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L'INCOMPRESO

Quel maledetto di un furgoncino scassato, quella sera, mi stava dando ai matti

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Quel maledetto di un furgoncino scassato, quella sera, mi stava dando ai matti. Udii le urla di mio padre, mi stava chiamando dall'interno della casa, ma non gli risposi, concentrato com'ero a non mollare ancora quel rottame, almeno, non prima di essere certo che si mettesse in moto.

«Drake Gorman!» risi tra me e me, pensando a quanto i vicini fossero abituati alle alte frequenze della voce del mio vecchio, per poi incavolarmi subito dopo nell'immaginarli intenti a sparlare di me e sull'ultima che avrei potuto combinare, secondo loro. «Torna dentro. È anche ora di cena!»

Mio padre fu così insistente che, sbuffando, rientrai in casa passando dalla porta del garage.

Una volta nel caldo e disordinato salotto, che gridava a chiare lettere che in quella casa ci vivevano solo due maschi, mi ritrovai davanti Amery Gorman in persona.

«Drake,» mi guardò lui palesando grande esasperazione; gli occhi scuri erano fissi su di me e le sue mani erano poggiate indignate sui fianchi, «come puoi stare fuori, a mezze maniche, col freddo che fa? E di notte per giunta! Ti prenderai qualcosa...»

Mio padre era alquanto basso (io stesso non superavo il metro e settantacinque) e l'età aveva cominciato a pesargli sul viso e sui capelli, la sua fronte si era arricchita di rughe, l'ingrigita capigliatura stava dando spazio alla calvizie; da alcuni mesi, poi, il vecchio aveva iniziato anche a vantare una pancia ben visibile.

«Noi giovani abbiamo la pelle dura!» affermai, sorridendo con stizza e alzando un sopracciglio divertito dalla sua apprensione. «Potrei stare anche in mutande in mezzo alla bufera, non congelerei!»

«Drake, non scherzare», mi rimproverò lui, grattandosi la guancia; le rughe sulla sua fronte esprimevano appieno la sua apprensione per me.

«Hai ragione...» ribattei io, dirigendomi su per le scale, «solo con le mutande avrei un po' freddo... Mi faccio una doccia ed esco... Non mi aspettare alzato!»

«Dove credi di andare, signorino?» mi chiese mio padre, un certo disappunto trasparì dalla sua voce; agitò un braccio in aria per attirare la mia attenzione. «Dobbiamo cenare e poi», non avevo bisogno di ascoltare il finale della frase, visto che già sapevo dove sarebbe andato a parare, «dobbiamo discutere del fatto che la preside Jones mi ha chiamato anche oggi.»

Mi fermai sulle scale, afferrando il corrimano in legno, sospirai irritato come non mai.

«Papà...» mi ero stufato persino di ripetere le stesse cose: possibile che non volesse capire?

«Drake!» il vecchio Amery inclinò la testa di lato; gli occhi piccoli e scuri puntati su di me e le minacciose braccia toniche incrociate al petto. «Non vorrai rifilarmi sempre la solita storia?»

«Non è una scusa!» gli rinfacciai esasperato, il petto mi bruciava per la rabbia, ma ero consapevole di dovermi controllare. «La preside...»

Mi odia! Come mi odiano tutti del resto... Non mi può vedere!

Avrei amato solo teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora