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Appena i miei piedi toccano il pavimento nell'atrio dell'ingresso della palestra, mi sembra di venire risucchiata in un'altra dimensione. Lo faccio spontaneamente, senza nemmeno rendermene conto; forse per una disperata ricerca di pace mentale, come a voler cercare a tutti i costi un momento di stop per poter resettare il cervello. La percezione che ho sulla pelle è paradisiaca: le pareti colorate della palestra mi accolgono in un modo così familiare. Riprendo improvvisamente contatto concreto con la realtà e con le persone che ho intorno; i suoni ed il brusio tipico di questi ambienti schiaccia con violenza le mie orecchie e i miei timpani, dandomi fastidio. Inoltre, la pesantezza delle 15 ore trascorse senza un attimo di stop né di sonno non mi aiutano affatto, anzi, peggiorano solamente il tutto.
Questa immensa stanchezza è così pesante sulle mie spalle che a mala pena riesco a tenere gli occhi aperti, oltre che essere così sensibile ad ogni più piccolo rumore. Mi affretto a correre velocemente negli spogliatoi al piano di sopra gettando il borsone nel primo armadietto libero, per poi afferrare la borraccia e correre giù per la tromba della scale, attraversando il corridoio deserto e saltando i gradini a coppie, per tornare nuovamente verso all'ingresso, pronta a pentirmi di non aver rimandato il mio impegno.
Passo dopo passo rifletto su quanto sia stato poco intelligente decidere di affrontare un allenamento per niente leggero nelle mie condizioni. Eppure, la mia costante necessità di controllo ha sempre la meglio.
Oltrepasso la soglia della porta del corridoio che porta alla reception ed i miei occhi catturano all'istante la schiena ampia e definita di Matt, ora impegnato a chiacchierare con la receptionist che sembra pendere dalle sue labbra. Incontro il suo sguardo e ci sorridiamo, obbligando anche Matt a voltarsi, incuriosito dalla presenza di qualcuno alle sue spalle che ha attirato l'attenzione della ragazza davanti a sé.
Sembra sorpreso, come se mi stesse aspettando da interminabili minuti.
Ed è così, infatti.
Mi sento così fortunata a non essere stata beccata dai suoi occhi appena ho messo piede in palestra, altrimenti per me sarebbe stata la fine. Avrebbe iniziato a prendermi in giro per tutto il tempo, e sono contenta di essere riuscita ad evitarlo.
O forse no.
"Sua Maestà è arrivata finalmente!" annuncia Matt con tono solenne alzando le braccia al cielo, evidenziando i suoi bicipiti stretti nella maglietta nera con il logo della palestra stampato sul petto. Come se non bastasse a farmi sentire ancora più a disagio, fa un inchino regale mentre mi avvicino, mentre nella mia testa scorrono un'infinità di insulti che preferisco tenere saggiamente tra le pareti del mio cervello.
Matt quando ci si mette sa essere davvero fastidioso!
In risposta abbozzo un sorriso imbarazzata, consapevole del mio incommentabile ritardo e non sapendo come altro giustificarmi. So benissimo che non esistano scusanti credibili, ma allo stesso tempo cerco di mantenere ben salda quel briciolo di dignità che mi rimane e mi ha convinta che potesse essere una buona idea venire qui, nonostante tutto.
Mi mordo l'interno della guancia nervosa, mentre stringo tra le mani la borraccia come tentativo estremo di cercare di evadere da questa immensa figuraccia in cui sono immersa fino ai capelli, facendo così fatica a mantenere il suo sguardo per più di cinque secondi.
Ritiro le labbra, premendole tra di loro con forza. Percepisco all'istante la carica esplosiva di Matt mettere mano sulle sue munizioni, puntando la sua pistola astratta alla mia tempia. Ma nonostante ciò conoscendo abbastanza Matt riesco comunque ad anticipare qualsiasi suo tentativo sputare battute poco divertenti davanti alla receptionist che osserva la scena divertita.
"Lo so, lo so, non dire niente, ti prego" agito le mani supplicandolo di non affondare ancora di più il coltello della vergogna nell'enorme ferita che sembra più una voragine ai miei occhi. "Mi sento già infinitamente in colpa per averti fatto aspettare così tanto" continuo giustificando il mio ritardo, senza dargli apparente modo di ribattere con le sue frecciatine pungenti.
Matt mi ascolta incurvando le labbra, annuendo e dandomi la piena ragione. L'imbarazzo sul mio viso è a dir poco evidente, talmente tanto da infastidirmi nel non riuscire a camuffare alcuna emozione.
Matt mi squadra da capo a piedi, notando il completo scuro che indosso arrivando fino alle mie scarpe.
Rivolge poi la sua attenzione sul mio viso, che sembra urlare così esplicitamente quanto io abbia bisogno di dormire. "Sono solo preoccupato per te" risponde fingendosi improvvisamente preoccupato con quel tono sarcastico che mi fa solo innervosire.
Mi viene incontro prendendosi gioco di me, mettendo in scena un piccolo teatrino come a volermi farmi sentire ancora più a disagio; mi tocca la fronte con le mani, volenteroso a sentire la mia temperatura corporea, proprio come farebbe una mamma decisamente troppo apprensiva.
"Sicura di stare bene? Hai una faccia" mi domanda dubbioso alzando un sopracciglio; non riesce a trattenere una risata che contagia anche me.
Incrocia poi le braccia davanti a sé, facendomi successivamente segno con il capo di seguirlo, incamminandoci insieme verso la fila di tapis roulant.
Sbuffo nervosa, infastidita da come Matt non abbia perso tempo a farmi ricordare le mie pessime condizioni. Alzo le sopracciglia, seguendo il suo passo a testa bassa. "Sto bene, Matt" sospiro alzando gli occhi al cielo. "Sono solo 15 ore che non dormo" ribatto sarcastica, sentendolo ridacchiare con occhi sgranati.
Salgo velocemente sul tapis roulant, appoggiando la mia borraccia nell'apposito spazio; Matti lo avvia, impostando una corsa leggera per potermi riscaldare.
"Facciamo un riscaldamento veloce" mi spiega come a volermi rincuorare. Io annuisco, iniziando ad accelerare il passo; Matt sempre più curioso di saperne di più, si appoggia di peso sul bracciolo sinistro dell'attrezzo, mentre io mi affretto a raggiungere il livello dell'andatura ideale impostata sullo schermo.
"Non dirmi che sei stata di nuovo a Il Faro" mi domanda lui retorico, appoggiando i gomiti sulla plastica ed osservando la piccola tabella con il timer e le calorie aumentare lentamente.
Annuisco con il capo, sentendo piano piano il fiato spezzarsi data dallo sforzo del mio corpo; cerco di concentrarmi sulla corsa e rispondo a Matt come riesco, regolando il respiro.
"Sì, è un miracolo che io sia qui viva e vegeta oggi" scherzo ridacchiando, rendendomi conto di quanto io mi senta estremamente stanca anche durante questo semplice riscaldamento.
Matt mi sorride in risposta; stringe le labbra pensieroso come se stesse riflettendo sulle mie parole.
Inclina il capo, concordando con me. "Beh, dal tono in cui mi hai risposto quando ti ho chiamata pensavo ti fossi dimenticata del nostro appuntamento" mi punzecchia, aggrottando le sopracciglia e tornando sul mio viso accaldato.
Beccata, Mina.
Sento le mie guance avvampare, mentre rifletto indecisa se ammettere che Matt ci abbia preso in pieno o se continuare a fingere che si stia sbagliando. Ma non lo faccio, consapevole di quanto il silenzio in alcuni casi sia l'unica scelta. Mi limito a sorridergli imbarazzata, senza aggiungere altro; preferisco lasciargli il beneficio del dubbio, piuttosto che sprofondare nell'onesta sincerità e fare la figura della smemorata.
E dai!
Non posso di certo raccontare a Matt che mi sono completamente dimenticata di qualsiasi cosa perché ero rinchiusa nella mia gabbia astratta con Charles, no?
Direi di no.
Sarebbe troppo per me, davvero imbarazzante; sento di non voler condividere questo dettaglio con chiunque. Anzi, ne sono alquanto gelosa. E' come se volessi custodire queste ore trascorse con Charles sotto ad una campana di vetro, per paura che possano fuggire, che possano distruggersi o incappare di mani estranee alle mie. I momenti che ho passato con Charles, seppur non intimi e di circostanza, sono per me la rosa de la Bella e la Bestia. Preziosa, pura, delicata.
Per fortuna Matt mi lascia correre sul tapis roulant per solo quindici minuti, e gliene sono così infinitamente grata per non avermi fatto soffrire ulteriormente. Una volta terminato il mio riscaldamento infatti, seppur così semplice, sono più stanca di prima. Scendo dal tappeto con le gambe doloranti, senza fiato; mi appoggio sui gomiti, sporgendomi in avanti, prendendo quanto più fiato possibile.
Matt mi osserva, mentre prende la mia borraccia dall'apposito contenitore e sfila con l'altra mano il suo cronometro dalla tasca. Estrae anche il suo cellulare, probabilmente cercando la nuova scheda di esercizi che mi accompagnerà per altre interminabili settimane. Con un cenno del capo poi mi invita a seguirlo verso la sala pesi poco distante, luogo in cui avrei dovuto aspettarlo da chissà quanti interminabili minuti.
Preferisco non ricordare quanto io sia stata stupida a dimenticarmi di una cosa così importante per me.
L'allenamento simboleggia una terapia per il corpo e per la mente per me; mi aiuta a scaricare la tensione, a ritrovare quell'equilibrio mentale che non riesco a mantenere per via di molteplici variabili, insieme ad una pace interiore che nemmeno gli esseri umani riescono a trasmettermi.
Seguo Matt a passo svelto; ci facciamo spazio tra i molteplici attrezzi per raggiungere finalmente gli specchi e la sezione delle panche, affiancati da numerosi manubri e bilancieri.
Mi guardo intorno curiosa, notando che nonostante l'orario, oltre a noi ci sono anche altri ragazzi, troppo immersi nel loro allenamento per soffermarsi ed accorgersi della nostra impercettibile presenza.
Li osservo velocemente mentre Matt appoggia gentilmente le mie cose sulla prima panca nera libera, quando un ragazzo in particolare cattura la mia attenzione. Sembra che proprio nello stesso momento entrambi abbiamo deciso di incastrare i nostri occhi.
O almeno, così sembra. Perché in realtà non sta guardando me, ma il mio personal trainer, troppo impegnato a controllare il suo cellulare per accorgersi dei suoi occhi.
Il biondo mantiene lo sguardo su di lui; si accorge della presenza di Matt come se lo stesse cercando da chissà quanto tempo e si incammina verso di noi. Riesco ad osservarlo meglio mentre si avvicina; mi rimprovero mentalmente per la pessima abitudine di non avere mai con me gli occhiali da vista, perché nel momento esatto in cui i miei occhi prendono contatto con il suo volto più ad una distanza maggiormente ridotta, sento le gambe cedere. Indossa una maglietta aderente nera, così come i suoi pantaloni marchiati Nike che sfiorano larghi le sue ginocchia. La folta chioma color biondo cenere copre la sua fronte in un ciuffo spettinato che gli solletica appena le sopracciglia definite. Sotto di esse, due occhi della stessa tonalità di quelli di una persona che continua a tormentare la mia mente, mi ipnotizzano. Anche le espressioni sono pressoché identiche. Guardandolo meglio, noto delle leggerissime differenze nel suo viso, più giovanile, più ovale. Le sue labbra inoltre sembrano più timide, riservate; mi sorride appena, tirandole leggermente; mai aperte in un ampio sorriso.
E' incredibile.
Non può essere... assomiglia così tanto a... Charles!
Stento a credere ai miei occhi, talmente stordita da quello che sto guardando che li strizzo come per accertarmi che tutto questo non sia solo un'allucinazione.
Invece no, è pura realtà.
Un ragazzo maledettamente somigliante a Charles si materializza davanti a noi.
Mi guarda, accennando un mezzo sorriso, per concentrarsi di nuovo su Matt. Il suo è un sorriso che seppur appartenga ad un'altra persona, sento così familiare, conosciuto.
Ma come è possibile?
Scuoto il capo incredula, mentre sento la voce di Matt ovattata e distantissima, ignorando così ogni singola parola del suo discorso. Nascondo le mani dietro la schiena e ne approfitto per darmi un piccolo pizzicotto sul braccio, come a voler cercare la conferma da parte del mio corpo che io non sia vittima di qualche incantesimo strano.
Non sto sognando.
Questo ragazzo è identico a Charles. La sua copia.
Dopo essermi presa abbastanza tempo per osservarlo, il biondo riesce a catturare l'attenzione di Matt che finalmente solleva il collo dal suo telefono.
I loro occhi si incontrano e si sorridono all'istante.
"Arthur" esclama Matt andandogli incontro, mentre io osservo la scena con occhi sgranati, inaspettata.
Arthur, ripeto mentalmente. Memorizzo velocemente il suo nome nel mio magazzino mentale, rimanendo una spettatrice.
Il biondo in risposta, gli sorride. "Ciao Matthew" risponde lui all'appello, chiamando a sua volta il moro, stringendogli la mano. Una scia di brividi immensa percorre ogni singolo centimetro del mio corpo.
La voce di Arthur riecheggia nel mio cervello come un eco infinito, mentre la mia testa va in un batter d'occhio in cortocircuito.
Questo ragazzo non solo è la copia di Charles, ma perfino sua voce è maledettamente uguale alla sua!
Non c'è ombra di dubbio: deve essere suo fratello.
Per forza, non possono esserci altre soluzioni!
Oppure, potrebbe essere uno dei sette sosia che ognuno di noi ha sparsi per tutto il mondo.
Già... ma che sto dicendo?
Cerco per quanto possibile di rimanere discreta mentre i miei occhi continuano a scrutarlo attentamente; dal modo in cui i due si salutano davanti ai miei occhi, dandosi il cinque con una leggera spallata amichevole, mi fa comprendere all'istante che i due non siano affatto due sconosciuti. Anzi.
Sono agitata, nervosa, irrequieta. Sorrido imbarazzata ad entrambi, mentre scambiano quattro chiacchiere amichevoli, incrociando nuovamente lo sguardo di Arthur. Il biondo gesticola animatamente indicando il rack poco distante a noi, chiedendogli qualche piccolo suggerimento per un utilizzo ottimale dell'attrezzo.
Dopo essermi presa abbastanza tempo per osservarli con così tanta insistenza da essere inopportuna, il moro si accorge del mio imbarazzo e non perde tempo per presentarmi al biondo.
Si scusa con Arthur, interrompendolo.
"Lei è Mina" mi introduce Matt schiarendosi la voce, notando i miei occhi fissi su di loro, probabilmente sentendosi in dovere di introdurmi nei loro discorsi pur di non farmi sentire in disparte.
Arthur sorride, tirando appena le labbra. Si volta lentamente verso di me, incontrando i miei occhi ed allungando la mano per stringere la mia; la sua presa è morbida e delicata, così leggera da sentirla sulla pelle come una dolce carezza.
"Piacere" rispondo io timidamente accogliendo il suo gesto, mentre riporta la sua attenzione verso Matt. "Arthur" risponde lui, imbarazzato quanto me da questa nostra presentazione palesemente forzata.
Matt sembra percepire infatti una strana pesantezza nell'aria mista ad un tocco di disagio che preme sulle nostre teste, così cerca di accelerare lo scambio di chiacchiere con Arthur, senza sembrare maleducato.
I due ragazzi si intrattengono ancora qualche instante, tra cenni del capo e sorrisi forzati da parte mia, sentendomi così di troppo nei loro discorsi.
Dopo essersi salutati con un sorriso, ed uno verso di me, Arthur si allontana per tornare al suo attrezzo; mi sembra di riprendere a respirare normalmente.
Fino a poco fa mi sembrava di avere la testa sott'acqua, come se fossi obbligata a dover trattenere il respiro più a lungo possibile.
Matt a sua volta torna di nuovo a concentrarsi su di me, mentre i miei occhi seguono ancora il profilo di Arthur, ora di spalle alla sua posizione, fronteggiando il rack. Beve un sorso d'acqua dalla borraccia, tornando poi a concentrarsi sulla sua serie di trazioni. Matt, da immancabile osservatore dei dettagli sempre al momento giusto, nota all'istante il mio sguardo disperso; segue i miei occhi e si accorge che sono ancora incollati al biondo, così interviene per riportarmi alla realtà. Le parole escono dalle labbra del moro come a rallentatore, creando in me un enorme senso di panico.
"A proposito de Il Faro" inizia Matt indicandomi il ragazzo con un cenno del capo, "lui è il fratello più piccolo di uno dei barman del locale" mi informa con un ghigno provocante sul viso, mentre si avvicina allo specchio per sollevare con estrema leggerezza due manubri di 10kg l'uno, per poi appoggiarli sulla panca nera ora davanti alle mie gambe.
Il mio cuore perde un battito.
Lo sapevo!
Avevo ragione!
La loro somiglianza è così evidente che credo chiunque se ne fosse accorto.
Matt infatti sembra avermi letto nel pensiero; probabilmente deve aver intuito della mia perplessità, ricordando che fino a poche ore fa ero proprio nello stesso locale in cui lavora suo fratello. Mi chiedo se Matt lo abbia fatto di proposito, oppure se sia stata spontanea curiosità, unendo tutte le informazioni ricevute, date le circostanze.
Mi limito a non dare modo a Matt di tormentarmi di nuovo. "Sì, ho presente" rispondo a denti stretti, decidendo di non aggiungere altro. E' tutto già abbastanza imbarazzante; ma nonostante ciò, la consapevolezza di sapere chi Arthur sia, mi trasmette quell'immensa soddisfazione e appagamento che credo di aver provato poche volte.
Nella mia testa è come se io fossi nel pieno potere di poter dire "tu non lo sai, ma io so chi sei. Io ti conosco". E questo mi fa sentire così padrona, così potente rispetto agli altri.
Scaccio questa sensazione dalla mia mente e riporto l'attenzione su Matt che inizia a spiegarmi nel dettaglio la scheda e mi mostra passo per passo tutti gli esercizi, senza farmi perdere l'occasione di curiosare oltre la sua figura per osservare di sfuggita Arthur, trovandolo sempre più somigliante a Charles. Lo cerco di nascosto, quasi sotto copertura approfittando dei movimenti di Matt in cui non mi sta guardando, come una ragazzina.
Gli somiglia così tanto, è incredibile. Nelle espressioni, nei movimenti, del modo in cui abbassa il capo, quando sorride... wow.
Eccomi qui, di nuovo a pensare a lui.
Per una manciata di minuti sono stata in grado di esternare qualsiasi mio pensiero dal biondo con cui ho trascorso le ultime ore, eppure, il destino ha trovato comunque il modo di farmi tornare nuovamente a lui; ad immaginarlo, a pensarlo, a cercarlo addirittura tra le persone.
Mi chiedo infatti se anche Charles sia un frequentatore abituale di questa palestra come Arthur; data la vicinanza con l'erboristeria di sua madre potrebbe essere una probabilità.
Ma non posso basarmi solo su presupposizioni... mi è difficile trovare una risposta certa a questo quesito.
Sarei proprio curiosa di sapere se ci sarà mai un giorno in cui ci troveremo insieme qui dentro, con quel gioco di sguardi e quelle provocazioni che sto riconoscendo come segni distintivi del nostro rapporto, che ci tiene uniti, ci avvicina e ci stuzzica, nonostante tutto.
Nella mia mente frulla questo pensiero che so per certo mi martellerà le tempie per tutto l'allenamento, ma cerco di contenerlo. Mi concentro di nuovo su Matt, obbligandomi a rimanere fissa sul momento, ascoltando con attenzione i suoi suggerimenti per movimenti efficaci e perfetti di un allenamento che so già distruggerà ogni singolo muscolo della parte superiore del mio corpo.
Concentrati Mina, isolati da tutto e da tutti!

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