Il dottor Matthews

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L’orologio segnava le otto e ventidue minuti. Era una bellissima mattina di sole. Le lancette parevano rincorrersi con una lentezza senza fine. David si era vestito con una giacchetta blu chiaro su una maglietta bianca., jeans neri e i soliti stivaletti.
Pensò a lungo sul da farsi. Si muoveva per casa con passo incerto.
Poi prese la lattina di coca cola sul tavolo e ne bevve alcuni sorsi. Sarebbe voluto andare sotto casa sua. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi. Avrebbe voluto sapere la verità. David voleva sapere tutta la verità. Aveva una fame di verità che lo divorava tanto quanto l’odio.
Pensò a tutti i momenti in cui non si era preoccupato. Quando non riusciva a capire il dolore della donna.
La rabbia lo torturava.
Se, come pensava, era veramente lui l’uomo che si era approfittato di Julia, se era veramente lui l’amante, gliel’avrebbe fatta pagare. Non era sicuro di ciò che avrebbe fatto. Non poteva sapere con precisione se si sarebbe controllato o meno. Ma doveva muoversi con cautela, non poteva gettarsi a capofitto in una situazione così complicata. Non poteva bruciare le tappe. Non poteva mandare tutto in fumo. Ma aveva aspettato già abbastanza. Si sarebbe vendicato. La vendetta è come la morte, arriva quando meno te l’aspetti. Ed è fredda, estremamente fredda. Rifletté a lungo. Quel briciolo di buonsenso che gli era rimasto lo spinse a pensare di informare Mick. Ma cambiò idea. Non perché non si fidava. Ma perché gli avrebbe detto di no senza ombra di dubbio. L’avrebbe fermato a tutti i costi. Seguirlo era l’unico modo per conoscerlo da vicino. Solo allora avrebbe potuto scoprire le carte.

Lungo il tragitto che portava alla casa di Paul Matthews pensò a lungo alla giornata passata. Pensò a lungo a Rebecca, e a quanto avesse potuto soffrire mentre lui e Julia stavano insieme. Era la migliore amica dell’uomo che amava. Non una situazione particolarmente piacevole. Avrebbe potuto fare di tutto per rovinare il loro rapporto. Poteva covare un invidia disarmante. E invece Julia ne parlava sempre bene. Ne esaltava i pregi, e ne difendeva i pochi difetti. Un matrimonio alle spalle finito male, con un uomo più anziano, e che non amava, ma che le aveva dato una stabilità mentale, oltre che economica. Avrebbe voluto avere figli, ma l’uomo, un banchiere più grande di lei di vent’anni, non glie ne aveva dati. Anzi, molto probabilmente, non avevano mai avuto rapporti sessuali.
Fuori dal finestrino, seppur a velocità decisamente elevata, si poteva osservare la meravigliosa quantità di piante e alberi che affollavano la zona circostante Rosewood. Querce e cipressi si ergevano in tutta la loro maestosità. In alcune parti la ricca vegetazione esplodeva in tutta la sua bellezza con colori caldi e lucenti.
David stava percorrendo un sentiero lastricato di sassolini, ghiaia e ciottoli. Più avanti si poteva scorgere una stradina sterrata che dava sulla campagna. La casa dello psicologo era ormai alle porte.
Il casolare, dalla cima della collina, appariva decisamente grande. Anzi, era monumentale. Tutt’intorno una radura verdastra, molto probabilmente, nella quale vi si trovavano diversi orti. Per abitare in un casolare così grande, Matthews avrebbe dovuto affittarlo. Per averlo comprato necessitava di una notevole somma di denaro. E poi si era trasferito da poco. A David sembrò strano.
Spense il motore e continuò a osservare. Il Sole illuminava la zona con estrema lucentezza, si poteva osservare un panorama stupendo. In lontananza, era appena possibile scorgere le acque del lago Lemmon, che in autunno si trovavano in uno stato profondamente primitivo. David aprì il finestrino e poté sentire la leggera brezza del vento inondarlo di piaceri immensi. Quaglie e fagiani volavano imperterriti nel cielo blu limpido come il mare. Aprì il cruscotto ma lo richiuse subito. Era convinto di trovarvi una bottiglia di whiskey. Aveva deciso di bandirlo, ma non ci aveva ancora fatto l’abitudine. Forse, chissà, per affrontare quell’uomo gliene sarebbe servito un po’.
Passarono quasi due ore. Nessuna traccia della Chevrolet dell’uomo di cui aveva preso nota dal barbiere, il signor Sandman, e nessun movimento intorno alla casa. Dopotutto, a freddo, l’idea di piantonarlo e seguirlo non era delle migliori. Aveva ottenuto una miriade di informazioni dal barbiere e da un cacciatore della zona, e sicuramente non era il tempo a mancargli, ma quell’attesa senza certezze lo uccideva. Conscio dell’impossibilità di aspettare ancora, scese per il lungo viale all’interno del campo.
Suonò diverse volte, ma invano. Il campanello doveva essere uno di quelli dal suono leggero, David da fuori non lo sentì. Forse rotto.
All’improvviso si rese conto dell’assurdità di quella situazione. Stava suonando alla porta dell’uomo con il quale, sicuramente non avrebbe scambiato parole di affetto. Gli sembrò tutto così assurdo, perché nessuno rispondeva. Sembrava una presa in giro, l’eterna pena per i suoi sforzi non ripagati.
Forse avrebbe dovuto dirlo a Mick. Dopotutto Matthews era un sospetto, un probabile assassino, o almeno così voleva credere lui. E David non aveva la stoffa del giustiziere. Trovarselo davanti avrebbe potuto scatenare in lui qualsiasi tipo di reazione. Anche di paura.
Fece un breve giro intorno al casolare. Non vide nessuna faccia, nessun segno. Probabilmente si trovava in città. Dalle informazioni che aveva preso riceveva i suoi clienti a casa, e Julia poteva essere stata uno di quei clienti. La sua linea di vestiti la impegnava molto. Una breve battuta, una frase concitata, poi un dialogo appassionato. David la immaginò seduta su una poltrona o un lettino, a raccontare dei suoi scatti d’ira o dei pomeriggi passati attaccato alla bottiglia. Ai rari momenti di complicità e affetto. Quando si prometteva e si riprometteva di cambiare. E non cambiava mai.
Il vento spirava con appassionata celerità. I capelli venivano soavemente catapultati sulla sua faccia coprendogli per alcuni attimi la visuale. Si guardò intorno e decise di tornare all’auto.
Infilò le chiavi e fece per mettere in moto, quando sentì dei rumori. Era una macchina. Scese e notò una Chevrolet rossa che arrivava dalla radura adiacente. Si muoveva su un lungo sentiero sterrato e accompagnato, per alcuni metri, da un muretto in argilla.
L’auto si fermò davanti al casolare. L’uomo scese ed entrò in casa.
Era lui.
Decise di avvicinarsi. Scese per il sentiero a passi spediti, e si trovò di fronte al grosso portone in legno. Solo allora si rese davvero conto della maestosità della casa. Era eccezionalmente preponderante. David suonò. In attesa che l’uomo aprisse, ripassò il discorso che gli avrebbe fatto, e che aveva diligentemente studiato e ripetuto nel corso delle ultime giornate. Il cuore gli batteva forte e l’adrenalina scalpitava furiosa.
La porta si aprì.
Davanti a David si parò un uomo sui quarantacinque anni, alto, calvo, occhi neri e barba rasata. Aveva una corporatura esile ed era poco allenato, aveva un grosso neo sulla guancia sinistra. Vestiva con una giacchetta verde smeraldo su una camicia bianca, dei pantaloni beige e delle scarpe di cuoio nero.
David rimase a fissarlo alcuni istanti, senza proferire parola, finché l’uomo non decise di rompere il ghiaccio.
“Salve, desidera?”
“Salve… mi chiamo David Moverman, è lei Paul Matthews?”
“Sì, sono io. Il suo cognome mi pare familiare”
Controllava le sue parole con estrema calma.
“Sono il marito… o per meglio dire, il vedovo di Julia Moverman.”
L’uomo lo scrutò interrogativamente per alcuni secondi. Poi incrociò le braccia sospirando e gli rispose.
“Mi dispiace per sua moglie signor Moverman. Ma, certo, Julia. Una donna eccezionale. Sono terribilmente dispiaciuto per quello che le è successo.”
Per quello che gli hai fatto. Pensò David. Si accorse di essere come immobilizzato di fronte all’uomo. Non si aspettava questo comportamento da parte del suo fisico. Non credeva che avrebbe potuto reagire così.
“Vuole entrare a bere qualcosa, signor Moverman?”
Non accettare, non accettare, si disse David.
“Sì, volentieri.”
All’interno la casa sembrava ancora più grande. Le pareti erano costellate di quadri di ogni genere e di ogni colore, c’erano due divani rossi di cuoio e una poltrona di stoffa pregiata davanti a un camino enorme ed estremamente bello. Diversi tappeti persiani erano collocati sotto la finestra che dava su un cortile esterno, e c’erano numerose foto di lui in posti esotici. Doveva essere un accanito viaggiatore. Perfetto per manipolare una mente fragile come quella di Julia, che tra l’altro adorava viaggiare, non avendone, tuttavia, la possibilità. Poteva scorgere un imponente scalinata che dava al piano di sopra. Sulla parete rossa del camino vide la testa di un alce imbalsamata. Era un cacciatore. E non solo di animali.
“Come va signor Moverman? Si è ripreso?”
David doveva stare attento alle sue parole. Dopotutto era uno dottore della mente. Era abituato a giocare con quelle.
“Più o meno. Diciamo che potrebbe andare meglio.”
“Quando si perde qualcuno, signor Moverman, la prima cosa che si fa è non accettare che lo si ha perso.”
“Lei ha mai perso qualcuno?”
La voce di David si faceva sempre più minacciosa.
“No, signor Moverman, ma conosco alcune persone a cui è successo. Scavo nella loro mente per cercare anche il più piccolo briciolo di autorevolezza. E’ il mio lavoro.”
David si avvicinò cupo in volto. La calma di quell’uomo lo faceva innervosire.
“E lei pensa di fare bene il suo lavoro?”
Matthews inarcò le sopracciglia.
“Alcune volte mi riesce bene, altre no. Ma metto tutto me stesso in quello che faccio. Bene, signor Moverman, vuole prendere un appuntamento?”
David ebbe una sensazione di sgradevolezza. Si prendeva gioco di lui. Forse era bravo con le parole, ma non aveva lo stesso potere di incazzarsi che aveva David.
“Non sono qui per farmi strizzare il cervello da te, maledetto idiota. Sono qui per Julia. Sono qui perché dovrai pagare per quello che hai fatto, e pagherai. Eccome.”
La faccia dell’uomo si fece interrogativa, ma non mosse un dito.
“Signor Moverman, di che cosa sta parlando?”
“Non capisci, vero? Bene, te lo spiego subito. Julia veniva qui da te. E tu, maledetto depravato, l’hai convinta ad aprirsi. Lei ti ha parlato di me, di quanto la facevo soffrire e di quanto lei ci stava male. Finché non sei riuscita a portartela a letto. Per lei la cosa è finita là, ma non per te. Lei non ci stava, così gli hai dato appuntamento al lago e l’hai ucciso, vero?”
David sputò queste parole con tutto il fiato che aveva in gola. Un rivolo di saliva gli scendeva dal labbro inferiore. Matthwes lo guardava con incertezza.
“Signor Moverman, non so di cosa sta parlando, ma la invito a uscire da casa mia. Ora. O sarò costretto a chiamare la polizia.”
“La polizia, certo. Ma scommettiamo che se la chiami arresteranno te?”
L’uomo finalmente arretrò di alcuni passi, e David ne fu felice.
“Mi ascolti, non so su che basi lei mi accusa, ma io non ho niente a che vedere con questa storia. Conoscevo Julia da poco e non abbiamo avuto nessuna relazione. Il nostro rapporto si limitava a un buongiorno e un buonasera. Per il resto, non so di cosa stia parlando.”
La rabbia e l’odio ceco trasformarono David in un animale a sangue freddo. Si avvicinò all’uomo a passi spediti, e una volta arrivato a sensibile distanza, lo prese per il colletto della giacca e gli sussurrò aggressivamente:
“Ascolta bene. Se fossi un’altra persona, farei di tutto per portarti in tribunale, e nonostante tutto sarebbe un fallimento, perché sei stato fottutamente bravo a nascondere anche il più piccolo indizio. Per tua sfortuna, non sono quel tipo. Sono vissuto tra i giorni passati a non mangiare, e quelli di quando mio padre mi picchiava. Quindi puoi immaginare cosa ci faccia io con i tribunali. L’unico senso di giustizia che conosco è quello personale, e se pensi che mi faccia scrupoli a infilarti un coltello in pancia e buttarti nel fiume pensi male. E’ solo questione di tempo. Devo capire qual è il momento giusto e poi mi vendicherò di te, lurido verme.”
David lo fissava con il sangue agli occhi, poi lo spinse via, e se ne uscì. Matthwes aveva lo sguardo incerto e impaurito. La paura di quelle parole e di quelle gesta lo avevano svuotato di ogni energia, e gli avevano lasciato un senso di profondo malessere. La testa gli girava con foga e le gambe gli tremavano terribilmente. Tutta la sua calma era svanita in pochi istanti.
Andò in cucina e si versò diversi bicchieri d’acqua. Con le poche forze in corpo, fece il numero dell’ufficio dello sceriffo.

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