21 - SARABAND FOR 𝑀𝐼𝑆𝑃𝐿𝐴𝐶𝐸𝐷 LOVERS (p.1/2)

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Quella notte, Sue ebbe gli incubi. Sognò l'Immersione: Galia, Lucio, Marcus, Xavier, il Giudizio. Rivede i volti sgretolarsi in cenere e il sangue; si svegliò madida di sudore con l'impressione che le colasse sulla pelle. Vomitò, per sei volte; alla settima, con la gola inacidita, buttò fuori solo aria. A colazione non ebbe il coraggio d'ingoiare un boccone. Joanna cercò di invogliarla con della frutta fresca, ma finì per tampinare un pezzo di mela con una graziosa forchettina d'argento. Sentiva che, se avesse mangiato anche una briciola, il suo stomaco si sarebbe ribellato.

«Che ti ha fatto?»

La voce di Areth non la sorprese. L'Asservita l'aveva avvisata: il ragazzo era rimasto davanti alla porta di Iris tutta la notte. Dal viso sciupato e i vestiti del giorno prima stropicciati, era anche lui sottosopra.

«Chi?»

«La mela.»

«Non ho fame» disse piano Sue. «Iris?»

«Non vuole parlarmi» sospirò avvilito. E continuò. Sue lo guardò, punzecchiando il cubetti di mela, ma non lo ascoltò. Aveva in testa le parole di Josh. È possibile che Areth mi abbia aiutato per un secondo fine? È sempre stato sincero, diretto, premuroso, un amico... Eppure, ne era consapevole, l'ipotesi di Josh non era inverosimile: era comunque un Necromant insofferente alla sua condizione. In più, Iris...

«Sue?» Areth le stava sventolando una mano davanti agli occhi. Si era imbambolata. «Quella mela diventerà poltiglia, se continui. Vedrai che con Iris... risolveremo. Ha bisogno di tempo.»

Sue annuì: non sapeva cosa dire. Iris avrebbe potuto non rivolgerle più parola. E di lui? Poteva davvero fidarsi? Era certa solo della lezione di Mr. Cooper e preferì avviarsi. Biascico un saluto e uscì, conscia degli occhi del ragazzo sulla schiena.

L'agitazione e la stanchezza l'accompagnarono fino a ciò che sembrava la perfetta rappresentazione fisica d'una certezza: il vecchio edificio della classe di Storia Zivel. Benché avesse solo cinquant'anni, sembrava piantato lì da secoli. Cos'altro poteva rassicurarla più di un simbolo di resilienza dopo quei giorni d'inferno?

La risposta arrivò assieme a un tuffo al cuore e un pizzicore sulle guance. Tra il via vai di studenti in divise sgargianti, c'era Josh che, appena la notò, le sorrise e la raggiunse.

«Come ti senti?» le chiese.

«Bene» mentì. Aveva dormito uno schifo, doveva avere due occhiaie tanto livide che nessuna cipria avrebbe potuto nascondere e la sua vita le stava sfuggendo dalle mani come sabbia fine. Ma non lo disse e non seppe perché. Ogni volta che si trova davanti Josh, il suo cervello non ragionava. In quel momento, si stava chiedendo come potesse essere sempre perfetto coi capelli vaporosi, la pelle luminosa, il profumo dolce...

E qualcuno urlò il suo nome.

Si voltò. Mr. Cooper la stava raggiungendo a passo svelto nel suo completo gessato e appena le fu di fronte disse: «Signorina Bertrán, vorrei scambiare due parole con lei prima della lezione, in privato»

«Lady» corresse Josh.

Il professore raddrizzò gli occhiali sul naso importante. «Conosce la mia opinione in merito, Lars»

«Sbagliata.»

«Equilibrata, direi.»

Si scambiarono un'occhiataccia e Sue la colse. «Ho fatto qualcosa che non dovevo?» Sapeva che la risposta era sì, ma il professore scosse il capo. «Di cosa si tratta, allora?»

Mr. Cooper temporeggiò. «Di sua sorella.»

«Mia sorella?»

«Ci sono dissapori nella Convergenza, ultimamente?»

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora