12- ARE YOU A 𝐻𝐴𝑅𝐸 IN WINTER?

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Quella sera Hannaline rientrò alla Residenza Baltasar inquieta. Durante il tragitto in auto non aveva fatto altro che ripensare, minuto per minuto, al pranzo con il Principe Valentine. Aveva ancora impressa la sua voce nella mente e il calore della sua mano sulla pelle. Ma più di ogni cosa aveva quella fiaba nelle orecchie. L'aveva angosciata. Come un leprotto in inverno... Quella metafora l'aveva tormentata, ma non sapeva dirsi perché.

Le aveva provocato una feroce nausea.

Nemmeno l'intervento di Bruce aveva sortito effetto. La loro abituale chiamata serale era stata grigia, vuota: lei magra, lui indolente. Si era chiusa in meno di una manciata di minuti.

Non aveva sorriso. Neanche una volta. E di solito la voce di Bruce la rallegrava.

Sulla soglia della Residenza, non salutò alcuno e non si fermò. Si fiondò in quella che sarebbe stata la sua stanza per qualche giorno con quella frase ad assillarla.

Come un leprotto in inverno...

Ascoltando la pelle intirizzita dai venti della sera, si buttò sotto la doccia, bollente. Uscì solo dopo una buona mezz'ora. Sempre turbata. Indossò una candida sottoveste di seta; i lunghi capelli zuppi d'acqua la inumidirono, ma quasi non lo notò. La sua mente era altrove. Si domandò perché non trovasse una ragione alla sua inquietudine. Potevano davvero essere quelle cinque parole? Si sedette accanto all'ampia finestra, a gambe al petto e piedi scalzi. Cinque stupide parole di una storiella senza senso? Guardò fuori: in lontananza, le luci dello Snodo si scontravano con le prime ombre della sera.

Come un leprotto in inverno...

Perché l'agitava tanto? Abbassò lo sguardo sulla mano destra e formò nel palmo una piccola lepre di viticci sottili e morbidi; saltellava, gioiosa di vita di propria. Le percorreva le dita, le solleticava la pelle, le correva sul dorso e sulle nocche. Era così dolce, delicata e...

Fragile. Forse, si disse, era quello che la turbava, quanto quella stupida metafora fosse intrisa dell'idea di debolezza. Il Principe aveva detto di esserlo, le aveva chiesto di proteggerlo anche dalla stessa Convergenza, ma allora perché...

Sento di essere io quella debole?

L'ira le montò nel petto e l'animaletto di viticci rinsecchì. Come poteva saltarle in mente un pensiero tanto becero? Non era da lei.

Frantumò la lepre tra le dita in un'unica mossa fluida, indossò il primo abito dalla sfumatura verdognola che le capitò sottomano e, una volta che ebbe asciugato e intrecciato i capelli, andò a cena.

~~~

Fu parca di parole persino alla tavola semivuota. Oltre a Bastien, mancavano Andrew, Portia e Anteo. Gli altri componenti della Convergenza, Ernest, Remus e Cyrus discutevano, come solevano fuori dalle riunioni, di bieche frivolezze. Non si unì: sia perché non amava i discorsi futili, sia perché non ne aveva alcuna voglia o, peggio, interesse. Mangiò un boccone del filetti di branzino che le avevano servito sotto il naso e mal sopportò il ciancicare svogliato di Cyrus, al suo fianco. Si domandava come potesse un uomo di così prestigiosi natali, ruminare al pari di una vecchia capra.

Fu Remus, seduto di fronte a lei a tirarla nel dibattito. «Tu che ne pensi, Hannaline?»

Non aveva seguito una parola. Dunque, sviò. «Andrew?»

«Ha chiamato poco prima che rientrassi», rispose Ernest, «Ha avvisato sia tua sorella che suo nipote. Sarà di ritorno all'incirca tra due giorni con Emile. Dovrà esserci anche lui agli incontri nello Snodo delle prossime settimane.»

Accompagnandosi con lieve cenno d'assenso, Hannaline accomodò il tovagliolo ricamato sul tavolo. «Continuate pure senza di me» asserì e si alzò.

Malgrado il tentativo di persuaderla di un Remus in chiara apprensione, non cambiò idea e non diede spiegazioni. Rispose con un'acidità che, lo sapeva, il Wizja non meritava.

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora