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ARES


Uscito dal garage mi diressi nella mia stanza, avevo bisogno di schiarirmi le idee, ma non volevo pensare a cosa fosse appena successo con la ragazza.

La camera era silenziosa e nell'aria aleggiava ancora un rimasuglio di profumo della sua eccitazione, con un ringhio iniziai a strappare le lenzuola.

Non le volevo, non volevo sentire il suo odore, cercai persino di ignorare l'erezione pulsante nei pantaloni.

Strappai anche quelli.

L'aria fresca sul mio cazzo mi provocò solo sofferenza. Feci una smorfia quando d'istinto presi un lembo di tessuto sopravvissuto alla mia furia, me lo portai al naso, inspirando forte quell'inebriante profumo di neve non ancora caduta e bosco.

Con uno strattone mi presi il pene nella mano libera e iniziai a toccarmi avidamente, chiusi gli occhi, immaginando ci fosse qualcun altro a soddisfare i miei bisogni.

Mi bastarono pochi minuti e venni con una tale potenza da farmi piegare le gambe, ritrovandomi in ginocchio.

Purtroppo, quell'orgasmo non aveva minimamente calmato la mia mente, anzi era riuscito ad alimentare ancora di più quella brama.

Con amarezza e una punta di umiliazione mi trascinai verso il bagno.

Il getto ghiacciato del soffione della doccia non intaccò minimamente il desiderio, l'erezione non ancora placata pulsava nuovamente.

Dovevo darmi una cazzo di calmata.

A questo ritmo avrei fatto una cazzata dietro l'altra e non potevo permettermelo.

Una volta finita la doccia, mi infilai un nuovo paio di pantaloni della tuta, una maglietta e scesi.

Intercettai Arthur, il maggiordomo sembrava nervoso, probabilmente il mio sguardo omicida doveva averlo intimorito. "Voglio che il materasso in camera mia sia bruciato, ripulite tutto e cambiate quella cazzo di aria." Sbraitai ancora fuori di me.

Senza aspettare la sua risposta mi diressi verso la biblioteca, Hypnos mi aspettava, la sua espressione era indecifrabile.

"Abbiamo due problemi." Mi disse con voce tranquilla ma grave.

Mi passai una mano nei capelli ancora bagnati. "Solo due?! Facciamo progressi." Borbottai, andando al carrello degli alcolici. Alzai una bottiglia di whiskey nella sua direzione, ma lui scosse la testa declinando la mia offerta. Scrollai le spalle e mi sedetti su una poltrona proprio di fronte al Dio.

Senza entusiasmo e ancora infuriato iniziai a trangugiare il liquido direttamente dalla bottiglia.

"Da quale vuoi che inizi?" Mi chiese lui guardingo, si comportava come se fossi un animale in gabbia dopo una vita libera.

Era proprio così che mi sentivo.

Mi passai una mano sulla faccia, rabbrividendo. "Da quello che non riguarda la nostra prigioniera." Gli dissi. Avevo usato il plurale solo per non vedermi analizzato dai suoi occhi scaltri, ma era la mia prigioniera e di nessun altro.

Lui scrollò le spalle, iniziando a tamburellare con le dita sulla coscia. "Come vuoi. È arrivata questa." La sua voce si fece ancora più bassa mentre mi mostrava una busta bianca, non aveva contrassegni quindi doveva essere stata consegnata a mano.

Scossi la testa per farmela passare, al primo tocco compresi di cosa poteva trattarsi. La carta era ruvida e odorava di ibisco e felce.

Atena.

Il Corvo e La RabbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora