10 - ONE FLEW OVER THE 𝑀𝐴𝐿𝐼𝐺𝑁𝐴𝑁𝐶𝑌'S NEST

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«Ora che facciamo?!» Toad svolacchiava e strepitava, mangiucchiandosi isterico le unghie verdognole. «E Sue?! È viva?! Dimmi che lo è!»

Ancora appeso sul vuoto con un braccio sanguinante, Arteh non credeva alle sue orecchie. Susanne Cornelia Bertran non era un'Iskra? Com'era possibile? Era vero? No, non lo è. I Ballari l'hanno attaccata. Non l'avrebbero fatto se non lo fosse!

Ma che importanza poteva avere? Non era riuscito a tenerla, era precipitata nel buio dell'Antisala, in un luogo che neanche lui sapeva cosa potesse contenere. E lui? Avrebbe presto fatto la stessa fine. Il braccio sanguinante gli infliggeva fitte lancinanti minuto dopo minuto, la tuta impregnata di liquido bruno gli sembrava che pesasse un quintale, la pelle secca di bruciatura tirava e le mano che ghermiva la salvifica lingua di terra era stanca e dolente. Reggere la ragazza e il suo dondolio in quelle condizioni era stata una sofferenza. A tratti, aveva persino temuto di perdere i sensi.

Con tutto quel buio. Anche la voce squillante di Toad si perdeva. Diventava ovattata, lontana. E forse successe. Non ne fu certo. Dopotutto, era spossato. Gli occhi si chiusero da soli. Le dita scivolarono lungo il filo della roccia; la presa sfumò. Come tutto ciò che lo circondava. E fu senza peso.

Non percepì alcunché.

Nulla. 

In un vacuo abbraccio annichilente e freddo, l'Antisala lo trascinò con sé per un polso.

Nel buio.

Nel silenzio.

Finché un potente schiaffo non gli arrossò una guancia. D'un colpo, fu vigile, a occhi spalancati e steso laddove prima era appeso.

«Diventi ogni giorno più imbarazzante.»

Fu la voce di Josh, sprezzante. Lo vide. Era accanto a lui, a braccia conserte e sopracciglia inarcate, e lo guardava dall'alto in basso con sufficienza. Non attese che si alzasse per soggiungere: «Dov'è Susanne?»

Tiratosi in piedi ancora frastornato e con non pochi mugugni di dolore, Areth si occupò del proprio braccio. Poggiò la mano guantata sulla ferita e la pelle ripose: cominciò a modellarsi sotto la tuta larga e a ricucirsi centimetro dopo centimetro. Avrebbe impiegato tempo, ma smise di spandere sangue bruno. «S-susanne?» tartagliò.

«Dovrebbe essere qui.»

«Come lo sai?»

«Non sono affari tuoi.» liquidò. «Dov'é?»

Areth temporeggiò. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che aveva lasciato cadere Sue in un'immensa gola oscura che dava sul nulla? Che poteva essere...Chiuse gli occhi. No, non volle pensarlo. È viva, deve esserlo, si disse. E mentre Toad svolazzava come un indemoniato con le mani nei capelli o a stritolare il berretto, farfugliò a labbra tese. Bastò una parola.

Josh s'accigliò. «Puoi ripetere?»

«... Giù.» disse una seconda volta.

Il giovane Lord si avvicinò al bordo e guardò oltre. Poi fu di nuovo su Areth. «Intendi, laggiù?»

Contrito, lui annuì.

Calò un opprimente silenzio in cui entrambi i ragazzi fissarono il vuoto. Persino Toad si calmò per unirsi a loro. Tuttavia, durò poco. Una voce irruppe all'improvviso. Fu sgomenta, spaventata... Fu quella di Areth dopo che Josh, senza rivolgergli lo sguardo, l'ebbe spinto nel precipizio buio dell'Antisala.

~~~

Non sono un'Iskra!

Fu sui residui delle sue parole che, nell'oscurità, Sue aprì gli occhi.

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora