CAPITOLO UNO

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Il volume della musica risuonava forte nelle orecchie, il sudore mi imperlava la schiena, le pulsazioni del mio cuore battevano a un ritmo forsennato e l'adrenalina che ne provocava mi indusse ad aumentare la velocità.

Con la scarpa calpestai una pozzanghera i cui schizzi furono assorbiti dalle calze bianche e spesse che usavo portare sopra i leggings sportivi.

Amavo correre godendomi le prime ore del mattino, quando il traffico era scarso e il silenzio regnava su tutta la città.

La pressione dei piedi che calpestavano l'asfalto mi permetteva di scaricare tutta la tensione accumulata, e mai come quella mattina mi resi conto di quanto la recita che stavo faticosamente portando avanti stesse diventando sfibrante per me.

Non avrei retto ancora a lungo ne ero certa, così come era certa che quel limite sarebbe stato opportuno non superarlo mai.

Quando mi fermai col fiato corto, piegata con le mani sulle ginocchia, diedi uno sguardo al cielo: la pioggia notturna aveva rinfrescato l'aria ma il cielo era ancora uggioso. Guardai l'ora e mi resi conto di aver corso più tempo del previsto.

Decisi dunque di fare marcia indietro e tornare al mio dormitorio, dovevo infilarmi sotto la doccia prima che Samanta, la mia coinquilina, mi battesse sul tempo ed esaurisse tutta l'acqua calda a disposizione.

Al mio arrivo, l'alloggio era avvolto dal silenzio e la porta della camera da letto di Sam era chiusa. Stava ancora dormendo. Sollevata, mi diressi in bagno sciogliendo le due trecce che portavo ai lati quando mi dedicavo alle attività sportive, gettai i vestiti sulle piastrelle del pavimento e filai in doccia.

Rimasi qualche minuto sotto l'acqua calda, immersa nei miei pensieri, con gli occhi chiusi, il getto sul viso e la fragranza di mandorle, pesca e gardenia diffusa dei prodotti che usavo per lavarmi, stavo per iniziare a insaponarmi quando all'improvviso la tenda della doccia venne scostata con una tale forza da farmi balzare all'indietro.

«Ti stavo aspettando» un insieme di capelli arruffati dalle sfumature verdi mi si parò davanti.

«Sam!» mi portai le mani al petto spaventata. «Credevo dormissi!»

«Lo stavo facendo, prima che il tuo amico pensasse bene di passare da queste parti e svegliarmi».

Mi spostai una ciocca di capelli bagnata dagli occhi e deglutii. «È passato?»

Sam annuì, poi sollevò un bicchiere di carta pieno di caffè al caramello, a giudicare dall'odore. «Ti ha portato questo».

Sospirai. Il caffè al caramello era il mio preferito. «Lascialo pure in cucina».

Ma non lo fece, e in tutta onestà non mi stupii. Sam non faceva mai quello che le si chiedeva. Arretrò, abbassò la tavoletta del water che era posizionato di fronte alla doccia e ci si sedette sopra allungando le gambe sul bordo della vasca.

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