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ARES

Ai giorni nostri, da qualche parte nel Connecticut.

"Tieni troppo alta la guardia." La mia voce secca fece storcere il naso di Deimos, con la coda dell'occhio parai un colpo alle spalle da parte di Phobos.

"Non è vero." Mi rispose lui con un sorrisetto strafottente.

Gli feci un mezzo sorriso di rimando, effettivamente la sua guardia era perfetta, ma mettere in dubbio le sue capacità era un modo per tastare la sua bravura, se ne fosse stato insicuro non sarebbe mai diventato il migliore... ovviamente il migliore dopo il sottoscritto.

Ruotai il busto per parare un altro attacco del suo gemello, quello stronzetto amava giocare sporco, proprio come gli avevo insegnato io, provai un moto di orgoglio, non c'era spazio per l'onore in guerra.

Ciò che contava davvero era il risultato.

"I vostri colpi sono talmente deboli che mi fanno venire il dubbio di aver allevato due principessine anziché due guerrieri." Gli occhi di Bos si indurirono per quel commento. Il temperamento dei due era iracondo certamente un punto debole da poter sfruttare, come lo era il mio del resto.

I due avevano il fiatone, inarcai un sopracciglio, dannazione com'era possibile? Ci stavamo allenando da appena cinque ore.

Forse erano davvero delle principessine delicate.

"Se qualcuno di vuoi due inutili teste di cazzo riesce a ferirmi, vi concederò di guidare il prossimo attacco in una battaglia a vostra scelta." Sogghignai, cercando di spronarli. I gemelli si fissarono, probabilmente stavano avendo una di quelle conversazioni senza parole che avevano da quando erano solo dei poppanti attaccati al seno della mammina.

Senza farmi intuire nulla attaccarono nello stesso momento, uno da sinistra e l'altro da destra, in perfetta coordinazione.

Sbuffai, erano così prevedibili da non riuscire a reprimere uno sbadiglio.

Ero contento di testare la loro tecnica, non era male, avrebbero potuto sbaragliare senza problema qualsiasi nemico, ma ci voleva molto più di quello per battere me.

Spesso le persone pensavano io fossi solo un arrogante figlio di puttana, ma ero giunto alla conclusione fossero solo gelosi.

Schivai i loro colpi senza problemi, anche se quei due stronzetti avevano calcolato ogni singolo movimento, tanto da farmi trovare in difficoltà nei movimenti successivi.

Ora, iniziavamo a ragionare.

La fronte mi si imperlò di sudore, cercando di parare i colpi incalzanti e schivare gli affondi ben studiati, ma nonostante tutti quegli sforzi da parte loro, un'ora dopo erano loro quelli sdraiati sui tappetini della palestra ansimanti e nessuno dei due era riuscito a ferirmi in alcun modo.

Con il piede diedi loro un calcio per spronarli a rialzarsi. "Non abbiamo ancora finito." Alle mie parole i due gemettero, chiedendomi con lo sguardo pietà.

Sbuffai risentito. "Femminucce." Borbottai, lasciandoli mezzi morti di fatica in palestra.

Una volta uscito sorrisi, i gemelli erano giovani e un Dio aveva bisogno di tempo per acquisire forza e potenza, ma tutto sommato ero soddisfatto dei risultati.

I due erano miei fedeli compagni di battaglia da molti secoli ormai, quell'autunno sarebbero entrati a far parte del mio esercito ufficialmente. Scossi la testa amareggiato, ricordandomi di non avere più un esercito sulla quale comandare.

Dopo gli avvenimenti di qualche mese prima avevo dovuto prendere una dura decisione in merito e ora ero solo.

Strinsi i pugni, promettendo a me stesso di ricostruirlo più forte di prima, non mi importava quanto ci avrei messo, avrei scovato i migliori guerrieri del globo e li avrei arruolati. Il mio modus operandi in quel senso era sempre stato uno soltanto: testavo la forza degli umani e accuratamente sceglievo i più meritevoli e li convincevo ad entrare a far parte delle mie milizie.

Il Corvo e La RabbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora