Sentimenti contrastanti

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David si trovava all’interno dell’atrio dell’unica banca di Rosewood. Stava aspettando il direttore. La banca era stata costruita di recente, in stile pressoché moderno. Superato l’ampio atrio, c’erano diversi sportelli d’ascolto, ognuno per il tipo di necessità di cui si aveva bisogno. Le pareti erano di color prugna, e dietro gli sportelli c’erano tutti gli uffici dei dirigenti, compreso quello del direttore. Passò quasi un’ora, finché un uomo sbarbato gli venne incontro, accennando una camminata un po’ incerta.
“Piacere, sono Frank Arlington, sono il direttore.”
“Salve, David Moverman.”
Era un uomo relativamente alto, sui quarantacinque anni, capelli neri brizzolati, occhi scuri e un fisico abbastanza esile. Era vestito con una giacca e dei pantaloni blu, una cravatta nera. Il sudore gli scendeva copioso dalla fronte, e non per certo per lo sforzo lavorativo. L’uomo lo fece accomodare nel suo studio. Era veramente molto raffinato, se l’aveva arredato lui. C’erano tre poltrone di pelle color prugna, e un tavolino trasparente. Le pareti erano bianche e il pavimento di un rosso scuro. La stanza era impreziosita da diversi vasi colmi di fiori.
“Dunque, signor Moverman. In cosa posso esserle utile?”
“Signor Arlington, innanzitutto vorrei sapere quanto ho sul conto.”
“Ma certo, signor Moverman, aspetti solo un secondo.”
L’uomo si alzò e si diresse fuori dalla stanza. Prima di prelevare soldi per un eventuale investigatore, forse avrebbe dovuto pensarci ancora. Non era una scelta qualunque.
“Eccomi qui. Dunque, al momento, lei ha un saldo di seimila duecento dollari.”
L’uomo appoggiò la schiena sulla sedia e mise il foglio dell’estratto conto sul tavolo.
“Non c’è nient’altro?”
“No. Lei non ha proprietà intestate, fatta eccezione per la casa e l’auto, e non ha nessun credito all’attivo. Ha un parente, non so, è sposato?”
“Sono vedovo, e abbiamo… avevamo il conto insieme.”
L’uomo deglutì, provando non poca vergogna.
“Mi dispiace, non ne avevo idea. Comunque, è tutto quello che ha. Vuole spostarli?”
“No, li lasci lì. Ma è probabile che nei prossimi giorni verrò a prelevare grosse somme rispetto al solito.”
“Certo signor Moverman.”

Uscì dalla banca e pensò a quanto gli potevano durare quei soldi. Non erano certi pochi, ma non erano abbastanza. Soprattutto se avesse deciso di ingaggiare un investigatore per scoprire il presunto amante di Julia. Forse doveva lasciar perdere, o forse doveva cominciare a cercarsi un lavoro vero. In ogni caso, si sarebbe confidato con Rebecca.

Erano le otto inoltrate, e il citofono di casa esplose in tutto il suo rumore. David aprì, era Rebecca.
“Accomodati, sto preparando alcune cose.”
“E così, siamo diventati cuochi, eh?”
“Magari, sto solo provando a cucinare un arrosto decente.”
Dave prese la faccia della donna tra le mani e sorrise.
“Mai come il tuo, naturalmente.”
“Certo che sì.”
“Sai mi è venuta in mente una cosa, Reby. In realtà, è venuta in mente al barbiere, Sandman. Una gran bella idea.”
“Del tipo?”
“Be’ ecco, ingaggiare un detective privato. Per capirne di più. Volevo sapere che ne pensavi.”
Rebecca lo guardava in modo strano.
“Un detective privato? E… secondo te che cosa scoprirebbe più di quanto tu già non sappia?”
“Scoprirebbe chi è che ha scritto le lettere. E’ il suo lavoro. Farebbe sicuramente più e meglio di quanto non abbia fatto io.”
“Non lo so, Dave, mi sembra un idea campata in aria. E poi ci vogliono molti soldi.”
“I soldi non sono un problema.” E invece sì, che lo erano. Ma non gliene importava nulla.
“E da me vuoi un consiglio?”
“Sì, o qualcosa che gli assomigli.”
“Ti direi di no. Non ne sono molto convinta. Secondo me non scopriresti più di quanto tu sappia. Ma so che sei testardo, quindi non mi ascolterai.”
Era molto probabile.
Consumarono una cena più che discreta, dettata se non altro, dagli sguardi ammiccanti di passione e complicità. Finché Rebecca si avvicinò a lui con movenze estremamente sensuali, sedendosi sopra le sue gambe.
“E io che pensavo di non avere nessuna possibilità con te.”
“Una possibilità va a concessa a tutti.”
Lentamente la donna fece scivolare una mano tra le cosce dell’uomo, e con voce sensuale e ammiccante gli chiese:
“Meglio di Julia, vero?”
Le improvvise parole della donna,fecero sobbalzare David dalla sedia, che si lasciò andare a un istintivo impeto di rabbia.
“Che cosa cazzo stai dicendo? Dico, hai la minima idea di ciò che ti è uscito dalla bocca?”
David era completamente rosso in viso, e Rebecca lo guardava con la bocca spalancata e il fare incerto.
“Dave, io non intendevo…”
“E che cosa intendevi, eh? Pensavo di potermi fidare di te Rebecca. Ma so che non è così. Ho sbagliato a darti una possibilità.”
Rebecca si fece seria in volto e uscì di casa, una seconda volta. David prese un lungo sospiro. Non gli andare dietro.
“Rebecca.”
Lei si fermò, ma non si girò.
“Perdonami, Rebecca. Non penso quello che ti ho detto. Lo sai.”
“Lo so, David, ma forse hai ragione tu. In fondo, è sbagliato.”
“No, non è così. La verità è che… Julia mi manca ancora tanto. Troppo. Questa è l’unica mia certezza fra le mille incertezze.”
“So anche questo, Dave. E forse al momento io rappresento un peso. Per te e per Julia, ed è meglio che mi faccia da parte.”
“Non intendo questo.”
“Non importa, Dave. In ogni caso non sono pronta a essere la numero due di nessuno. “
Rebecca se ne andò. Dave sapeva che non sarebbe finita lì, o almeno lo sperava. Perché a volte, certe parole fanno più male dei pugni. Certe parole sono come la pioggia, con l’unica differenza che da certe parole si rimane bagnati per sempre.

Si stava sistemando il gilet marrone scuro. Non lo indossava da parecchio tempo, e non pensava che gli sarebbe ancora andato.
Uscì di casa, entrò in macchina e si diresse verso la casa di Matthews. Nel mentre, pensò a quanto successo con Rebecca. Erano passati diversi giorni, e non si erano ancora rivisti. Forse avevano davvero chiuso per sempre. David si sentiva in colpa, ma quell’infelice uscita su Julia lo aveva fatto inviperire. L’ombra di sua moglie era come un difficile labirinto di emozioni, impossibile trovare la via d’uscita, e che metteva in pericolo tutte le sue relazioni, compresa quella con Rebecca.
Arrivò davanti casa dello psicologo e parcheggiò il pick-up. Prima di suonare rifletté a lungo. Non riusciva più ad avere il tatto necessario. Se Matthews fosse stato l’amante e l’assassino di Julia stava correndo un grosso pericolo. Se invece non lo era i suoi dubbi erano totalmente inutili. David tornò in sé e suonò.
“Signor Moverman, che piacere. Prego, entri.”
“Come ha passato questa settimana, signor Moverman. Ha visto qualcuno?”
“Sì, una donna.”
“Me ne vuole parlare?”
“Sì, è una buona idea. Si chiama Rebecca. E’… era un amica di Julia. La vedo spesso”
“E quando vi vedete…?”
Da come lo avevo guardato, la domanda era fin troppo chiara.
“Si, ma l’ultima volta abbiamo litigato pesantemente. Mi ha detto una cosa su Julia che non ho apprezzato.”
Matthews rifletté un attimo poi gli chiese:
“Ma lei sente di provare qualcosa per questa donna, signor Moverman?”
“Non lo so di preciso. Forse. O forse no.”
“Uhm, allora diciamo che lei forse ama questa donna ma Julia le manca ancora molto, e lei pensa di dover scegliere, giusto?”
“Sì. E’ così.”
L’uomo inarcò la schiena e congiunse le mani.
“Vede, signor Moverman, il fatto di amare un'altra donna non le preclude di perdere per sempre colei che era sua moglie, quando era in vita. Non smettiamo mai di amare nessuno, signor Moverman. Io penso che lei debba trovare un equilibrio interiore. E al momento mi sembra un ottima idea ricercare un po’ di svago. Ora, io non patteggio per questa donna, che neanche conosco, ma sono convinta che Julia, da lassù, se potesse parlarle, le direbbe che in fondo non c’è nulla di male. Nulla.”
“Vorrei tanto parlare con lei.”
“Signor Moverman, le persone che amiamo e che non ci sono più parlano continuamente con noi, lo fanno attraverso lo spirito. Da qualche parte nell’aria, c’è un po’ di loro.”
David lo guardò con un po’ di malinconia. Erano belle parole, così cariche di verità.
“C’è altro di cui vuole parlarmi, signor Moverman?”
“No direi che… Anzi, una cosa ci sarebbe. Ho deciso di affidarmi a un investigatore privato.”
L’uomo lo squadrò con aria attonita.
“Un investigatore. Be’, non una scelta facile. Si è già confidato con qualcuno?”
“Con Rebecca.”
“E che cosa le ha detto?”
“Non ne è molto convinta. Soprattutto per un problema di natura economica.”
Matthwes lo fissava corrugando la fronte.
“Questa è una decisione che spetta a lei. Deve valutare tutte le possibilità e fare le necessario scelte. Se crede che così sarà più facile, allora è giusto che prenda questa strada. Io non ho nulla da temere.”
Un largo e contagioso sorriso si stampò sul volto dell’uomo. Come era stato stupido ad accusarlo senza neanche una prova, pensò lo scrittore.
In breve tempo, i quarantacinque minuti passarono in gran fretta. David non voleva ammetterlo, ma si era creata una leggera sintonia. Voleva ringraziare Mick per averlo convinto, anzi obbligato, ad andarci. Presto l’avrebbe chiamato. Gli rimaneva solo un dubbio. Se il medico stesse fingendo. Ma decise di escludere questa ipotesi. Più per simpatia che per altro.
E se fosse stato proprio questo il gioco dell’uomo?
Comunque, la sua decisione già l’aveva presa. Si sarebbe rivolto a un investigatore privato.

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