Capitolo 5: "il lupo perde il pelo ma non il vizio" (NEW VERSION)

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POV: BEATRICE

Quel giorno tornai a casa con il sorriso stampato sul viso, un sorriso che non avevo da più di tre anni. Mia zia, che non mi vedeva mai sorridere, si stupì e mi chiese con un tono scherzoso:

"Wow! Finalmente un sorriso. Da quando sei qui non ne ho mai visto uno."

Felice, le risposi: "Zia, devo parlarti."

"Dimmi tutto cara! Cos'è successo?"

"Ho conosciuto un ragazzo..."

"Ah! Che bella notizia! E come si chiama?"

"Si chiama Mason, ed ha 15 anni."

"Mi fa piacere per te... E non avete ancora fatto niente?"

"In che senso?"

"Ve lo siete dati un bacino?"

Con un tono un po' imbarazzato, risposi: "Ehm... sì!"

"State insieme ora?"

"Ancora no..."

"E cosa hai intenzione di fare?"

"Non ne ho idea! Per questo mi sono rivolta a te!"

"Rispondimi molto sinceramente: Cosa provi per lui?"

"Io lo amo, mi fa sentire sempre molto apprezzata e al sicuro. Ma dopo quello che è successo con Jacob, non riuscirei a fidarmi così facilmente..."

"Gli hai raccontato la storia di Jacob?"

"Sì."

"Allora ti sei già fidata! Non ti privare di niente, se ti fa stare bene prenditelo, non lasciarlo andare via, anche se significasse correre un rischio, FALLO! Altrimenti avrai i rimorsi per tutta la tua vita, tipo come me, che non sono riuscita a sposarmi 30 anni fa, ed ora è troppo tardi..."

Passai tutto il pomeriggio nella mia camera, a pensare continuamente alle parole della zia, fino ad addormentarmi.

Ore: 7:09 p.m.

Ero sola in casa, mia zia era fuori a fare compere. Bussano alla porta, violentemente. Decisi di andare a vedere chi fosse.

Aprii la porta e si presentò davanti a me Jacob, che indossava un cappello, degli occhiali, una tuta nera e un paio di guanti.

"Che ci fai ad Oakland?" gli chiesi.

Lui non mi rispose, e senza nemmeno chiedere il permesso, entrò in casa. Pensai che fosse venuto solo per trovarmi e perché non gli rispondevo alle lettere, ma subito dopo ho capito le sue vere intenzioni.

Si sedette su una sedia e disse con toni poco pacifici: "Allora? Cosa cazzo hai da fare di così importante da non rispondere alle lettere che ti spedivo?"

Nella mia mente c'erano due pensieri: "Digli che lo vuoi lasciare e ti piace un altro" oppure "fai finta di niente, e non dirgli niente."

Ci furono minuti di silenzio, nei quali pensai a cosa rispondergli senza combinare casini. Decisi di dirgli la verità, e di dirgli quindi che non lo volevo più. Dopo averglielo detto, mi sentii molto più leggera, mi levai un peso dalle spalle, ma non ero consapevole di quello che sarebbe successo subito dopo.

Dopo la mia risposta, lui rimase in silenzio, e accennò un sorriso malefico sul suo volto. Subito dopo si alzò velocemente, e si avvicinò lentamente a me, con gli occhi di uno psicopatico, e mi disse: "Tu non puoi lasciarmi! E sai perché?... Perché tu senza di me sei solamente una sgualdrina."

Quella volta non avevo paura, il sangue cominciò a ribollirmi nelle vene. Continuò a dire: "Sei solo una puttana, e senza di me non potrai mai fare niente di buono nella tua vita, perché sei una mantenuta!"

Dopo quello non ci vidi più dalla rabbia, e in automatico, il cervello inviò un impulso alla mia mano, e gli diedi uno schiaffo, lo schiaffo più forte che io abbia mai dato.

Inizialmente, sembrava che non gli importasse dello schiaffo, si girò verso di me lentamente, sempre con lo stesso sguardo da pazzo, mi diede un pugno in faccia, mi buttò contro al muro, e lì mi mise le mani al collo. Cercò di strangolarmi, io mi muovevo continuamente, gli davo calci e schiaffi, ma lui non mollava la presa.

Quando mi sembrava quasi che stessi per passare all'altra vita, rientrò mia zia, che vide lui strangolarmi. Lui si fermò subito, e mia zia lo cacciò di casa, ma lui non sembrava intenzionato ad andare via. Io scoppiai in lacrime, caddi sul pavimento e svenni.

Mia zia chiamò la polizia e lui scappò via, ma prima di andarsene disse: "Ritornerò presto."

Subito dopo mi portò all'ospedale per dei controlli, io ero incosciente, non mi ero ancora svegliata. Mi risvegliai dopo 3 ore di incoscienza, e mi ritrovai su una barella di ospedale, circondata dai medici e da mia zia, che iniziò a sorridere appena mi risvegliai, e mi diede un abbraccio.

I medici dissero che era tutto regolare, e che avevo solamente fatto uno sforzo eccessivo. Dopo andammo a denunciare l'accaduto, e mi fecero mille domande.

IL GIORNO DOPO

Andai a scuola con un paio di occhiali da sole per coprire il livido fatto da Jacob e un cappello. Cercai di non farmi notare da Mason, ma non ci riuscii, e appena mi vide, mi chiese perché avevo gli occhiali da sole se il tempo era nuvoloso, e mi tolse gli occhiali.

" sono inciampata e sono caduta a terra di faccia."

Lui non mi crebbe e mi continuò a chiedere cosa era successo realmente, e dopo un po' mi arresi e gli dissi quale era stata la vera causa del livido:

"Era Jacob. Era venuto per chiedermi perché non mi facevo più viva..."

Mason rimase senza parole, e con un'espressione di preoccupazione e rabbia disse: "Ma se l'hai lasciato perché ti saresti dovuta fare viva?"

Gli spiegai che non l'avevo lasciato davvero, e che non glielo avevo mai detto di persona.

"E cosa gli hai detto ieri?"

Risposi: "La verità. Tutto quello che ho sempre voluto dirgli, che non lo volevo più. Poi lui l'ha presa male e ha iniziato ad insultarmi, e quindi gli ho tirato uno schiaffo."

"E poi? Cosa ti ha fatto?"

"Mi ha dato un pugno, e mi ha strangolato. Stavo quasi per morire, poi è arrivata mia zia, che l'ha fatto andare via e ha chiamato la polizia."

Mason mi abbracciò forte, e disse con determinazione: "Non preoccuparti, non ti farà più del male. Ci sono io con te!"

Dopo quelle parole, il mio cuore si riempì di gratitudine e amore per lui. Era l'effetto che lui aveva su di me, un senso di protezione e amore che non avevo mai sentito prima.

Better late than neverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora