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MADRE OLTRAGGIATA

Quella sera, al ristorante, mi sentivo addosso gli occhi di tutti i presenti: sguardi giudicanti e inorriditi che facevano nascere in chiunque il desiderio di non essere mai esistito; vi era gente che mi indicava sfacciatamente, per poi tornare a ...

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Quella sera, al ristorante, mi sentivo addosso gli occhi di tutti i presenti: sguardi giudicanti e inorriditi che facevano nascere in chiunque il desiderio di non essere mai esistito; vi era gente che mi indicava sfacciatamente, per poi tornare a mangiare come se niente fosse.

Avevo un forte mal di testa e i brividi non mi lasciavano in pace da ore, avvertivo caldo e freddo al tempo stesso: mia madre mi aveva costretta a uscire di casa per incontrare i Greyson, nonostante io avessi la febbre a trentotto e mezzo; mio padre era di nuovo obbligato a letto, quindi non poteva farle compagnia, e lei si vergognava di organizzare una cena a casa nostra per le pessime condizioni in cui ancora versava la proprietà (nonostante le migliorie dei Gorman).

Amery Gorman non veniva più da noi, non passava davanti casa nostra neanche per sbaglio, probabilmente offeso da mia madre che, in quei giorni, spargeva il suo veleno su Drake con più ferocia, tra le strade di Snowy Mountain.

«Passerò sopra questa tua alzata di testa,» mi aveva detto Zaya Barlow, sulla soglia di casa, prima di uscire per andare al ristorante, nonostante l'avessi implorata, più e più volte, di lasciarmi restare a letto, «perché tutte le ragazzine perdono la testa per il tizio sbagliato. È capitato anche a me, capirai... Ora, per correggere questo tuo grave errore che chiami fidanzato, invece, ti farai vedere in giro con le persone giuste, ragazzi approvati da me e dalle mie amiche. Nessuno penserà più male di te e, alla fine, la mia reputazione sarà salva. Da quando sei nata, sapevo che saresti stata la mia rovina sociale, anzi... da quando ho sospettato di essere incinta, guarda.»

I Greyson erano gli unici che, quella sera, mi guardarono con solidarietà, ma, nei loro occhi dispiaciuti, potei notare la pena che provavano per me.

Non stavo bene e mi sentivo a disagio, e non mi piaceva affatto quel ristorante dalle tonalità marroni e coi quadri di scene di caccia appesi alle pareti, scene che ritenevo disturbanti e troppo cruente, specie quella di un uomo che sventrava un orso.

«Tracy non sta bene!» disse preoccupata la signora Greyson, una donna molto elegante nella sua semplicità; portava i capelli biondi a caschetto e un paio di occhiali tondi dalla montatura gialla. «Ha la febbre. Dovrebbe starsene a letto a riposare. Potrebbe aggravarsi!»

«Sta solo fingendo per farmi dispetto!» le rispose mia madre indignata e lanciandomi uno sguardo di puro disprezzo. «Da quando ci siamo trasferiti qui, ha incontrato un ragazzo che ha acceso il suo lato ribelle... Tutto molto imbarazzante.»

«Io non credo che finga», si fece avanti il signor Greyson, un uomo brizzolato, alto e dalla voce profonda; le dita delle mani intrecciate e le sopracciglia aggrottate mostravano un certo sdegno malcelato. «Tutto ciò è davvero inconcepibile... Questa cosa è durata fin troppo: è ora di farla finita! No, non me ne starò più in silenzio, a fare la persona civile...» rivolse uno sguardo deciso alla moglie, che gli aveva poggiato una mano sul braccio come a volerlo trattenere dal fare una stupidaggine. «Ti dirò quello che realmente penso di te, Zaya; ciò che anche gli altri ti vorrebbero dire in faccia, ma non lo fanno perché parlare con te è fastidioso come farsi un bagno in piscina in inverno», accanto a me, vidi mia madre serrare le labbra e assumere una postura più diritta.

Si sta arrabbiando! Mi dissi, sperando con tutta me stessa che la furia distruttrice di mia madre non si sarebbe riversata su di me.

Dopo una smorfia irritata con la bocca, il signor Greyson riprese la parola: «Francamente, trovo di cattivo gusto che tu abbia fatta uscire di casa tua figlia, con queste temperature gelide, viste le sue condizioni, e ritengo ancora peggiore che tu voglia assumere mia moglie per fare causa a un uomo che tu affermi ti abbia ingannata, quando la verità è che la sprovveduta sei stata solo tu. Zaya...» i rimproveri che stava ricevendo fecero arrossare di rabbia e imbarazzo l'incarnato pallido del viso di mia madre; il suo petto si alzava e abbassava velocemente. «Io sono molto amico di Arthur, ho convinto mia moglie a venire in questa città solo per sapere come stava... Zaya, non puoi far causa a un uomo per averti venduto una casa per telefono, casa che non ti sei presa neanche il disturbo di vedere di persona... Ti riderebbero in faccia, in tribunale. Andiamo, su.»

«Caro...» la moglie gli poggiò una mano sulla spalla per farlo zittire, ma il marito scosse la testa indignato.

«Amore mio,» le disse, stringendole la mano con delicatezza, «non sarò mai più accondiscendente con questa donna. Ho sempre detto ad Arthur che stava per commettere un grosso errore a sposarla; poteva benissimo crescere la bambina da solo...»

Mia madre si alzò di scatto, sbattendo la mano sul piatto e rovesciandone la bistecca a terra. «Come osi parlare... tu... così... a me? Chi credi di essere?»

«Tu chi credi di essere!» ribatté l'uomo, alzandosi di rimando anche lui.

Philip, il loro figlio, se n'era rimasto in silenzio per tutto il tempo; lo vidi tentare di trattenere il riso a quello scambio di battute.

Quando i suoi occhi azzurri incrociarono i miei, ci scambiammo un sincero sorriso.

Non vedevo Philip da tempo, non era cresciuto molto in altezza, ma era dimagrito parecchio; portava sempre gli occhiali e i suoi ricci scuri erano di poco più lunghi.

«Signori,» ci si avvicinò un cameriere mingherlino, «ci sono problemi? Se non la smettete di urlare, sarò costretto a cacciarvi dal ristorante.»

«E lo cacci!» sbraitò mia madre, agitando una mano in aria. «Questa gente è insopportabile!»

«Non c'è bisogno,» affermò il signor Greyson prendendo la moglie per mano e aiutandola ad alzarsi, «ce ne andiamo noi... Ah, e paga la signora Barlow... per il disturbo!»

Mia madre rimase a bocca aperta, i denti serrati. Non appariva più come una dolce signora di bell'aspetto, ma come un mostro che mostrava i denti ed era pronta ad azzannare la preda.

«Tracy, piccola,» mi si avvicinò la signora Greyson, poggiandomi una mano sulla spalla dolorante, «vai a casa. Riposati, mi raccomando.»

«Grazie», le sussurrai sottovoce.

«Oh, non ci posso credere!» una donna al tavolo di fianco - che non vedevo perché mi stava alle spalle - parlò a voce alta. «È vero?»

«Certo che sì», gli rispose un'altra donna, «l'ho sentito dire dalla signora Cunningham e la signora Burton lo ha confermato: Malory Hood è sparita dall'ospedale!»

«Quel Drake Gorman...» aggiunse un uomo, «ha colpito di nuovo!»

Avrei amato solo teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora