18 - 𝐵𝐿𝑂𝑂𝐷 𝐽𝑈𝐷𝐺𝐸𝑀𝐸𝑁𝑇 CAN'T WAIT (pt.2)

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Nell'austera stanza di Marcus, Areth indossò l'uniforme bianchissima della Convergenza. Non volle aiuti e se ne pentì: troppi cordoni dorati da agganciare mentre s'arrovellava per capire quale fosse la giusta maniera per avvoltolarsi la fusciacca verde alla vita stretta o perché la manica destra mancasse. Il colletto rigido, poi, era il peggiore: sembrava che volesse azzannargli la gola.

Che cerimonie inutili, pensò con un astio che non gli apparteneva. Osservando il Lord nello specchio incassato in una dell'ante dell'armadio di noce, rivide la confusione che regnava nella sua testa nella passamaneria: cordoni erano stretti in un intreccio intricato quanto i suoi pensieri, che dondolavano tra l'Accademia e la Reggia Rossa.

Coprì quello scempio legandosi l'ultimo pezzo della divisa, la lunga cappa verde, alla base del collo, mentre si chiedeva come e quando la situazione gli fosse sfuggita dalle mani. Dalla lettera che aveva incoscientemente scritto per Iris? Da Josh? Uscito dall'Immersione sapeva che avrebbe dovuto affrontare il problema. Come dico a Iris che il suo migliore amico mi ha fatto espellere, senza spiegarle il perché? Poi, Jeremiah darà di matto...

E lì? Più il Giudizio di Sangue s'avvicinava, più si convinceva che salvare Galia fosse un errore. Allora perché non voglio che muoia? C'era qualcosa che... Forse, si disse guardando gli occhi smeraldini, era solo Marcus. Ogni volta che pensava a Galia, temeva di perdersi.

Il Lord era un tumulto d'emozioni contrastanti - dall'ira passava all'affetto- arduo da tenere a freno. Odiava la Lady, lo sentiva: non riusciva a perdonarle di aver voltato le spalle al Principato, d'esservi votata a una causa che aveva gettato gli Zivel ed Hemera in un nuovo caos, di aver provocato la morte delle figlie di Nathaniel. Eppure, le era legato nel profondo con un amore fraterno così puro che a tratti Areth lo confondeva con quello vero.

Una bussata alla porta l'attirò. «Avanti.»

Sulla soglia, apparve Clara, accompagnata dal fumoso Perpetuo. Era vestita con la medesima uniforme, più ordinata. Il braccio destro nudo e scuro risaltava su quel mare di bianco e la gonna, agghindata dalla fusciacca giallastra coordinata alla cappa appuntata sulla sola spalla sinistra, si modellava sul ventre gonfio.

«Non si indossa così.» dichiarò, adocchiandolo.

«E come?»

Clara gli s'avvicinò e gli slegò la cappa verde per sistemarla alla stregua della propria. La fermò con una grossa spilla dorata, costellata di smeraldi brillanti, dall'aspetto pesante. «Il braccio resta scoperto perché tu, membro della Convergenza, sei il braccio destro del principe.»

Areth non si trattenne. «Ma come fa?»

«A fare cosa?»

«A servire ogni giorno l'uomo che ha contribuito a uccidervi.»

Il riso di Clara s'incupì. Abbassò gli occhi guerci sui cordoni annodati e, silenziosa, prese a districarli con le dita affusolate. «Servire non è la parola adatta.» asserì. «Assisto. Guardo. Rispondo se è necessario... sperando che la mia presenza impedisca che succeda una seconda volta.»

«Non può saperlo», obbiettò Areth con una veemenza in gola che non s'aspettava. «Magari nella Convergenza arriverà un pazzo che vi vedrà come minaccia.»

«Perché dovrebbe?»

«Ipotizzo.»

«Un'assurdità?»

«Non può esserne certa. Se...»

Clara s'arrestò, a occhiata ammonitrice. «Attento, Areth, i fervori giovanili non sempre sono fedeli consiglieri. Soprattutto in politica. Ti cacciano in grossi guai.»

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora