CAPITOLO 16 - Migliori di nessuno

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(Maerya)

Le nocche di Maerya erano giallastre, ora, chiazzate qua e là di aloni brunastri dove la pelle si era spaccata. Dopo una settimana il gonfiore se ne era quasi completamente andato e il dolore con esso, anche se provava ancora un fastidioso senso di tensione quando stringeva i pugni o, comunque, arricciava le dita.
Era tornata ad indossare il suo anello, ma nemmeno il più luminoso dei diamanti avrebbe potuto rendere piacevole quella vista e più lo guardava più appariva fuori luogo agli occhi di Maerya. Anche lì, sulla terrazza degli appartamenti di suo padre, seduta di fronte ad Alicent e al cerchio per ricamo che le aveva messo davanti.
Non andranno mai via. C'era un contorto senso di familiarità in quel pensiero, qualcosa che attingeva ad un ricordo lontano e che semplicemente sfiorandolo generava in lei un'angoscia profonda, viscerale. Ed il cuore sembrò schizzarle nel petto.
"Va tutto bene, tesoro?" Alicent parlò con gentilezza, ma la sua voce suonò come una martellata nelle orecchie di Maerya "Ti fanno male le mani?"
"Mi sono punta con l'ago." La principessa fu rapida a mentire, stringendosi le mani in grembo e nascondendosele tra le pieghe della gonna mentre lanciava un'occhiata ai pochi, irregolari, punti che era riuscita a ricamare seguendo la guida che sua madre aveva tracciato "Perché non facciamo qualcos'altro?"
"Qualcosa tipo?" Chiese la regina, continuando con il proprio lavoro solo dopo aver lanciato un'occhiata alle sue spalle, verso la camera del marito e sul corpo che giaceva, addormentato, sul letto, nascosto solo in parte dalle tende del suo baldacchino.
Un inebriante odore di incenso proveniva dalla stanza, nemmeno la brezza proveniente dalla baia riusciva ad allontanarlo del tutto prima che raggiungesse la terrazza: era fastidioso, a tratti, e questo per Maerya rappresentava una fonte di distrazione sufficiente dalla quieta e mortalmente noiosa attività a cui sua madre l'aveva costretta.
Non è vero, non ti ha obbligata. Non questa volta. Sei tu che hai paura di uscire.
"Qualsiasi altra cosa." Insistette la ragazza, abbandonandosi contro le schienale della propria sedia "Leggere, cantare magari."
Alicent rise, senza mai distogliere lo sguardo dal ricamo "Sveglieremmo tuo padre."
"Con tutto il latte di papavero che ha bevuto, ne dubito fortemente." Borbottò Maerya, scrutando a sua volta la figura di Viserys: le coperte che lo coprivano fino al collo, le mani giunte al petto e la testa appoggiata sul cuscino, inclinata di lato; gli occhi chiusi e la bocca socchiusa, il respiro pesante e rumoroso persino da quella distanza "Non saremmo dovute venire qui, per non disturbarlo."
"Il Re non è stato bene, la scorsa notte." Le labbra della donna si strinsero in una linea sottile, proprio come era solita fare quando era preoccupata "Non avevo il cuore di lasciarlo da solo, e noi due siamo silenziose."
Questo suo modo di parlare, l'eccessiva cautela con cui soppesava ogni parola, diede a Maerya non poco fastidio ma tentò ugualmente di metterlo da parte "Ed Helaena?"
"Il vento rende i bambini capricciosi, sembra." Alicent sospirò pesantemente "Andremo a trovarli più tardi, l'idea ti piace?"
"Non trattarmi come una bambina." La pazienza della principessa fece presto ad esaurirsi, il cuore le batteva davvero troppo forte nel petto per permetterle di avere salda presa sulle proprie emozioni "Sto bene, mamma."
"Non ho mai detto il contrario." La donna rispose solo dopo un breve istante di esitazione, le sue mani si strinsero attorno al cerchio da ricamo e piantò l'ago nella trama floreale che stava prendendo forma sul tessuto bianco "Maerya, sei tutto meno che tranquilla. Hai bisogno di calma, sono qui per dartela."
"Sono questi ricami che mi fanno venire il nervoso." Sbottò la ragazza, allontanando bruscamente da sé il proprio lavoro "Sono inutilmente complessi, e mi hanno già stufata."
Durante il breve silenzio che seguì, Maerya sentì gli occhi di sua madre pesarle addosso con tutta la preoccupazione che li velava da oramai una settimana. Nel tentativo di non esserne schiacciata, la principessa rivolse il proprio sguardo oltre la balaustra in pietra della terrazza, sul profilo degli alberi del Parco degli Dei e poi oltre il profilo delle mura, là dove splendeva il sole di quella tarda mattinata.
Il cuore le scalpitava ancora nel petto, non aveva mai davvero smesso di farlo dal Giorno dei Sette: anche quando credeva di essere tranquilla, anche quando credeva di non star pensando a quegli uomini, a quelle mani o a tutto quel fuoco, il suo corpo e la sua mente erano sempre all'erta. Allora bastava un niente a farla scattare, e l'unica vera costante degli ultimi giorni era solo una: la paura.
Paura di uscire, paura di fare qualsiasi cosa che potesse minacciare la salute del bambino che portava in grembo, paura di restare sola e perdersi nei suoi pensieri.
Perché i suoi pensieri tornavano sempre lì.
All'uomo che aveva ucciso.
"Forse potremmo uscire, fare una passeggiata sulla spiaggia." Propose Alicent, a mezza voce, allungando una mano in direzione della figlia per sistemarle un boccolo sulla spalla "Il mare ti è sempre piaciuto, dovremmo godercelo in questi ultimi giorni d'estate..."
"Non c'è bisogno." Maerya fu svelta a replicare, incapace persino di forzare un sorriso mentre si avvolgeva nelle proprie braccia.
"Ci saranno Ser Criston e la Guardia Reale con noi." Ancora così, fastidiosamente, cauta, la regina provò ad insistere "Possiamo chiedere anche ad Aemond di farci compagnia. Dovrebbe essere in biblioteca, sono certa che gli farebbe piacere se..."
"La sabbia diventa vetro quando brucia." Non voleva davvero interrompere sua madre, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non provare tutta quella frustrazione o suonare tanto severa ma non riuscì ad evitarlo. Non stava pensando a ciò che stava dicendo, le parole le risalivano in gola come fossero acido proveniente dal suo stomaco in un inutile, stancante, tentativo di difendersi "Non lo sapevo, non prima di aver visto ciò che il fuoco di Vhagar ha..."
Fece una piccola pausa, chiuse gli occhi e prese un grosso respiro "Non voglio andare in spiaggia."
Sono capricci. La principessa ne era consapevole e, Dei, quanto si sentiva stupida. Sono andati tutti avanti, perché io non ci riesco?
Sette giorni erano un tempo così breve, nemmeno i lividi sul volto di Maerya erano scomparsi del tutto eppure era come se il mondo intorno a lei avesse fretta di dimenticare, riprendere i propri ritmi come se non fosse successo nulla. Come se l'attacco che avevano subito non fosse nient'altro che una storia da raccontarsi durante l'ora del tè, chiacchiere con cui riempirsi la bocca mentre si ignoravano le persone che stavano perdendo la vita nelle Terre dei Fiumi.
Sono fanatici, terroristi, un'infezione che va eradicata.
Era così che il Primo Cavaliere li aveva descritti, e Maerya sapeva bene che era con la stessa risolutezza che avrebbe risolto quel problema: in silenzio, all'ombra di tutto e di tutti, mentre fingeva di darci ben poca importanza. Come se quelle persone non fossero nient'altro che un fastidioso germe.
Cos'altro avrebbe dovuto fare? Quella era l'unico modo per evitare altri attacchi, altri inutili spargimenti di sangue ma... allora perché le sembrava così sbagliato?
Perché, seppur non essendone coinvolta in alcun modo, sentiva il peso di quella colpa come se le appartenesse? Come se fosse stata lei ad appiccare quel rogo, come se le sue mani non fossero solo sporche di sangue ma anche di cenere.
"Va bene, niente spiaggia." Mormorò Alicent, interrompendo quella sua spirale di pensieri e riguadagnandosi in parte l'attenzione della figlia "Il Parco degli Dei è altrettanto gradevole. Gli aranci stanno cominciando a mettere su i frutti, c'è sempre un così buon profumo."
Maerya annuì, piano, lasciandosi sfuggire un profondo sospiro dalle labbra mentre si rimetteva in piedi, diretta verso la camera di suo padre "Sembra una buona idea." Poi, cominciando a stuzzicare nervosamente la cicatrice che le solcava il palmo sinistro, la ragazza trovò il coraggio di sollevare finalmente gli occhi verso la propria madre "Non c'è fretta, puoi... finire il tuo ricamo. È molto bello."
Alicent le sorrise e, incerta, riprese il proprio lavoro tra le mani; la principessa fece qualche passo all'interno della stanza, passando prima di fronte al letto in cui suo padre riposava e poi verso il gigantesco modello in gesso dell'Antica Valyria.
In silenzio, si mosse verso di esso e cominciò a scrutarne il profilo, le torri, le mura, i ponti, le case e tutti i piccoli personaggi che ne affollavano le strade. Quel modello era lì da quando Maerya ne aveva memoria, il re era solito passare le ore ricurvo su di esso a scolpirne i dettagli, accompagnato da qualche abile servitore e da una pazienza che la principessa non riusciva a spiegarsi: da bambina, ogni volta che la guardava, quella città in miniatura sembrava farsi sempre più grande e lo faceva ad un ritmo tale da farle domandare se fosse davvero opera di un uomo o se invece si trattasse di qualche strana magia; ma ora non si ampliava più e i suoi abitanti, draghi e persone, erano sempre gli stessi.
Restavano semplicemente lì, immobili, a prendere polvere senza che nessuno si curasse più di loro.
Ne prese uno tra le mani, un drago dalle ali spiegate che qualcuno aveva posizionato sul profilo di una delle mura, e se lo portò di fronte al viso, scrutandone le piccole fauci spalancate ed il collo ricurvo "Quando potremo dare l'ultimo saluto a Ser Rickard?"
La voce di Maerya si spezzò quando pose quella domanda ed il solo pronunciare il nome del cavaliere della Guardia Reale caduto per proteggerli le fece tornare in mente le immagini di quel giorno, del suo corpo spezzato calpestato dalla folla.
"La cerimonia di commiato sarà tra un paio di giorni." Replicò la regina, prestando forse poco caso alla debolezza della figlia "La sua famiglia è arrivata oggi dalle Terre della Tempesta."
Devono essere devastati. La principessa premette un'unghia su una piccola, sottile, imperfezione che interrompeva la continuità tra l'ala sinistra del drago ed il resto del suo corpo, come se ci fosse stata riattaccata.
"Tu lo conoscevi?" Maerya si ritrovò a chiedere dopo qualche istante di silenzio "Ser Rickard, è stato qui per così tanto tempo ma io non riesco a ricordare una sola cosa di lui."
"Maerya." Alicent tornò a posare il suo ricamo, ora completamente rivolta in direzione della figlia "E' morto facendo il suo dovere, non c'era nulla che tu potessi fare per cambiare le cose."
"E' che non mi sembra giusto." Sbottò la principessa, stringendo il drago con più forza tra le dita "Quell'uomo ha dato la sua vita per me ed io non conosco nient'altro che il suo nome."
"Mio dolce, dolce, tesoro." Maerya abbassò lo sguardo a terra quando vide sua madre alzarsi per raggiungerla, gli occhi fissi sul modellino e nient'altro mentre la donna continuava, accarezzandole il viso con entrambe le mani "Non c'è nulla di più ingiusto del mondo in cui viviamo, e niente di quello che è accaduto è colpa tua." Poi, dopo solo un breve istante di incertezza, Alicent allungò appena il collo verso la figlia per lasciarle un tenero bacio sulla fronte "Sei viva, ed è tutto ciò che conta."
La principessa deglutì e, piano, scosse la testa "La sua vita non contava meno della mia."
"Invece sì." Le parole della donna la obbligarono a rialzare gli occhi da terra e la sua fermezza riuscì a farle mancare un battito nel petto "Tu, Aemond e tutti i tuoi fratelli siete il futuro di Casa Targaryen e di tutti e Sette i Regni. Senza di voi, nulla avrebbe più senso di esistere." Un'altra carezza e, questa volta, Alicent le sorrise mentre sfiorava con delicatezza i margini del livido che ancora le macchiava lo zigomo "Il tuo cuore, poi, ora batte per due."
Maerya non rispose, arricciò appena le labbra e sbatté le palpebre un paio di volte, il respiro improvvisamente più pesante nel suo petto. La principessa non avrebbe saputo dire perché le parole di sua madre le stuzzicassero tanto l'orgoglio invece di rassicurarla o perché le sembrava che nascondessero una sorta di amaro non-detto che lei, però, non riuscì ad afferrare.
"Tu come stai?" Le chiese, di nuovo, la regina "Hai avuto la nausea o qualche altro piccolo disagio?"
La ragazza tornò a scuotere la testa "No, per niente."
"Forse è ancora troppo presto." Le labbra di Alicent si strinsero in un sorriso "Forse, questa volta, la gravidanza sarà un po' più gentile."
Maerya sbuffò e, lentamente, si scostò dalle mani di sua madre per tornare a voltarsi verso il modello dell'Antica Valyria, giocando distrattamente con il piccolo drago di gesso "Le tue lo sono mai state? Gentili, intendo."
"La maggior parte delle volte." I bracciali che portava al polso tintinnarono l'uno contro l'altro quando la donna si giunse le mani in grembo, gli occhi sempre fissi sui movimenti della figlia "Con Aegon non ho avuto un solo pensiero, e mi sono accorta di aspettare Aemond solo quando gli abiti hanno smesso di entrarmi." Un sospiro divertito lasciò la sua bocca prima che proseguisse "Helaena non mi ha dato un attimo di tregua -credo di non aver mai vomitato tanto in vita mia- e tu... beh."
La principessa sentì la mano della madre sfiorarle la schiena mentre, dolcemente, le faceva scorrere le dita tra i ricci "Non appena hai capito di poterti muovere non mi hai lasciato riposare una sola notte. Immagina la mia preoccupazione quando, la volta dopo, mi sono ritrovata con Daeron che quasi non scalciava affatto."
Maerya sorrise a sua volta, ma il sollievo che tentò di mostrarle non era sincero "Helaena non l'ha fatta sembrare tanto facile."
"Le ne ha avuti due insieme." Alicent inclinò leggermente la testa di lato "E aveva fin troppi pensieri per la testa." Una breve pausa, poi un nuovo sospiro "E' anche per questo che insisto tanto perché tu possa rilassarti, tesoro. Non c'è alcuna ragione perché tutto diventi più complicato di quanto già non sia."
"Che cosa dovrei fare?" Maerya sbottò ancora, ma questa volta nella sua voce non c'era fastidio: solo una profonda, mal mascherata, esasperazione "Non riesco a smettere di pensarci, ogni volta che chiudo gli occhi vedo quell'uomo che..."
Che muore. Pensò, ma non riuscì a finire la frase e, quando poggiò il drago su una delle mura, lo fece tanto bruscamente da farlo scivolare: il modellino cadde sopra i tetti delle piccole case in gesso per poi precipitare, a testa in giù, in mezzo ad uno di quegli stretti vicoli con uno schiocco secco.
"Attenta!" Alicent alzò la voce mentre, in un istante, azzerava le distanze tra di loro per sporgersi oltre le mura, tentando di recuperare il drago.
"Mi dispiace, mi è..." Tentò di scusarsi Maerya ma, questa volta, fu la regina a sbottare.
"Non sono giocattoli, Maerya." E, mentre parlava, la donna si affrettò a controllare che non ci fosse alcun danno sul modellino "Sono importanti per tuo padre."
"Non l'ho fatto apposta." La principessa si lasciò scivolare le mani lungo i fianchi, premendo le dita contro il tessuto della propria gonna "Mi dispiace."
"Non ne esiste un altro, di questo." Insistette Alicent e anche lei, proprio come aveva fatto la figlia poco prima, fece scorrere il proprio dito sull'attaccatura dell'ala "Non dovevi toccarlo, non ce ne era alcun bisogno."
"E' solo un drago di gesso." Maerya aggrottò le sopracciglia, confusa dalla brusca reazione della madre "Ho già detto che mi dispiace."
La regina fece per aggiungere qualcos'altro, visibilmente turbata e quasi infastidita dalle parole della figlia, ma una terza voce, debole e roca, le tolse completamente il fiato.
"Lascia... la bambina..." Viserys parlò con la bocca ancora impastata dal sonno e dal latte di papavero "Aemma, non importa... Lascia... lascia giocare la bambina."
Maerya sentì il proprio cuore sprofondarle nel petto ed il silenzio in cui Alicent si era improvvisamente chiusa le fece capire che per la donna valeva lo stesso, che anche per lei quelle innocenti parole erano state più affilate di una pugnalata.
"E' solo... una bambina. La mia bambina..." Un respiro pesante spezzò la voce dell'uomo che, affaticato, si mosse sotto le coperte senza però essere capace di riaprire completamente gli occhi "Se vuole giocare con i draghi... lasciala fare. Le piacciono... le piacciono tanto."
Per Maerya quella fu l'ultima goccia: incrociò le braccia al petto e deglutì, cacciando a forza l'amarezza dalla propria voce mentre tornava sul terrazzo, non per sedersi ma per appoggiarsi contro la balaustra e guardare altrove. Sperando che il vento le allontanasse quelle parole dalla mente e dal cuore.
Oramai dovrei esserci abituata. La ragazza si schiarì la gola e puntò i gomiti sulla pietra, prendendosi il viso tra le mani mentre si sporgeva oltre, cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa che stesse accadendo al di sotto di loro, nel cortile. Allora perché fa sempre così male?
Alicent non la seguì sul balcone e, al contrario, si diresse verso il giaciglio di suo marito: gli si sedette accanto, sulla sponda del letto, pronta a sistemargli le coperte ed il cuscino, accompagnandolo nel suo risveglio con gentilezza. Anche quando tutto il rancore che provava era chiaro come il sole sul suo viso, nella sua espressione imbronciata e nei suoi occhi sgranati.
Era sciocco, forse, irritarsi per qualcosa di così innocente, parole pronunciate senza malizia alcuna in un momento di così grande vulnerabilità, eppure Maerya non riuscì a farne a meno.
Passerà, non è nulla. Fu solo in quell'istante di silenzio che la principessa si rese conto che il suo cuore non era rallentato affatto. Calmati, non è successo nulla.
Quanto poteva essere difficile recuperare se stessa, uscire dalla propria ombra e riconoscersi, finalmente, quando si guardava allo specchio? Non si sopportava più, era esausta nel corpo e fiaccata nello spirito: era stufa di rimanere immobile, bloccata nella paura; voleva tornare a vivere.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare ad essere la ragazza spensierata che era stata ad Harrenhal, per riavere un briciolo della leggerezza e del supporto (della famiglia) che aveva prima di partire.
Il profilo distante di Fossa del Drago si ergeva di fronte a lei, scatenando in Maerya un profondo senso di malinconia.
Se potessi volare, ci sarei già tornata.
Se non avesse dovuto attraversare le strade di Approdo del Re, gli stessi vicoli in cui aveva versato sangue e in cui si era sentita soffocare, per raggiungerla. Per stare con Rhaegor.
L'unico che sarebbe riuscito a comprenderla, il cui cuore batteva frenetico esattamente come il suo. In questo pensiero soltanto la principessa riusciva a trovare conforto e solo nell'immaginarsi volare libera sul Mare Stretto il suo respiro sembrava capace di placare il proprio ritmo. Se non avessi addosso tutta questa paura.
Lacrime di frustrazione cominciarono a pizzicarle gli occhi, obbligando la ragazza a deglutire per ricacciarle indietro. Fu per questo, forse, che non si accorse subito della sagoma dorata che era discesa in volo sulla Fossa, sorvolandola come un avvoltoio alla ricerca del luogo migliore in cui atterrare.
Un giro e poi un altro, il sole si rifletté sulle membrane iridescenti delle sue ali rendendole più luminose di una fiamma. Sunfyre. Pensò, ma il significato di quella vista ci mise un lungo istante prima di sedimentarsi nel suo cervello.
"Sunfyre..." La principessa mormorò, aguzzando la vista "Sunfyre!"
"Maerya, abbassa la voce." La ammonì Alicent, ancora china su suo marito mentre lo aiutava a mettersi seduto contro lo schienale "Che cosa succede?"
"Sunfyre è a Fossa del Drago!" Maerya si arricciò la gonna tra le mani, sollevandone l'orlo da terra per poter correre senza inciampare "Aegon è tornato!"
"Aegon?" Re e regina posero quella domanda in coro, il primo più confuso della seconda.
"Perché, dove è stato?" La principessa non restò nella stanza abbastanza a lungo da rispondere alla domanda posta da suo padre.
Aegon è tornato. Maerya avrebbe voluto urlarlo mentre, con il fiato corto, si fiondava nei corridoi. Forse, con lui tornerà a posto anche tutto il resto.

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