12.

40 6 0
                                        


SIGRID


Mi svegliai da un sonno senza sogni, erano secoli che non mi capitava una cosa del genere.

Mi stiracchiai finalmente del tutto riposata e soddisfatta, le lenzuola morbide odoravano di amido e fresco, nell'aria un profumo seducente di metallo e legno affumicato mi fece sorride, per lo meno fino a quando non mi resi conto della situazione.

Ero nel letto del Dio della Guerra... di nuovo.

Mi alzai di scatto pronta a trovarlo a fissarmi sogghignante in qualche angolo buio della stanza spaziosa, ma di lui non c'era nemmeno l'ombra.

Inarcai un sopracciglio, tendendo le orecchie per captare qualche rumore, ma anche in quel caso non riuscii a percepire nulla di allarmante.

Nelle cucine qualcuno stava lavorando e un'aspirapolvere stava ripulendo qualche tappeto di una stanza al piano inferiore.

Con circospezione iniziai a vagare per la stanza, i mobili erano pochi, ma di pregevole gusto, anche se un po' troppo barocchi per i miei gusti, il tappeto era morbido sotto i miei piedi.

I miei piedi puliti.

Con un misto di shock constatai di essere nuda e la mia pelle profumava di bagnoschiuma.

Flash della sera prima mi colpirono uno dietro l'alto come proiettili nel cranio.

Ares che mi incatenava al letto... le cose che abbiamo fatto, le sensazioni provate, quell'eccitazione... cazzo!

Lui che mi curava la schiena ferita e il bagno... il bagno!

Il Dio dopo essersi preso cura di me, mi aveva persino lavata. Non ricordavo nulla di quel momento, dovevo essere svenuta a un certo punto quando mi aveva trascinata nell'immensa vasca da bagno.

L'ultima cosa che ricordavo era la sensazione di puro piacere tra il contatto con l'acqua calda e il suo calore.

Com'era stato possibile?

Mi passai una mano nei capelli irritata, erano nuovamente morbidi e quel dettaglio mi fece irrigidire ancora di più.

Il mio corpo si era arreso alle fatiche e quel Dio se n'era approfittato, le immagini delle sue grandi mani su ogni centimetro di me non mi diede lo sdegno che avevo immaginato, anzi se possibile mi lasciava ancora più confusa.

In più al danno la beffa, Ares mi aveva curata!

Per essere il mio peggior nemico e uno degli Dei più crudeli esistente era stato davvero... premuroso.

Cercai di relegare quei pensieri nell'angolo più buio della mia mente.

Ancora sotto shock iniziai a vagare, esplorando quella stanza con meno circospezione. Arrivata alla cabina armadio, mi fermai a osservare quegli indumenti con interesse, non era grande come ci si poteva aspettare. Alla mia sinistra erano appesi abiti eleganti di dubbio gusto. Ci passai le mani per poterli osservare, feci una smorfia arrivata a un completo di Versace particolarmente acceso, ma nulla in confronto alle scarpe perfettamente lustrate sistemate sui ripiani.

Divenni quasi cieca davanti a dei mocassini dorati lucidi.

Feci un'altra smorfia, quelle erano un vero obbrobrio, sicuramente un crimine contro il buon gusto punibile solo con la morte.

Non mi consideravo un'esperta, ma solo vedere quegli oggetti erano un buon motivo per mettere fine alla sua vita.

Mi mossi velocemente, passando al suo abbigliamento più pratico sulla destra, tute e pantaloni cargo, felpe e magliette.

Il Corvo e La RabbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora