cap. 20

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mi svegliai in una stanza bianca, potevo riconoscere quelle pareti anche al buio, mi voltai e vidi la mia tastiera vicino alla finestra, il mio armadio
non può essere
ero in camera mia?
feci per alzarmi quando sentii una fitta al petto, mi risdraiai trattenendo il respiro dal dolore.
mi voltai e sul comodino c'era una lettera
"Caro Alex, sono Lorella, come stai?
se leggerai questa lettere vuol dire che ti sei svegliato nella tua cameretta, non allarmarti, ti abbiamo dato qualche giorno per staccare da Amici, non sei eliminato, non è colpa tua se soffri di attacchi di panico. potrai rientrare quando ti sentirai pronto, basta avvisare tramite email.
buon riposo, un bacio
-Lorella-

feci un sospiro, provai ad alzarmi ma non ci riuscivo a causa dei tagli, non l'ho dato a vedere ma in questi giorni ci ho dato dentro...

"ciao ale" era mia sorella
"ciao" fu l'unica cosa che dissi
"la mamma è al lavoro e papà è in garage, posso?" disse indicando il mio letto, ha sempre rispettato i miei spazi capendo anche il motivo per cui io non volessi nessuno in camera, mi spastai un po tirandomi piano piano su sedendomi nel letto, lei si sedette ai piedi
"da quanto ale?" domandò non guardandomi
"da 10 anni" dissi massaggiandomi le tempie, mi stava venendo mal di testa
"perché non hai mai chiesto aiuto?"
"sai come sono fatto ali...non ho mai chiesto aiuto nemmeno da bambino quando cadevo dalla bici" lei mi guardò con un sorriso amaro
"beh mi dispiace dirtelo, ma sei un coglione"
"se sei qui per dire queste cose puoi benissimo andare" sbuffai
"Alex stai puntando al suicidio ti rendi conto?"
"esci" mi alzai per cambiarmi
"no sto qui"
"Alice esci" iniziai a sentire una rabbia dentro allucinante
"so che vuoi cambiarti, fallo tanto la ma-"
"Alice esci dalla stanza!" sbottai
"non ci esco dalla stanza Alessandro, sei duro come il cemento, ci riesci a capire che ti vogliamo aiutare? stai morendo!" urlò anche lei alzandosi
"forse è quello che voglio"
"cosa?" mi venne davanti e mi prese il viso tra le mani
"Alessandro dimmi che stavi scherzando" aveva la voce che tremava
"non scherzo mai su queste cose e lo sai benissimo" sospirai
"Ale perché?"
"Alice, ti ho chiesto di uscire, torno a Roma" cambiai discorso
"perché devo uscire, ti sei sempre cambiato davanti a me" incrociò le braccia
"esci fammi questo favore" sbuffai
"hai altri tagli da nasconderci?" spalancai gli occhi
"come cazzo-"
"il polso, sei a maniche corte e i medici ti hanno dovuto togliere i bracciali e si sono visti i tagli..."
"dimmi che non lo sanno i nostri" mi passai le mani tra i capelli, ero impanicato
"non lo sanno, i medici stavano per dirlo ma so quanto ti saresti sentito in colpa, perciò ho chiesto di mantenerlo segreto"
"Alice non lo devono sapere, per nulla al mondo, ti prego"
"quindi hai altri tagli..." disse con un filo di voce, sospirai
"alza la maglia"
"esci"
"cosa hai ancora da nascondere, ormai lo so"
"esci dalla stanza"
si alzò e si avvicinò a me, mi abbracciò stringendomi, sussultai
"si ne hai altri"
"Alice cazzo mi fai male!" la staccai "che cazzk ciai per la testa"
"volevo solo sapere, non esco finché non vedo"
"possiamo stare qua dentro per tutta la vita allora"
"Luna lo sa?" chiusi gli occhi
"non nominarla" serrai la mascella
"so che avete litigato"
"cambia discorso" mi appoggiai coi pugni sulla scrivania
"hai preso a pugni?"
"box"
"da quando te fai box"
"da un po"
"tutto collegato vero? o ti tagli o ti spacchi le mani"
"non prendere queste cose con leggerezza, quando eri tu a tagliarti le vene non ti dicevo tutte queste cose, ero lì ad aiutarti veramente non a farti sentire dolore"
"non rinfacciarmi le cose Alessandro"
"non provocarmi Alice, siamo fratelli ma non di sangue ricordatelo"
"fai sul serio? tu che mi hai sempre detto che per te il fatto che abbiamo due padri diversi non significhi nulla?"
"mi hai rotto il cazzo Alice, esci da questa fottuta camera e fammi tornare a Roma" sbottai
"prima togliti la magl-"
me la tolsi di scatto
"sei contenta?" urlai, si mise le mani davanti alla bocca e spalancò gli occhi
"tutto bene qui dentro?" entrò mio padre

"Alex fermati un secondo!" disse mio padre correndomi dietro, non lo ascoltai, avevo le lacrime che scendevano
"non intendevo quello"
"ah no pa'? esattamente cosa cazzo non intendevi con che schifo di figlio che ho?" urlai dal nervoso
"Alex non volevo dire quello credimi"
"me ne vado a Roma" fu l'ultima cosa che dissi prima di uscire di casa ancora con gli occhi che sgorgavano lacrime a tutto andare

Mr. Malinconia-Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora