8) L'assedio

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Riccardo andò incontro ai sei cavalieri. Con una stretta di mano e una botta di spalla ringraziava di essere accorsi ad aiutarlo.

Si fermò di fronte a sir Goffredo!
«Sir Goffredo, siete stato di parola. Il vostro dardo è stata un idea geniale, non speravamo giungeste così presto. Avete notizie di Cecilia?»

«Sta bene. Era così preoccupata che voleva venire anche lei. È molto che non la vedete?»
«Siamo sempre a rischio così vicini ai territori francesi che non posso lasciare indifeso il feudo. Non mi sono mai sentito di venire nel Maine...ero certo che lei non volesse più vedermi.» con il volto corrucciato scacciò via i pensieri con un gesto della mano, e cambiò discorso «Siamo appena una cinquantina di uomini all'interno, abbiamo ora anche i contadini accolti sotto la nostra protezione.
Abbiamo provviste e risorse limitate ma per un mese di assedio potremmo resistere.
Altrimenti dovremo cacciare chi non è in grado di combattere»

«Spero non sia necessario. Alle vostre si aggiungeranno le nostre, non molto ma ogni cavallo ha la sua bisaccia aggiuntiva. Re Enrico verrà prima possibile, solo non può lasciare sprovvisto il fronte a sud dove attualmente c'è battaglia. Teme che re Filippo II Augusto stia cercando di indebolire il fronte costringendoci a difendere dagli attacchi ad est.»

«Quindi non è certo che arrivi?»
«Manderà degli uomini, ma non ci aspettiamo grandi reggimenti, un duecento uomini forse, ma ben armati. I migliori li potete vedere qui. Sono quelli che mi affiancano in ogni battaglia.»

Sir Riccardo era un bell'uomo di cinquantasei anni, aveva lunghi capelli grigi e una barba curata dello stesso colore. Aveva nell' incedere una leggera zoppia dovuta ad'una vecchia ferita d'arma mal curata.
Camminava verso l'entrata nelle mura interne facendo segno ai sei cavalieri di precederlo.

All'interno il salone aveva un pavimento lucido, non in pietra come nel feudo del Maine. Ogni particolare riportava a memoria fasti di ricchezze passate. Agli uomini venne offerto da bere.

«Venite Goffredo. Mia moglie e mia figlia vogliono conoscervi. Solo una volta vennero a trovare vostra moglie ma voi non foste presente.»
«Non sono stato quasi mai nella contea del Maine ma conto di recuperare presto. O di portare Cecilia con me in Normandia .»

Sir Riccardo fece un volto corrucciato, ricacciava spesso il pensiero della figlia, che ogni volta richiamava sensi di colpa e un autocondanna inesorabile.

«Ditemi Goffredo, è tanto cambiata Cecilia?»
«Enormemente cambiata direi. Non l'avrei riconosciuta da quel che era.»

Sir Riccardo gli fece strada e dopo le prime mura e le seconde entrarono nella parte più interna del feudo.
Goffredo si bloccò e la bocca si socchiuse per un istante in un mormorio: «Cecilia»

«Come dite?» chiese Riccardo
Goffredo stava fissando una donna che sembrava in tutto e per tutto Cecilia.
Affianco a questa vi era una donna più matura che gli venne presentata come la madre di Cecilia. Matilde aveva tratti e colori irlandesi, di certo le figlie ne avevano preso una parte, ma i capelli della donna erano di un rosso più ramato, meno intenso e scuro di quelli delle figlie mentre gli occhi erano identici per taglio e colore per tutt'e tre le donne.

«E questa è l'altra mia figlia Margó.»
Goffredo abbassò il capo a mo di saluto
«Signore! Scusate il mio comportamento di poco fa. È che voi somigliate molto a Cecilia. Anzi! Siete quasi identiche.» poi si rivolse a Riccardo «se volete sapere quanto è cambiata vostra figlia, basta che guardate l'altra..

Goffredo non riusciva a togliere gli occhi da Margò, la ragazza arrossì imbarazzata poi gli rivolse un sorriso e gli parlò.
«Ci spiace duca che dobbiamo conoscerci in questi frangenti.» Goffredo strizzò gli occhi, per lo meno la voce non era uguale, quella di Cecilia era più morbida, voluttuosa, a volte brillante. Mentre quella di Margó era più acuta, a tratti nasale, misurata e monotona.

Rossa come le fiammeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora