Parte 7 - Mancanze

740 51 4
                                    

Buonasera, so che non sono proprio brava con le tempistiche per quanto riguarda le pubblicazioni e quindi appena ho tempo scrivo e poi corro subito a pubblicare il capitolo a qualsiasi ora del giorno perché sarebbe insensato tenermi i capitoli per me. Non sarà una storia lunghissima, ma spero vogliate bene un po' ad entrambi.
Grazie,
A.


“Che ci fai tu qua?”

Dante arriva in cucina per fare colazione e inaspettatamente trova Simone con una tazzina di caffè in mano che fissa il vuoto.
Gli occhi gonfi, lo sguardo spento, zero risposte.

“Simone” alza un po’ il tono della voce per assicurarsi l’attenzione del figlio, che adesso ha.
“Che?”
“No dico, che ci fai tu qua? Non dovevi dormire da Manuel? Come ogni sera, tra l’altro…”
“Ah si… non mi sento tanto bene. Sono tornato a casa”
“E il lavoro?”
“Che palle, pà. Ho mandato il certificato di malattia.”

Lo scruta, non si beve affatto la scusa dell’influenza.

“E che c’avresti?”
“I cazzi miei” si alza, facendo un rumore assordante con la sedia trascinata indietro.  “Dentro ‘sta casa non ci si può fare i cazzi propri, ogni tanto?”
“Guarda che sto solo chiedendo. Simone!” cerca di ammonirlo per farlo fermare, ma lui è già su per le scale per tornare in camera sua.

Non ha voglia di parlare, non ha voglia di dare spiegazioni, non vuole sentire niente e nessuno e restare lì da solo con il dolore che prova sul petto da ormai quasi dodici ore.

Prende il telefono, e fissa la chat aperta con Manuel. Vorrebbe scrivergli qualsiasi cosa, vorrebbe sentirlo e chiamarlo perché se lui sta così male non è possibile che l’altro stia bene.

-Hai un altro?- glielo scrive di getto, come se l’irrazionalità della sera prima non gli fosse bastata.
Ha passato la notte a martoriarsi, chiedendosi cosa possa essere successo. L’unica risposta che si è dato è che ci sia qualcun altro nella vita di Manuel. Perché Manuel non l’avrebbe mai lasciato.

Fissa lo schermo del telefono finché appaiono le due spunte blu. E poi quel Manu sta scrivendo… che si interrompe dopo poco, prima di risultare offline.

-Mi dispiace per lo schifo che ti ho vomitato addosso ieri sera. Ero distrutto. Voglio solo sapere se stai bene e se c’è qualcun altro. Ti lascio in pace, se è così. Davvero- invia.

Dopo dieci minuti scatta per il suono del cellulare, e apre il nuovo messaggio in arrivo: -No, non sto bene perché so che tu non stai bene. Però sì, c’è un altro. Mi dispiace, Simò…-

Rimane immobile per minuti inquantificabili. Le lacrime gli scendono sul viso e se una parte di sé non crede a questa cosa, un’altra parte pensa sia l’unico scenario possibile.
Non risponde, e non ha intenzione di andare oltre. Per quanto gli faccia male la sola idea e per quanto vorrebbe correre da lui e sbatterlo al muro per guardarlo negli occhi e chiedergli se questo qualcuno riuscirebbe mai a guardarlo esattamente come guarda lui, non lo farebbe mai davvero.

In fondo è come se non ci credesse, ma quella certezza vacillante non vuole averla. Farebbe solo più male.

“Posso?” la voce di sua nonna Virginia non riuscirebbe mai a dargli fastidio, al contrario di quella di suo padre.
Lei è una donna d’un pezzo, e un po’ crede di aver ripreso qualcosa da lei; non è impicciona, lo osserva da lontano da tutta la vita riuscendo a percepire ogni minimo cambiamento in suo nipote.

“Dimmi, nonna…” con lei è dolce. Con lei mette via ogni forma di difesa.

Entra in stanza, chiudendosi la porta alle spalle, e si avvicina al letto sul quale si siede. Esattamente accanto al suo corpo.

CASADove le storie prendono vita. Scoprilo ora