portando una mano sotto il mento picchiettando il dito indice sotto le labbra, mentre l'altra mano è ben salda in vita. Lascia scivolare anche lei le mani lungo le cosce, creando uno schiocco al contatto con le sue gambe che mi fa sussultare nonostante la musica di sottofondo.
Un'espressione confusa appare sul mio viso.
"Eh?" domando di getto, così spontanea da alzare un po' troppo la voce rispetto al mio solito tono.
Un enorme senso di vuoto colpisce con violenza il mio stomaco, scatenando una strana sensazione lungo il mio corpo accompagnata da una scia di brividi ovunque.
Scaccio questa percezione aggrottando le sopracciglia, senza comprendere a pieno il senso logico e la correlazione tra il mio discorso e le sue parole.
Do inizialmente la colpa alla musica alta che deve avermi fatto comprendere tutt'altro, ma quando Isa ripete ciò che ha detto scandendo le parole con lentezza, comprendo l'espressione ammiccante sul suo volto.
Oh no. No Isa, ti prego!
Alzo gli occhi al cielo. scocciata. "Non iniziare" annuncio agitando le braccia lungo il corpo mentre la guardo male. Conosco questa ragazza troppo bene, come lei sa esattamente ogni cosa che mi passi per la testa.
Il velo di arroganza e di certezza che lasciano le sue parole mi crea del fastidio che non so tramutare in parole, come se tutto quello che le ho appena raccontato portasse solo a quell'unica conclusione.
Max è stato solamente molto gentile, nulla di più.
Se un ragazzo è gentile ed educato non significa categoricamente che sia interessato a te.
No?
Lei fa spallucce, incurvando le labbra in una smorfia infastidita. "Io non inizio niente" borbotta facendomi il verso con tono stridulo, alzando le mani all'altezza delle spalle ed imitando la mia voce, prendendomi in giro.
"Ti faccio notare che non sono io quella che si è presentata a sorpresa con Max" mi punzecchia accentuando il tono sarcastico nella sua voce. Io in risposta alzo gli occhi al cielo, senza nascondere una risata divertita. "É stato molto premuroso e gentile a propormi di venire con lui. Niente di più, niente di meno, okay? È merito suo se sono qui" le spiego con calma, cercando di non innervosirmi, notando poi a distanza la figura di Carlos salutare i presenti che l'hanno trattenuto un po' troppo a lungo data la sua espressione affaticata sul viso, venire verso di noi.
Cerco di comunicarlo ad Isa con il viso, indicando verso di lui con gli occhi sgranati, senza darle il tempo di capire. Carlos infatti appoggia delicato le mani sulla nostra schiena, posizionandosi in mezzo a noi, che sussultiamo al suo tocco arrossendo improvvisamente.
Il contatto della mano calda di Carlos sulla mia
pelle è ormai familiare per me, tanto da trasmettermi calore e protezione.
I due si guardano e sorridono imbarazzati, mentre Carlos tira un lungo sospiro liberatorio.
"Scusate l'attesa, non mi mollavano più" commenta alle nostre orecchie con una risata. Isa gli sorride ampiamente, mentre io mi limito ad alzare leggermente le labbra, non sapendo che dire.
"Vi porto qualcosa da bere?" domanda lui alzando le sopracciglia, mentre una fortissima ventata di profumo che indossa inebria le mie narici, avvolgendomi.
Alla proposta di Carlos scatto sull'attenti, attirando subito lo sguardo di Isa che quasi in contemporanea incontra il mio, come se avessimo avuto entrambe lo stesso esatto pensiero.
In una frazione di secondi cerco di comunicare con lei con lo sguardo senza farmi notare da Carlos, indicando velocemente con il capo la pista da ballo, sperando che in qualche modo possa leggermi nel pensiero e scendere con me diretta al bancone.
Cerchiamo nell'altra l'iniziativa per pensare a cosa rispondere al moro, tentennando un istante. Ci guardiamo indecise, mentre Isa interrompe il silenzio sovrastato dalla musica, rispondendo per prima.
"In realtà volevamo fare due passi in pista" inizia lei con un sorriso imbarazzato, come a volersi scusare.
Io, dietro di lei, annuisco con il capo mordendomi il labbro superiore. Non riesco a vedere altro se non quel bancone, come se tutto il resto fosse solo di intralcio.
Inizio ad agitarmi di nuovo, impaziente di vederlo.
Sento il mio corpo accaldarsi e le mani iniziano piano piano a sudare, mentre il mio cuore al solo elaborare il pensiero inizia ad impazzire. I due sembrano scambiarsi un'altra occhiata intima, comunicando ancora fra di loro, perché dopo il suggerimento di Isa, Carlos sposta lo sguardo su di me, sorridendo compiaciuto.
"Oh... oh, sì esatto" commenta osservandomi sorridendo, consapevole di aver centrato il punto senza dire nulla.
Per quanto io cerchi di non farlo notare, deduco che dall'esterno sia a dir poco evidente. Continuo a guardarmi intorno torturandomi e le pellicine delle unghie, che graffio nervosa, incapace di rimanere ferma.
"Dunque so già dove trovarvi" suggerisce Carlos sorridendo, mentre si sposta di lato per permetterci di passare ed avviarci nuovamente all'uscita del privé.
I due si scambiano un'occhiata profonda, e dopo aver mangiato con gli occhi Isa davanti a me, il volto di Carlos accoglie il mio, che con un sorriso si avvicina al mio orecchio, come a volermi sussurrare qualcosa.
"Non vedi l'ora di scendere, vero?" mi suggerisce soffiando sul mio lobo, scatenando in me una scia di brividi. Lo guardo senza dire nulla.
La mia faccia è arrossata ed accaldata; é bastato il solo parlare di Charles senza neanche nominarlo, che subito sussulto. Carlos percepisce subito la mia confusione leggendo la mia espressione imbarazzata, così continua:
"finge che non sia così, ma ti sta aspettando da tutta la sera" commenta senza aggiungere alcun nome o anticipare nulla, sapendo già dove andare a parare senza il bisogno di specificare altro.
Le sue parole hanno l'effetto desiderato, ovvero riducono ogni cellula del mio cervello in polvere.
Charles. Charles mi sta aspettando e da chissà quanto.
Tutto sembra girare vorticosamente intorno a me, facendomi sentire nuovamente quella sensazione allo stomaco che mi provoca terribile ansia e agitazione.
I miei occhi brillano a queste parole, mentre allungo la mano cercando il braccio di Isa che stringo forte, seguendola mentre si fa spazio fra la folla infilandosi tra le persone. Oltrepassiamo l'uomo all'accesso del privé alzando il braccialetto per farlo notare e lui con un sorriso ci invita a proseguire. Colgo l'occasione di leggere velocemente il suo nome sulla targhetta: Luis.
Isa mi affianca, accortasi del mio ambiguo silenzio e della mia presa sulla sua pelle. Mi ripete prendendomi a braccetto tre parole in un loop costante che sembra in qualche modo avere un effetto calmante su di me.
"Andrà tutto bene."
Lo ripeto anche io nella mia testa. Più volte.
Andrà tutto bene.
Andrà tutto bene.
Andrà tutto bene.
Forse la sto davvero facendo più tragica di quello che è in realtà. Mi chiedo se quanto io stia percependo sia davvero quello che vedono anche gli altri; forse ho sentito male, ho interpretato nel modo sbagliato le parole di Carlos, avendole sussurrate nel bel mezzo di una discoteca affollata sembrerebbe più che logico.
Provo a riflettere su possibili alternative rispetto a quello che le mie orecchie hanno captato, ma non riesco ad elaborare nulla di sensato.
Sospiro.
Ugh, ma perché devo sempre essere così tragica!
Voglio solo arrivare a quel maledetto bancone!
Non importa se non sarò in grado di controllare cosa succederà; da quanto sei apparso nella mi vita, Charles, nulla è più prevedibile per me.
Cerco di calmarmi, di contenere quanto possibile il mio entusiasmo deglutendo quantità scarse di saliva per placare la tensione, sentendo la gola così secca dal non riuscire neanche a respirare regolarmente.
Il mio cuore sembra voler sovrastare anche il suono delle casse che fa vibrare tutto il mio corpo. Lo sento bussare così forte ed insistente che temo mi stia per venire un infarto.
Poi, d'un tratto, tutto si ferma.
Tutto scompare.
I suoni sono ovattati, le luci della sala si rincorrono fra di loro ed io finalmente ti vedo, Charles.
Eccoti lì, precisa la mia coscienza; sei lì, oltre il bancone, ed hai appena riso ad una battuta di un collega al tuo fianco che sembra essere così divertente dall'illudermi di riuscire a sentire chiaramente la tua risata in risposta, mentre butti indietro il capo e l'azzurro della tua bandana cattura i miei occhi, isolando tutto il resto.
Stai asciugando un bicchiere con il tuo panno che sembra il prolungamento naturale della tua mano, ed una maglietta nera con due dei tre bottoncini sbottonati sul collo ti stringe il petto. Le maniche tagliano nette i tuoi bicipiti definendoli ancora di più, mentre maneggi abilmente l'ennesimo bicchiere. Chissà a quale numero farà riferimento, da quando hai iniziato a lavorare.
Io rimango distante qualche metro dal bancone, in mezzo alla pista, immobile, sommersa da altre persone intorno che ignorano completamente la mia presenza ballando spensierate. Io faccio lo stesso con loro, persa a guardare te, senza interessarmi del resto.
Isa ora alle mie spalle, mi incoraggia aspettando che io prenda iniziativa, spingendomi di peso ed appoggiando le mani sulla mia schiena, invitandomi ad avanzare. Raggiungiamo entrambe il bancone laccato, nonostante io sia tentata di tornare indietro rinunciando a tutto.
Spinta con forza da Isa e dalle sue innumerevoli parolacce che mi obbligano a fermarmi proprio davanti a Charles; ci posizioniamo davanti ai due sgabelli liberi, ed una volta che il biondo volta il capo ed incontra i nostri occhi, ci sorride sorpreso.
I suoi occhi si spalancano con notevole stupore, ed un sorriso dipinge il suo viso, evidenziando le fossette.
"Hello, beautiful people" esclama Charles con un cenno del capo, inclinandolo, come a volerci dare il benvenuto.
Punta i suoi occhi su di me dopo aver guardato Isa, e sento il suo sguardo così intenso passare dal mio viso al mio corpo, fino a dove la sua visuale permette.
Appoggia lo straccio stretto fra le mani sul bancone e si prende una piccola pausa, appoggiandosi su di esso con i gomiti, sporgendosi in avanti. Lascia cadere le sue mani lungo la lastra laccata, strofinando gli anelli sul materiale lucido, catturando i miei occhi come due magneti.
Sento la gola ormai secca, senza alcun accenno di saliva.
Osservo sedotta, quasi ipnotizzata le sue mani, le piccole e sottili vene che ne tracciano il dorso; sono così sexy che cerco di reprimere quel flash che mi ha catturata la prima sera, immaginandole su di me, strette e ben salde sulle mie cosce.
Isa nota il mio stato di assenza, e scontra il mio gomito con il suo, facendomi tornare di nuovo sul suo viso.
"Ci stavi aspettando?" punzecchia Isa ammiccando con un sorriso provocatorio, che riproduce lo stesso effetto su Charles. Ride divertito ed abbassa il capo, per poi fissare gli occhi di nuovo su di me, serrando la mascella.
"Oh sì" risponde con un filo di voce. "Assolutamente" continua mordendosi il labbro, mentre i suoi occhi viaggiano nuovamente dal mio viso al mio corpo.
Chissà a cosa stai pensando mentre mi guardi.
Vorrei proprio saperlo, sai?
Ai tuoi occhi devo essere bellissima, perché è proprio così che mi sento, che mi fai sentire. Così bella.
Li sento bruciare come fiamme vive sulla pelle, senza sapere che dire. Mi sento immobilizzata, come una preda rapita dai denti aguzzi di un serpente a sonagli.
Mi stringe forte a sé con il suo corpo stretto, quasi a soffocare il mio respiro. Mi sento così impotente davanti a lui, senza alcuna possibilità di muovermi.
Ho desiderato per così tanto tempo questo momento, ed ora mi sento così ridicola ed indifesa dal non riuscire neanche a dire una parola.
Rimango in piedi, in silenzio, mentre Charles ci invita a prendere posto sugli sgabelli davanti a noi.
"Zona privé, vero?" domanda lui alzando un sopracciglio, mentre torna in piedi ed afferra nuovamente il panno fra le mani.
Isa annuisce. "Sì esatto, la nostra visuale affaccia proprio qui" replica lei, voltandosi verso la folla per indicare a Charles il nostro divanetto in lontananza.
"Lo so, infatti è stato difficile fingere di non avervi viste mentre mi cercavate" afferma lui ridacchiando divertito.
Io ed Isa sbianchiamo dalla vergogna, sentendoci così esposte dal guardarci con occhi sgranati.
Ma certo, come potevamo passare inosservate?
Dopotutto il nostro divanetto affaccia proprio su questa parte del bancone, sarebbe stato inevitabile.
Provo un po' di vergogna sapendo di essere stata beccata in pieno nel bel mezzo della mia ricerca spietata nei confronti di Charles.
Isa abbozza una sua risata fingendo indifferenza, mentre io, incapace di fingere, mi ritrovo a sorridere forzatamente con il viso tirato.
Charles si ricompone, sistemando gli occhiali sul naso con il dito indice. "Comunque, cosa vi preparo?" domanda cambiando argomento, ed io gliene sono eternamente grata per non aver peggiorato la situazione.
Isa mi guarda, dandomi una pedata con il piede per intimarmi a rispondere per prima. Sussulto a quel contatto e la guardo male con la coda dell'occhio, poi mi volto verso Charles.
"Per me un gin tonic" rispondo io cercando di mantenere una voce ferma e sicura di me, per quanto possibile. L'ultima cosa che voglio trasmettere è il caos così presente nella mia testa alla tua vista, Charles.
Credo di aver già fatto un'immensa figuraccia per oggi.
Il biondo annuisce stringendo le labbra; volta poi il capo verso Isa, aspettando la sua ordinazione.
"Oh" commenta lei come se si fosse improvvisamente resa conto di aver lasciato appena acceso il gas. Tentenna agitandosi, come se si sentisse colta in flagrante. "Per me nulla" afferma alzandosi, creando sul mio viso una pura espressione di panico, non capendo cosa abbia architettato. "Anzi, credo proprio che tornerò di sopra a tenere d'occhio le nostre borse" spiega indicando il privé, facendomi sgranare gli occhi sorpresa. La guardo intensamente, convinta di aver frainteso, supplicandola di non abbandonarmi di nuovo.
I miei occhi si riducono a fessure, minacciandola mentalmente di rimanere al suo posto, al mio fianco.
Ignora responsabilmente le mie parole, pur sentendo i miei occhi bruciare su di lei e il mio piede picchiettare sulla struttura del suo sgabello ora più leggero.
Isa continua a non fare caso alla mia faccia sconvolta, e mi accorgo che anche Charles rimane un istante sorpreso: questa sua reazione mi fa dedurre che sia stata un'idea dell'ultimo momento, per lasciarmi da sola con Charles senza che io potessi sospettare nulla.
Non te ne andare Isa, ti prego!
Non lasciarmi qui da sola!
Lei mi guarda velocemente, vittoriosa, soddisfatta di sé stessa con un ghigno sul viso che non prova neanche a nascondere. Provvede a salutare Charles con un cenno del capo e con un soddisfatto "a dopo" sussurrato all'orecchio si allontana, liberandosi con grazia dalla mia presa ad artiglio sul suo braccio che cerca di non lasciarla a forza. La osservo in silenzio mentre piano piano si allontana ad effetto rallentato, mentre nella mia testa vi è una continua supplica che spero in qualche modo possa arrivarle.
Ma conoscendola, seppur sentendomi, la ignorerebbe.
Sei proprio un'infame, Isabella Ferrari!
Questa me la paghi!
Appena Isa scompare dalla mia visuale, dentro di me si scatena il caos più totale.
Mi trovo improvvisamente sola, nel senso più metaforico del termine, davanti a Charles. É così impegnato nel suo lavoro da essere ancora più sexy e magnetico, mentre con un agile movimento di polso fa scivolare il ghiaccio nel mio drink, per poi porgermelo facendolo strisciare lungo il bancone.
Guardo il bicchiere, ringraziandolo e sentendo il mio corpo ardere sotto i suoi occhi.
"Grazie" borbotto, affogando qualsiasi pensiero sul cocktail che afferro con fretta per berne un sorso.
Charles sorride, notando la mia goffaggine.
"Qualcuno è timido stasera" commenta lui, appoggiandosi di nuovo al bancone con i gomiti.
Lo sento così presente su di me, ma decido in qualche parte remota del mio cervello, la più coraggiosa, che non ho nessuna intenzione di farmi sottomettere.
L'ho fatto per tanti anni, in ogni momento, eppure ora sento il bisogno di tirare fuori le unghie, di uscire da questi maledetti schemi che continuano ad imprigionarmi. Prendo coraggio e con i primi sorsi del mio drink l'alcol sembra darmi quella spinta in più.
"Sono solo rimasta un attimo spiazzata dal comportamento di Isa. Solitamente ordina sempre da bere" mi giustifico imbarazzata con occhi bassi.
Lui annuisce, senza farmi capire se abbia creduto alle mie parole oppure no. "Mh, strano" Charles sorride beffardo, dando risposta al mio quesito precedente.
Incrocia le braccia e mi guarda perplesso.
"Eppure non sembravi così timida quando sei entrata accompagnata dal tuo bodyguard" pizzica lui con tono infastidito e quasi provocatorio.
Eh?
Lo guardo confusa, ripetendo nella mia testa le sue parole, sforzandomi ad interpretarle.
Socchiudo leggermente la bocca, colta di sorpresa dalla sua ultima provocazione. Non so che dire, di nuovo.
Il mio bodyguard?
Di chi sta parlando?
Ripercorro velocemente il mio ingresso di questa sera.
All'entrata eravamo solo io, Isa, Carlos e... Max.
Max!
Probabilmente, anzi, sicuramente deve avermi vista entrare insieme a lui.
Mi stavi controllando, Charles?
Te ne stavi appollaiato sul bancone con lo sguardo fisso verso l'entrata fino a quando non mi hai vista entrare?
Trattengo più che posso un sorriso compiaciuto.
Un punto per me, finalmente.
"Max non è..." inizio irruente, in imbarazzo nel dovergli dare così tante spiegazioni. "Non è il mio bodyguard" rispondo alzo in sopracciglio, infastidita da come abbia pronunciato quella parola utilizzando il suo tono colmo di arroganza, quasi a volerlo sminuire davanti a me.
"É merito suo se sono qui stasera" lamento appoggiandomi al bancone, mentre le sue parole così pungenti mi danno il coraggio necessario per abbattere quella barriera che avevo creato da sola tra me e lui.
La sua arroganza e presunzione nel farmi notare come io sia poco confidenziale nei suoi confronti rispetto ad altri ragazzi mi fa accendere una piccola lampadina nel cervello.
Per caso sei geloso, Charles?
Il biondo incassa il colpo in silenzio, con un cenno del capo ed un celere alzo di sopracciglia. Incurva le
labbra, per complimentarsi della mia risposta pronta.
Ed io non riesco a non averne abbastanza; prendo momentaneamente il controllo, continuando decisa.
Disegno dei cerchi immaginari sul bancone, seguendolo il mio dito con gli occhi, mentre sputo la seconda provocazione.
"Mi sorprende come tu abbia avuto il tempo di notare con chi io sia arrivata qui dentro durante il tuo turno di lavoro. Dovresti concentrare le tue forze su quello che fai, piuttosto che su quello che guardi" proseguo ad affondare quel coltello immaginario più a fondo, tenendolo ben saldo dal manico dopo averlo strappato dalle mani di Charles.
Woah.
Elaboro mentalmente la mia risposta, così spontanea dal lasciare anche me un istante stordita. Charles scoppia a ridere, come se questa mia provocazione non l'abbia neanche sfiorato, anzi, solo solleticato appena.
Lui si schiarisce la voce, sistemandosi i capelli con sufficienza. Si sporge ancora più in avanti, avvicinando maggiormente i nostri visi.
Mi sorride, evidenziando le fossette e imprigionando i miei occhi nei suoi, così chiari, così profondi.
"Sai, cara Mina, io vedo quotidianamente una quantità di persone talmente elevata che non immagini neanche. Da qui" insiste, battendo una mano sul bancone, facendomi sussultare, con il cuore a mille.
"Ho accesso visivo a qualsiasi cosa. Non c'è nulla che non passi davanti ai miei occhi, soprattutto durante l'orario di lavoro" prende una piccola pausa senza spostare lo sguardo dalle mie iridi, bagnandosi le labbra con la lingua, che non perdo occasione di osservare.
Charles si gode questa frazione di secondo in cui il mio sguardo si perde, attratto dalla sua bocca e dalle labbra umide. "Forse proprio qui, a maggior ragione, non mi sfugge proprio nulla" termina lui, così sexy, con quel tono arrogante e presuntuoso da farmi innervosire.
Mio Dio.
Charles da il meglio di sé, concludendo con una frase che fa fermare il mio cuore come colpito da una scossa elettrica potentissima che mi blocca il respiro.
"Soprattutto quando ciò che vedo mi piace e mi interessa" soffia sul mio viso, indietreggiando ed allontanandosi da me con un ghigno divertito.
Lo vedo scomparire improvvisamente sotto ai miei occhi, attirato da una coppia di ragazzi che lo chiamano a gran voce per la loro ordinazione della serata.
Io invece, rimango lì, immobile, pietrificata.
Le parole di Charles puntano direttamente nel mio basso ventre, un mix di sensazioni eccitanti che mi fanno accavallare le gambe e stringere i muscoli tra loro.
Ripeto le sue parole nella mia testa, come se sentissi il bisogno di prendere coscienza che ciò che ha detto non l'ho solo immaginato; ma è reale.
Charles mi ha appena detto di essere interessato a me.
E lo ha fatto così spontaneamente, senza alcuna punta di disagio; l'ha lasciato uscire dalla sua bocca con così tanta naturalezza dal farmi dubitare un istante di averlo sentito per davvero.
Ed io, infatti, non so che dire.
Schiudo le labbra, ma da esse non esce alcun suono: solo un respiro trattenuto per troppo tempo, libero nell'aria.
Sollevo nuovamente il bicchiere freddo, ancora pieno davanti a me e ne bevo ancora un sorso, mentre Charles continua ad essere assente ai miei occhi.
Cerco di regolarizzare il respiro, inspirando ed espirando con così tanta calma ed intensità da  far gonfiare il mio petto ed alzare le spalle.
Guardo nel vuoto il mio bicchiere, stretto ancora nella mia mano; il contatto con il vetro umido e ghiacciato sembra essere l'unico appiglio in grado di tenermi con i piedi per terra. Nella mia testa cerco altre mille argomenti a cui aggrapparmi, che possano aiutarmi a alleviare questo senso di calore che pervade il mio corpo; ma non riesco a pensare a nulla, perché poco dopo il petto definito di Charles é di nuovo davanti a me.
Pronto a continuare la sua lenta e sensuale tortura; mentale e fisica.
Alzo lo sguardo sentendo il mio viso arrossarsi, è proprio nel momento in cui la sua bocca si schiude per dire qualcosa, forse per provocarmi di nuovo o prendersi gioco di me e vedere da vicino come io sia vulnerabile sotto ai suoi occhi, sentiamo entrambi una voce alle mie spalle chiamare il mio nome.
"Mina!" esclama una voce maschile, che riesco a sentire tra la folla e nonostante la musica alta.
Guardo confusa Charles, come se volessi che sia lui a dirmi chi ci sia alle mie spalle, interrompendoci.
Lui allunga il collo prima di me, alzando un sopracciglio. Spia oltre le mie spalle, poi guarda me con un cenno del capo, invitandomi a voltarmi subito dopo.
Il biondo afferra il suo panno e facendo una smorfia rassegnata, come a voler commentare la scena, si intrattiene strofinandolo sul lavandino poco più in là.
"Il tuo principe azzurro ti sta cercando" borbotta Charles sottovoce, ironico, allontanandosi un istante a servire un altro gruppo di ragazzi poco più in là al mio sgabello.
Mi volto curiosa, spingendo i piedi lungo la struttura facendo girare lo sgabello, ed insieme a lui, notando la figura di Max avvicinarsi al bancone.
Per quanto mi aspettassi di vederlo durante questa sera, non posso non complimentarmi con lui per l'ottimo tempismo; quasi come se fosse fatto di proposito.
Max mi raggiunge facendosi spazio fra la folla, ed io lo accolgo con un sorriso. Noto guardandolo avvicinarsi del leggero sudore sui suoi capelli, ora un po' più spettinati di quando abbiamo messo piede qui dentro. Anche il suo viso è accaldato, arrossato, mentre i suoi occhi brillano così come la sua pelle sudaticcia al contatto con le luci.
"Max!" esclamo sorpresa, mentre la sua mano sfiora ed accarezza la mia schiena nuda che al contatto con le sue dita scatta sull'attenti. Ricambio il suo abbraccio, sentendo oltre alla mano calda e protettiva di Max, anche due occhi, fissi, appartenere a qualcun altro.
"Ti stavo cercando, mi hanno detto che ti avrei trovata qui" commenta lui sorridendo, sedendosi accanto a me.
Immagino Max farsi spazio fra la folla in sala, deciso a trovarmi nonostante la scarsa possibilità di riuscirci.
Mi chiedo curiosa se abbia incontrato Isa, in effetti lei è l'unica persona tra tutti a sapere della mia presenza qui.
Mi volto velocemente verso il privé, senza riuscire però a trovarla perché vengo accecata dalla luce colorata.
Infastidita, strizzo gli occhi per recuperare la vista; abbasso lo sguardo, senza sapere se la figura di Charles sia ancora davanti a noi oppure no.
Io annuisco, riportando l'attenzione verso Max accanto a me. "Sì, beh... avevo una gran sete" gli spiego mentre mi giustifico, nonostante la motivazione sia del tutto diversa per cui io sia qui.
In realtà è una mezza verità.
Max sorride, chiedendomi cosa io stia bevendo. Riconosce il mio cocktail, dal colore trasparente e colmo di bollicine, decorato con una fettina di limone che galleggia frizzante insieme al suo contenuto.
"Sono arrivato troppo tardi?" mi domanda indicando il bicchiere con un cenno del capo, ricordandomi del nostro patto. Io sorrido, giocando con il bicchiere e facendo roteare il contenuto con movimenti circolari.
Faccio spallucce, trovando una soluzione al problema.
"Possiamo fingere che questo bicchiere non sia mai esistito" propongo sollevandolo e bevendone un sorso generoso, fino a svuotarlo completamente.
La quantità di Gin nel mio drink fa sì che la mia gola sia carbone ardente, bruciandone le pareti e facendomi strizzare gli occhi, non essendo per niente abituata ad ingerire così tanto alcol tutto in una volta.
Scuoto il capo come a voler far sparire questa sensazione orribile che ho in bocca, facendo ridere Max e Charles.
"Ci sto" commenta lui sorridendomi, mentre volta il capo ed incontra lo sguardo di Charles, che per tutto il tempo è rimasto poco distante da noi, ascoltandoci.
Il sorriso dolce di Max e le fossette di Charles spariscono all'istante appena i loro occhi si incontrano, come se entrambi avessero percepito dell'aria negativa intorno.
Io in tutto questo, sento chiaramente una strana tensione tra i due. Li guardo un istante, alternandomi più volte tra Charles e Max, senza capire che stia succedendo fra loro.
"Oscar!" pronuncia il biondo con gli occhiali, indietreggiando appena per chiamare il suo collega, volto e nome che riconosco all'istante; é sempre quel ragazzo così timido ed impacciato della volta scorsa.
Oscar appare uscendo velocemente dal retro delle porte battenti della sala dedicata allo staff, e sorridente seppur impacciato, accoglie Max ed attende la sua ordinazione.
Non comprendo all'istante il motivo di questa sua scelta; forse Charles si è rifiutato di servire Max sapendo che mi ha raggiunta al locale, interrompendo il nostro momento di intimità?
"Ciao, dimmi pure. Cosa vi porto?" mi domanda lui alzando lo sguardo ed incontrando i miei occhi.
Lo sguardo di Oscar si sposta su di me, paziente, mentre io non so che rispondere. Sento ancora nel corpo il drink che ho appena bevuto e non vorrei esagerare.
Indecisa se accettare o meno, abbasso lo sguardo.
"In realtà... ho appena finito di bere il mio Gin Tonic... vorrei prima darmi il tempo necessario per smaltirlo" commento io sorridendo forzata, sentendomi un'idiota per non essere in grado di reggere neanche un misero drink; cerco di ignorare gli occhi di Charles che nel frattempo, continua a rimanere in disparte silenzioso.
Max sembra stupito dalle mie parole. Alza le mani, rispondendo con un cenno del capo negativo.
"Non si accettano analcolici stasera" ribatte ferito, alzandosi in piedi e sistemandosi i capelli con una mano.
La folla intorno a noi attira improvvisamente la nostra attenzione facendoci voltare verso la quantità indecifrabile di persone in pista; coppie, amici, comitive, le orecchie di tutti i presenti, comprese le nostre, riconoscono dalle prime note l'insuperabile Usher e la sua DJ Got Us Fallin' In Love, e tutti sembrano impazzire. Un urlo altissimo comune riempie la sala.
Io e Max ci scambiamo quasi in sincronia uno sguardo, divertiti dalla reazione della persone intorno a noi.
Ridacchiamo entrambi imbarazzati, mente Max senza darmi il tempo di comprendere cosa stia succedendo intorno a me si avvicina al mio orecchio, facendomi rabbrividire ad un contatto così ravvicinato.
"La musica è un ottimo rimedio per smaltire l'alcol" afferma lui alzando la voce per riuscire a sovrastare il volume della musica.
La sua affermazione mi spiazza, del tutto inaspettata.
Sorrido divertita, percependo da subito il suo il suo gioco molto intelligente e furbo nel chiedermi di ballare.
Max mi porge la mano con il palmo rivolto verso l'alto, ed aspetta paziente in piedi che io faccia il resto.
Gli sorrido, indecisa se accettare o meno.
Alterno più volte lo sguardo dal suo viso alla sua mano.
Dai Mina!
Che vuoi che sia un semplice ballo?
Sei in una discoteca insieme ad altre mille persone, non puoi di certo giocare a carte, che credi?
Cosa ti trattiene?
E soprattutto, chi ti trattiene?
Volto il mio sguardo verso Oscar, ancora in piedi davanti a noi che ci sorride, imbarazzato, come a chiedergli di suggerirmi cosa fare, perché io non ho il coraggio di muovere alcun muscolo. Sposto il capo ancora un po' più in là, notando gli occhi di Charles, che rivolge la sua attenzione ed il suo corpo interamente verso di me. É appoggiato con il bacino al bancone, lungo gli scaffali pieni di superalcolici a braccia conserte.
Il suo viso è serio, tirato, concentrato a guardare il film che sto mettendo in scena da dietro il bancone, come se stesse aspettando una mia mossa.
Io ricambio il suo sguardo, abbassandolo un istante ed appoggiando la mia mano a quella di Max, riportando poi gli occhi in quelli di Charles, come a volerlo sfidare.
Nessuno.
Non mi trattiene nessuno.
Lui rimane immobile, senza muovere un muscolo apparentemente indifferente; stringe fra le mani il suo inseparabile panno, aumentando la stretta sul tessuto ed irrigidendo forte i muscoli delle braccia, ora tesi.
Sento il calore della mano di Max stringere delicatamente la mia, così mi volto a guardarlo.
I suoi occhi chiari mi sorridono così come il suo viso, sollevato nel notare che io abbia accettato la sua proposta, mentre mi affretto a scendere dallo sgabello con un abile salto ed a passo svelto raggiungiamo la pista da ballo, pronti a scatenarci a ritmo di musica.
Questa volta sei tu lo spettatore, Charles.

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