David

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CAPITOLO I

Il suo cuore batteva ancora per lei. La sua mancanza lo uccideva. Lo aveva lasciato troppo presto, e nel modo peggiore. E sapeva che l’unico modo per superare questo dolore era scoprire chi fosse lui. Solo in questo modo avrebbe potuto dimenticare. E solo così si sarebbe potuto vendicare.

L’autunno era entrato nel vivo. Le foglie si staccavano con prepotente violenza dai rami degli alberi. Il vento le spingeva lontano dalle grosse querce che abitavano il fitto bosco. Le foglie si muovevano in uno strano moto circolare e non uniforme, come danzando trasportate da una profonda musica di sottofondo. Era una giornata tranquilla, una tipica giornata d’autunno colma di serenità. La calma piatta che regnava libera e soave prese il sopravvento.
Era seduto su una roccia, vicino a un grosso ceppo maturo, a osservare il movimento dei rami degli alberi, sfiorati dolcemente dal vento. La sensazione che provava era indescrivibile. Gli ricordava di quando lui e Julia passeggiavano nel bosco, mano nella mano, come due giovani amanti alle prime armi. Il ricordo di lei, che gli sfiorava la mano con le sue piccole dita, i momenti di tenerezza quando si avvicinava al suo viso, per cercare un bacio mai banale. David prese in mano un foglia, e cominciò a romperla in pezzetti, immaginando che fosse un fiore, e che ne stesse staccando i petali. Rimase a guardare per alcuni minuti la bellezza che la natura gli stava offrendo, poi mise le mani in tasca e si diresse verso casa.
Rientrato nella sua abitazione, sentì il tepore investirlo, come l’onda del mare investe la riva. Il camino era spento, ma la brace ardeva ancora.
La casa era stata costruita con un legno pregiatissimo. Disponeva di un ampio salotto, c'erano una libreria e un grande camino. Adagiato sul pavimento una vistosa pelle d’ orso e un piccolo tavolino intagliato nell’ebano. Ma la parte che preferiva era sicuramente la poltrona rossa, rivestita di stoffa verde pregiatissima, che gli aveva lasciato una sua vecchia zia.
David entrò nel bagno e rivolse lo sguardo allo specchio, massaggiandosi la barba e il viso. La peluria era incolta e aveva due grosse borse sotto agli occhi. Non ricordava neanche l’ultima volta che aveva dormito senza svegliarsi per pensare a lei. Erano passati tre mesi, ma non riusciva ancora a farsene una ragione. Si adagiò sul suo letto a due piazze, posò gli occhiali rotondi e neri sul vetusto comodino e appoggiò la testa sul cuscino con la stessa delicatezza che usa una mamma per accarezzare il suo bambino.  In pochi istanti, fissando prepotentemente le travi di legno del soffitto, le palpebre si socchiusero, e David cadde tra le braccia di Morfeo.

Si svegliò di soprassalto. Credeva di essere nel mondo reale, ma aveva solo sognato. Anzi, l’aveva sognata. Di nuovo. Si alzò dal letto e scrutò l’orologio a pendolo in fondo alla stanza, erano passate quasi tre ore. Erano le cinque e sedici minuti. La mente lo portò immediatamente al letto, che andava sistemato, e dove ci aveva dormito senza neanche mettersi sotto le coperte. La sua mancanza lo affliggeva ancora di più quando rimuginava su questi particolari.
Spostò lo sguardo nella vecchia e sporca cucina e, quasi disgustato, si diresse in salotto.  Prese la bottiglia di whiskey dal tavolino in ebano e se ne versò un po’ in uno dei diversi bicchieri. Se lo portò alla bocca e ne bevve alcuni sorsi. Si era promesso e ripromesso di non bere, ma era convinto che non c’è l’avrebbe mai fatta. Ripose il bicchiere sul tavolo e si adagiò sulla poltrona davanti al camino. Si sarebbe riaddormentato, se non fosse stato per il vecchio telefono sul mobiletto vicino alla libreria, che si mise a squillare come un matto, facendo saltare letteralmente David dalla sedia.
“Pronto?”
“Salve, sono dell’ufficio municipale della contea, parlo con il signor Moverman?”
Era la voce di una donna giovane, era una voce dolce.
“Sì…”
“Signor Moverman, devo ricordarle che è indietro con parecchie bollette.”
“Ha ragione signorina… io… sì ha ragione. Pagherò appena posso.”
“Cerchi di fare presto, signor Moverman, o saremo costretti a prendere provvedimenti.”
La voce si era fatta fredda e impassibile. David sentì come un tremore salirgli lungo la schiena, e con voce quasi inesistente disse:
“Entro la prossima settimana pagherò tutto, glielo prometto.”
“Non deve prometterlo a me.”
“Certo, ha ragione signorina.”
“Le auguro buona giornata, Signor Moverman.”
“Anche a lei.”
La ragazza riattaccò. David aveva fatto una pessima figura, ma la cosa che lo spaventava di più era ovviamente il fatto di dover pagare centinaia di dollari di arretrato, senza avere in tasca neanche un soldo. Il suo lavoro da scrittore non aveva reso come sperato. In più, i problemi di alcolismo non gli avevano dato una grossa mano, e oltre a questi, la morte di Julia, sua moglie, lo avevano sprofondato in un baratro di povertà e commiserazione, dai quale uscirne era davvero difficile.
Avrebbe voluto ricominciare a scrivere. Il foglio di carta per terra, spiegazzato, sembrava chiamarlo. Ma aveva come un blocco. Quello stesso blocco che affliggeva tutti gli scrittori in crisi. Succede quando non si ha nulla da scrivere, neanche la più piccola storia. E per uno scrittore è un bel problema. Decise allora di stimolare la sua creatività. Sì alzo dalla sedia e cominciò a spostare le cose del salotto, per cambiargli posizione. Se la creatività non avrebbe bussato alla sua porta, sarebbe stato lui a farlo.

Passarono quasi due ore. Oramai era ora di cenare, e chissà che cosa. Sì guardo allo specchio. La camicia marrone non si intonava neanche un po’ con i jeans blu, ma del resto era ciò che indossava quasi tutti i giorni. Stivaletti di pelle e diversi anelli d’argento completavano la figura di un uomo che non sarebbe passato inosservato in qualunque luogo. Ed era così, difatti. I lunghi capelli neri sulle spalle e la barba folta accentuavano in modo importante la sua incuria.
Fece per entrare in cucina, quando bussarono alla porta con veemenza. David si avvicinò con calma, scrutando al di là del vetro. Era il suo amico e sceriffo della contea Mick Mitchum. David aprì, e l’uomo, dai modi bruschi, esordì:
“Fammi entrare e fammi scolare qualcosa, Dave!”
David non disse una parola. Mick aprì il frigo, prese una lattina di birra e si sedette sulla poltrona. Era alto quasi quanto lui, aveva dei grossi baffi, capelli corti neri e il fisico era in carne, Mick era decisamente fuori forma. Il poliziotto, che teneva la divisa anche per dormire, era un amico e coetaneo decisamente fuori dagli schemi.
“Allora, come ti vanno le cose, Dave?”
“Come al solito Mick… come al solito.”
“Non fare quella faccia, scrittore. Non sei convincente neanche un po'.” Mick scosse la testa e sorseggiò la birra. Poi inspirò e gli puntò l'indice della mano destra contro.
“Dave, sei ridotto uno straccio, lasciatelo dire. Non puoi continuare così.”
Sembrava quasi una minaccia.
“Dico davvero. E non te lo dico da poliziotto. Te lo dico da amico. Devi reagire.”
Appoggiò la lattina sul tavolino e piegò il busto in avantiper avvicinarsi di più a David, appoggiato per terra alla libreria.
“Dave, francamente, te ne devi fare una ragione… Julia non c’è più. E niente, dico niente, te la riporterà indietro. Ed è per questo motivo che devi voltare pagina.”
Mick riprese posizione appoggiando la schiena sulla poltrona, poi prese di nuovo la lattina e ne bevve gli ultimi sorsi rimasti. David lo guardava come imbambolato. Nel suo sguardo, il vuoto. Mick si alzò dalla poltrona, prese il tamburo sulla mensola della finestra e cominciò a intonare qualche motivetto. Poi tutt'un tratto, posò il tamburo, si mise di fronte a David, e lo indicò con l’indice:
“Una di queste sera, io e te, andiamo a farci due birre da Spencer.”
“Non so se ho tanta voglia, Mick.”
E lui con fare serio:
“Non mi interessa, una di queste sere ti passo a prendere! Non voglio sentire ragioni!”
David sospirò. E si arrese. Sapeva che quando Mick si metteva in testa una cosa non era possibile dissuaderlo. Dopo una serie infinita di raccomandazioni su cosa e come cucinarsi, lo strambo poliziotto lasciò la casa.

Erano le otto e cinquantatré minuti. Troppo tardi per mangiare, troppo presto per dormire. Così decise di bere. Ancora una volta. Afferrò la bottiglia di whiskey che Mick aveva fatto finta di non vedere, e se la portò alla bocca. Era più della metà. E se la finì tutta d’un sorso. Si dice che ogni uomo abbia un proprio limite. Ma quel limite, David Moverman, l'aveva già oltrepassato. Si sdraiò sul letto, prese una manciata di pinoli dal comodino, li ingurgitò, e nel volgere di pochi minuti cadde in un sonno profondo.

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