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ARES


Un brontolio di pura soddisfazione proruppe dal mio petto quando la valchiria chiuse gli occhi in totale abbandono.

L'acqua era piacevole, anche se fin troppo calda per i miei gusti, ma la mia Scheggia era gelata e aveva bisogno di riscaldarsi. Ora che un po' di sporcizia se n'era andata potevo chiaramente vedere il suo pallore. Mi rilassai solo quando iniziai a percepire il calore tornare nel suo corpo, le guance si erano colorate di un rosa dannatamente erotico. Con una certa soddisfazione mi accorsi fosse lo stesso colore che aveva assunto durante tutte le volte in cui l'avevo toccata.

Rimasi a fissarla per un bel po', il suo corpo nudo era una distrazione costante, così tonico e con tutte le curve nei punti giusti. I seni erano pieni, ma non eccessivi, della misura perfetta a riempirmi le mani e al solo ricordo del suo culo sodo, il mio cazzo minacciò di tornare duro.

Cercando di ignorare per il momento i miei bisogni presi una spugna. Inarcai un sopracciglio a quell'oggetto, non ero solito circondarmi di cose inutili, ma per fortuna Arthur era di tutt'altro avviso.

Non avevo idea di quanto sapone vi dovevo mettere, quindi svuotai quasi del tutto la boccetta e con delicatezza iniziai a passarla su ogni centimetro di quel corpo scolpito dagli Dei.

La valchiria non sembrò disdegnare le mie attenzioni e si mosse pigramente sotto quel tocco.

Cercai di essere il più delicato possibile con la sua schiena martoriata, per fortuna aveva già iniziato a guarire.

Una volta pulita la mia prigioniera abbandonai la spugna e la sostituii con le mani, volevo sentire quella carne a contatto con la mia il più possibile.

Sembrava che la mia mente e il mio corpo non ne avesse mai abbastanza.

Le spalle delicate erano morbide e leggermente tese, le massaggiai fino a sentirla rilassare, con impazienza passai al petto. Quando le presi i seni tra le mani dovetti deglutire e in contemporanea la mia erezione si fece dura come un maledetto palo della luce.

Lei sospirò, inarcandosi a quel contatto, un sorriso spontaneo per quella reazione si fece largo sul mio viso.

Poteva raccontarsi quello che voleva, ma il suo corpo anelava quel piacere almeno tanto quanto il mio.

Cercai di ignorare una certa voce nella mia testa, quella voleva ricordarmi che la valchiria vergine avrebbe reagito in quel modo a qualsiasi maschio si fosse preso la briga di prendersi cura del suo corpo.

L'immagine di quella sua passione esigente sfogata con un altro mi fece vedere rosso.

Avrei ucciso chiunque le si fosse avvicinato.

Quel pensiero mi fece stringere la presa sul suo corpo, come se potessi reclamarla come mia con quel tocco.

Scossi la testa, cercando di ignorare quella pulsione, non negavo a me stesso il bisogno di fare sesso con la donna più bella che avessi mia visto, cercavo di ignorare solo la voglia crescente di tenerla con me.

Presi un'altra boccetta, sull'etichetta vi riportava la parola 'shampoo', lessi brevemente la descrizione. Tutte quelle cose mi erano estranee, ero solito lavarmi con un pezzo di sapone e basta.

Anche in quel caso gliene rovesciai metà confezione sulla testa e le massaggiai la cute. Quando risciacquai il prodotto i capelli della valchiria tornarono a risplendere di un biondo chiaro e lucido.

Ci passai le mani, chiudendo gli occhi come in estasi. Erano morbidissimi anche da bagnati.

La mia mente provò a immaginare quanto sarebbe stato erotico stringerli nel pugno mentre lei me lo succhiava con entusiasmo con quella sua bocca impertinente.

Il Corvo e La RabbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora