Caccia al killer

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Erano le dieci passate, e lo scrittore fu svegliato dal campanello di casa, premuto con vigore. David spostò leggermente la tendina. Era Amberson.
“Prego entri, detective.”
Solo in un secondo istante notò una giovane donna sulla trentina accompagnare il detective privato. Dapprima pensò potesse essere la moglie, idea che però gli fece fare una smorfia.
“Ieri l’ho chiamata, detective. Il telefono squillava a vuoto.”
“Sì, lo so, ma ho avuto da fare. Le presento Alice Collins. Sta facendo del praticantato, è laureata in criminologia.
La scrutò attentamente, e si chiese perché non era entrata in polizia. Aveva capelli castani mossi, occhi castani e dei lineamenti molto fini. Vestiva con dei jeans,  una camicia rossa a quadri e stivaletti di pelle. Aveva un fisico atletico e slanciato.
“Piacere, Alice.”
David porse  a sua volta la mano e andò al sodo.
“Ha scoperto qualcosa, signor Amberson?”
“Prima, senta quello che ha da dirle la signorina Collins.”
“Sì. Dunque, avendo esaminato attentamente il referto e valutato le indagini, tutto mi lascia supporre che il profilo criminale sia quello di un uomo sessualmente frustrato, che di fronte al diniego da parte della vittima di continuare la relazione abbia agito d’istinto, senza pensare.”
David la fissò per alcuni secondi e poi si voltò verso Amberson.
“Cosa significa? Che è un pervertito?”
“Non esattamente.”, intervenne Alice, che continuò. “Ho modo di pensare che sia un uomo che di fronte al rifiuto di sua moglie a continuare la relazione, sessualmente e non, abbia compiuto un gesto senza rifletterci sopra. Un uomo che fino a quel momento non aveva mai avuto esperienze del genere, o che comunque era diverso tempo che non le provava.”
Vedendo lo sguardo incerto di David, Amberson intervenne.
“In sostanza questo profilo ci permette di restringere la cerchia dell’assassino tipo che potrebbe averla uccisa.”
“Volete dire che potrebbe essere un uomo sposato?”, insinuò David.
“Non è escluso. Forse un uomo solo, ma anche uno che abbia totalmente perso la testa per sua moglie.” rispose la giovane.
David non era poi così convinto che fosse granché d’aiuto. Ma non poté far finta di notare il distacco con cui la giovane donna operava il suo mestiere.
Si massaggiò delicatamente le tempie e si rivolse ad Amberson.
“Lei ha novità?”
Amberson, con un sorriso mestamente fiero, tirò fuori dalla sua borsa a tracolla una busta di plastica. Dentro c’erano delle foto. Le porse a David e gli chiese:
“Il giorno della morte di sua moglie, al lago Lemmon. Si è mai chiesto come avesse fatto a raggiungere il centro del lago con un masso legato al collo da una robusta corda?”
“No, insomma, nel referto c’è scritto che…”
“Che ci è arrivata dalla riva, e poi la corrente l’ha spinta al centro del lago, che è parecchio profondo già dai primi passi nell’acqua. Solo che la corrente d’acqua di un lago non sposta un masso di quindici chili.”, intervenne Amberson.
Amberson porse le foto a David. Erano di una barca a motore, piccola ma robusta. A David parve di capire.
“Sarebbe la barca con cui…”
“Si, signor Moverman, è la barca da cui sua moglie è stata gettata al centro del lago.”
“Dove l’avete trovata?”
“Ho setacciato oltre tre miglia di vegetazione intorno al lago. L’ ho trovata in un anfratto coperto dagli alberi.”
“Come faceva a saperlo?”
“ Non lo sapevo, ma ero sicuro che ci fosse.”
“Da solo?”
“No, mi ha aiutato un pescatore del luogo.”
David alzò lo sguardo, stupito.
“Quel pescatore?”
“Sì, proprio lui. Quello che trovò il corpo di sua moglie.”
David sì alzò, braccia ai fianchi, fronte corrugata.
“E come crede che l’assassino l’abbia trasportata fino al lago?”
“In auto, ovviamente.”
“E neanche la più piccola traccia?”
“Non lo so, signor Moverman.”
“La barca non è comunque una prova di un omicidio, detective.”
“Lo so, ma infatti c’è dell’altro. Non ha mai notato un particolare, nel referto, che anche io non avevo notato la prima volta. Ma l’ho fatto solo consultandolo una seconda volta.”
Amberson tirò fuori dalla borsa la copia del referto dell’autopsia che aveva ottenuto giorni prima, e prese la pagina della foto del cadavere di Julia.  David fece una smorfia e non guardò.
“Forse dovrebbe guardare, signor Moverman. So che è doloroso, ma ne vale la pena.”
David si sforzò e diede uno sguardo alla foto. Il corpo di Julia disteso sulla riva, i capelli arancioni emanavano ancora una luce intensissima. Amberson riprese la parola.
“Guardi le mani, le unghie. Sono quasi tutte spezzate.”
“Che vuole dire con questo?”
“Non lo immagina?”
“Una colluttazione?”
Amberson lo guardò con distinta ovvietà. David voleva ulteriormente convincersi.
“E se se lo fosse procurate cadendo?”
“Dalla barca? Neanche per sogno, signor Moverman. Forse una, due non otto su dieci dita. Mi creda, Moverman, si è difesa, o almeno ci ha provato.”
“E l’assassino non ha fatto nulla per difendersi? Un colpo in faccia, in testa…”
“O sulla schiena, sulla pancia, sulle gambe. Sul referto non c’è scritto nulla. Come si chiama il medico legale della contea?”
“Perché lo vuole sapere?”
“Perché ci andremo a fare una chiacchierata.”

I tre presero il pick-up di David. Sarebbero prima andati a parlare con il medico legale che aveva il suo ufficio all’obitorio cittadino di Rosewood, e poi un avventurosa passeggiata lungo le rive del lago Lemmon.
Dopo alcuni metri, notando che Alice immersa in chissà quali pensieri col suo computer portatile, David si rivolse con fare molto furtivo al detective Amberson.
“Signor Amberson. C’è una cosa che devo dirle. Ieri mattina sono andato a fare un giro a Flanagan, e di ritorno all’auto ho trovato impigliato nel tergicristalli un biglietto. Sopra c’era scritto che se non dimenticavo la faccenda di mia moglie mi facevano fare una brutta fine.”
“Amberson guardò David toccarsi vistosamente il mento, e gli chiese:
“Ha con sé il biglietto?”
“No, l’ho consegnato allo sceriffo.”
“Cazzo, Moverman. Perché l’ha fatto?”
“Be’, perché è il capo della polizia! Non avrei dovuto?”
“Meglio che si rivolga a me la prossima volta, chiaro?”
“Che cosa vorrebbe dire?”
“Nulla di che, ma è meglio se la prossima volta lo faccia vedere prima a me.”
“Nessun problema. Lei che ne pensa?”
“Penso che se c’era il benché minimo dubbio dell’esistenza di un assassino, ora abbiamo una certezza assoluta. E per averla seguita fino a Flanagan è anche parecchio nel panico.”
“E se fosse uno di Flanagan?”
“Uhm, lo escludo. Ragioni, signor Moverman. Se fosse stato qualcuno di Flanagn, lo sarebbe venuto a sapere. Qualcuno avrebbe visto sua moglie in città, qualcuno avrebbe parlato. Flanagan è grande. Ma non così grande. No. L’assassino è una persona  che sua moglie conosceva molto bene. E lo conosciamo bene anche noi. Ne sono sicuro.”

Parcheggiarono poco distante dall’obitorio. Era una struttura in cemento, di colore grigiastro, con due sole entrate. Una davanti e una esterna di sicurezza dove Mac Bodmer, sessantasette anni, coriaceo e robusto medico legale andava a fumare tra un cadavere e l’altro.
Entrando, uno squarcio di luce da un finestrone in fondo al corridoio li destò. Una ragazza sui trentacinque anni si avvicinò togliendosi i guanti in lattice.
“Salve, dovete fare un riconoscimento?”
“No, siamo qui per parlare con il dottor Bodmer.”, disse David.
“Prego, seguitemi.”
La giovane donna si voltò e aprì una delle tre porte nella stanza e chiamò il dottor Bodmer, intento a scrivere su una cartella. Su un lettino al centro della sala c’era un cadavere avvolto dentro una tuta bianca in plastica.
“Mac!”
L’uomo si girò. Aveva un camice grigio pulito minuziosamente. Lunghi capelli bianchi all’indietro e un volto segnato dal tempo, ma ancora vispo. Baffi e pizzetto bianchi. Il tutto per un circa ottanta chili di peso e un metro e settanta di altezza.
“Che c’è, Sally?”
“I signori vogliono parlare con te.”
Anche Bodmer si tolse i guanti e facendo cenno alla donna di andare posò la cartella con la penna. Sally chiuse e la porta e l’uomo chiese:
“Cosa posso fare per voi?”
Fu Amberson a parlare, forte della sua posizione professionale, togliendo quasi la parola a David.
“Sono il detective Amberson, investigatore privato, sto lavorando al caso del signor Moverman.”
Con l’indice sinistro indico David e poi continuò.
“Vorremmo avere un paio di informazioni su una donna di nome Julia Moverman, sua moglie, deceduta suicida nel lago Lemmon.”
Il dottor Bodmer inspirò e cercò la cartella relativa a Julia dentro una cassetta di alluminio. Prese il fascicolo e lo porse all’investigatore.
“Eccolo.”
Amberson la prese e la diede a David, che la aprì. Poi il detective continuò.
“Dottor Bodmer, posso chiederle un paio di cose?”
“Certo, mi dica.”
“Quando la polizia le ha portato il cadavere, presentava segni di ematomi?”
“C’è scritto tutto nel referto, signor…”
“Amberson… Signor Bodmer,  ma noi ne abbiamo una copia, lo abbiamo già letto il referto. Non c’è nulla, e il signor Moverman era troppo scosso, il giorno del riconoscimento, per ricordare alcun dettaglio.”
“E allora perché diavolo lo venite a chiedere a me?”
Vedendo che Bodmer si faceva sempre più inspiegabilmente scontroso, Amberson continuò e tirò fuori la foto del cadavere di Julia il giorno del ritrovamento.
“Questa e la foto del cadavere il giorno del ritrovamento. Che cosa ne pensa delle unghie spezzate e rovinate?”
“Non so. Potrebbe essere caduta.”
“Cade e non si fa neanche un livido?”
Di fronte al mutismo dell’uomo, Amberson rincarò la dose.
“Sul referto c’è scritto che l’omicidio è avvenuto il 15 agosto. Né è sicuro?”
“Sì, ne sono più che sicuro.”
Amberson, David e Alice notarono che Bodmer cominciava a sudare. David non stava nella pelle.
“Dottor Bodmer chi nasconde?”
“Starà scherzando, spero! Io non nascondo proprio nessuno! Ho svolto e svolgo il mio lavoro nel modo migliore possibile. Se ci fosse stata qualche anomalia o avessi avuto qualche sospetto lo avrei  fatto presente al capo della polizia. Così non è stato. E comunque, ripeto, è tutto nel referto.”
E’ tutto nel referto. Amberson sapeva che non era così.

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