ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ ᴜɴᴏ

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1. { 𝚗𝚞𝚘𝚟𝚘 𝚒𝚗𝚒𝚣𝚒𝚘 }

ℬ𝓁𝒶𝒸𝓀𝒷𝒾𝓇𝒹 𝓈𝒾𝓃ℊ𝒾𝓃ℊ 𝒾𝓃 𝓉𝒽ℯ 𝒹ℯ𝒶𝒹 ℴ𝒻 𝓃𝒾ℊ𝒽𝓉
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Quella panchina venne subito lasciata da Ophelia nel momento in cui chiuse la chiamata con il suo Adam;
Ophelia iniziò a camminare con un passo svelto, come se Adam fosse stato lì da un momento all'altro, ma, in realtà, si trovava ancora in un aeroporto della California.
Ophelia, per non pensare alla distanza che ancora li separava, iniziò ad essere ottimista decretando il fatto che, almeno, fossero all'interno dello stesso continente.
A quel suo stesso pensiero le scappò una risata buffa, cosicché alcune persone per strada la guardarono in modo interamente ambiguo, quasi dubbioso.
Adam, allo stesso modo di Ophelia, non riusciva a smettere di sorridere poiché tra poco meno di sei ore l'avrebbe rivista.
Per Adam fu sempre stato difficile stare lontano da Ophelia, dato che per lui era una specie di esempio da seguire.
Lei era la ragazza migliore che potesse mai incontrare nel corso della sua vita, pensò, da quando la conobbe.
Dal momento in cui i loro occhi si incrociarono, entrambi capirono che erano stati fatti l'uno per l'altra.

✈︎

Ophelia rientrò in albergo prima del previsto, dato che non distava molto dal centro.
Sinceramente, non vedeva l'ora di disfarsi di tutta quella roba messa un po' a caso per la stanza; dal momento in cui l'albergo era un luogo provvisorio.
Desiderava ardentemente di poter iniziare il college così da poter avere una stanza fissa all'interno; e preferibilmente una compagna di stanza gentile e dolce, pensò.
Infondo, un po' come lei.
Poggiò la borsa e il suo giubbotto di pelle sopra il letto a una piazza e mezza che si ritrovava in stanza e in un secondo momento fece una doccia rinfrescante, data la calda giornata che si presentò quel giorno.
A dire il vero, non fu interamente rilassante date le piccole dimensioni sia della doccia che del bagno in sé.
Uscì dalla superficie bagnata ancora con i capelli che facevano colare piccole gocce d'acqua sul suo viso roseo e prese l'asciugamano sul lavandino.
Decise di mettere un top abbastanza leggero e un pantaloncino, poiché nel pomeriggio le previsioni parlavano ancora di un po' di caldo 'estremo'.
Dopo si sarebbe cambiata.
Ophelia sentiva dentro di sè una felicità che non aveva mai provato prima, era un'emozione ancora sconosciuta all'interno del suo cuore, ma che stava iniziando a conoscere.
Non è come le altre emozioni, come quelle di stare con le persone a cui si vogliono bene, di fare una vacanza dopo una lunga settimana di arduo studio o lavoro.
Era diverso, questa volta. C'era qualcosa di diverso.
Proprio in quel momento sentì il cambiamento della sua vita sulla sua pelle, lo stava vivendo davvero.
Sembrerebbe stupido, ma Ophelia sognava questi giorni, questi momenti, da tutta la sua intera vita.
Fin da quando era solo una dolce e tenera bambina, vedeva in televisione i ragazzi raccontare la loro esperienza alla NYU e sperava un giorno di poter diventare una di loro.
E nello stesso istante pensò quanto il tempo fosse passato velocemente.

I suoi pensieri furono distratti dal suono insopportabile del suo cellulare, posato sul comodino.
Si avvicinó per afferrarlo e poi si sedette sul letto, non proprio comodissimo, e rispose.
"Ciao mamma, ciao papà!" Disse Ophelia, salutando con il gesto della mano i genitori in video-chiamata dall'altro capo del telefono.
"Ophi, ci senti?" Chiesero impacciati, dato che non erano eccellenti nell'uso del cellulare.
Ophelia sorrise, "Sì, vi sento! Mi vedete?" Chiese quest'utilma continuando a sorridere alla telecamera, finalmente i genitori annuirono e lei ne fu contenta.
Parlarono del più e del meno: i genitori di Ophelia dichiararono che infondo la sua presenza mancava e che, nonostante ciò, erano felici che la figlia stesse finalmente vivendo il suo sogno.
Ophelia annunciò dell'improvviso arrivo di Adam di quella sera e i signori Harrington furono sollevati al pensiero che la loro figlia non stesse più sola in una città così grande come New York.
Altresì lei cercò di nascondere, almeno per quel che riuscì, la nostalgia di casa e dei genitori; i quali erano una parte fondamentale di lei.
Tutto ciò le fece dimenticare ciò che stava facendo: prepararsi per andare all'aeroporto.
Così finì di truccarsi leggermente, senza sembrare appariscente e, dopo aver messo una giacchetta abbastanza leggera, uscì di casa.
Prese il primo taxi che vide passare davanti il marciapiede di casa sua e arrivò all'aeroporto nel minor tempo possibile, infatti non passarono neanche una ventina di minuti.
L'arrivo del volo di Adam era previsto per le 16:30, quindi sarebbe passata ancora una lunga ora.
Ma Ophelia era un amante dell'anticipo e preferì fare le cose con calma, arrivando il prima possibile.
Dunque, si incamminò verso uno dei bar all'interno dell'aeroporto e prese un drink rinfrescante mentre tra le sue mani teneva la sua lettura corrente.
Il suo telefono suonò dopo meno di un'ora, era un messaggio di Adam:

❥𝙰𝚍𝚊𝚖
𝚂𝚘𝚗𝚘 𝚊𝚙𝚙𝚎𝚗𝚊 𝚊𝚝𝚝𝚎𝚛𝚛𝚊𝚝𝚘, 𝚖𝚊𝚗𝚌𝚊 𝚙𝚘𝚌𝚘 𝚎 𝚏𝚒𝚗𝚊𝚕𝚖𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚜𝚊𝚛𝚊𝚒 𝚝𝚛𝚊 𝚕𝚎 𝚖𝚒𝚎 𝚋𝚛𝚊𝚌𝚌𝚒𝚊! 𝙲𝚘𝚖𝚞𝚗𝚚𝚞𝚎, 𝚊𝚟𝚛𝚎𝚖𝚘 𝚌𝚘𝚖𝚙𝚊𝚐𝚗𝚒𝚊.

Rilesse più volte il messaggio cercando di capirne l'ultima parte ma non le venne in mente niente che potesse essere collegato a New York.
Adam le avrebbe detto se fosse venuto insieme a qualcuno, no? Oppure l'aveva incontrato sull'aereo?
Smise di pensarci, poiché lo avrebbe scoperto a momenti.
E mentre continuava a guardare le porte aprirsi, sperava sempre che da una di esse uscisse Adam ma passarono un'altra decina di minuti e di lui non c'era traccia.
Ma proprio nel momento in cui inizió a preoccuparsi, dalla porta di fronte a lei vide uscire il ragazzo dai capelli biondi di un mosso naturale che non vedeva già da troppo tempo.
Vide i suoi immensi occhi verdi brillare, uniti ai suoi di un azzurro chiaro.
Lei non potè far altro che sorridere e correre verso di lui per abbracciarlo.
Si baciarono come se non si vedessero da anni e anni, infondo erano passate solo due settimane dal suo arrivo a New York.
"Mi sei mancato, Adam" disse Ophelia, con a corto di fiato e con una voce euforica.
"Anche tu, amore" rispose lui, continuando a tenerla stretta a sè.
Dietro di lui, però, si sentì un certo 'emh' imbarazzato. Ophelia alzò lo sguardo lasciando le braccia di Adam, per spostare lo sguardo su chi aveva davanti.
Il ragazzo davanti a lei e dietro Adam sembrava uscito da un film, nonostante avesse delle caratteristiche quasi comuni: i suoi occhi azzurri, caratterizzati da un colore pieno proprio come quelli di Ophelia. Il suo sorriso era qualcosa di perfetto, neanche Adam aveva un sorriso così ammaliante.
Inoltre i suoi capelli neri, interamente scompigliati rendevano il tutto magnifico.
"Ophi, lui è Jace: un mio vecchissimo amico di scherma, farà la NYU insieme a noi ed inoltre frequenteremo gli stessi corsi" Disse Adam sorridendo alla ragazza, ma Ophelia non lo ascoltó del tutto, talmente rimase incantata nell'osservare la magnificenza di quel ragazzo.
Poi, con un po' di contegno, tornó alla realtà e si schiarì nettamente la voce.
"Piacere, Ophelia" disse, poco sicura del suo tono.
Jace le sorrise ponendogli la sua mano e lei la afferrò esitante. "Piacere mio, Ophelia".
Gli occhi di Jace incontrarono per la prima volta il mare all'interno di quelli di Ophelia e per un solo momento lei sentì qualcosa di strano nel suo stomaco e non riuscì a spiegarlo.
Oltretutto, nel momento in cui lo vide per la prima volta pensò di conoscerlo da sempre.
"Prenderà la stanza accanto alla nostra, se non è un problema. La prossima settimana poi ci trasferiremo".
Adam subito dopo sorrise ad Ophelia con un sorriso a trentadue denti, poi prese la sua valigia con una mano e con l'altra prese la mano della ragazza.

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𝒂𝒍𝒐𝒏𝒆 𝒕𝒐𝒈𝒆𝒕𝒉𝒆𝒓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora