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But it was not your fault but mine
and it was your heart on the line
I really fucked it up this time.
Didn't I, my dear?

- Odio gli addii - dissi, abbracciando Thomas, sul ciglio di casa mia. Accanto a lui c'erano due borsoni neri, con all'interno i suoi vestiti e una delle sue vecchie magliette che aveva lasciato da me. Le altre le ho tenute io.

Ero con le braccia attorno al suo busto, e la guancia premuta sul suo petto. Sentivo il suo cuore battere e lo strinsi a me con tutte le forze, rifiutandomi di lasciarlo andare. Sembravo una bambina che stritolava il suo pupazzo preferito.

Thomas mi stringeva a sé, continuando a darmi baci sulla testa e ad accarezzami la schiena, mormorandomi le solite parole: - Ci vedremo presto Olly - come una piacevole cantilena. Non volevo staccarmi da lui, non potevo.

- Lo hai detto anche l'ultima volta che ci siamo visti, sette mesi fa - gli ricordai. Non potevo incolparlo per star conducendo la sua vita, ma sentivo una forte mancanza della sua presenza, e quel vuoto è sempre stato, in parte, colmato dall'amicizia con Emma.

Lo sentii prendere un respiro profondo. - Olly, devo andare ora, non rendere questo saluto così lungo perché potrei mettermi a piangere - disse. Alzai il viso, guardandolo negli occhi. Aveva un simpatico sorriso sul viso, come se non volesse piangere e cercasse di trattenere le lacrime.

Allentai la presa attorno a lui. - So che piangerai appena salirai in macchina, come fai sempre - sorrisi, - però ti lascio andare se prometti di chiamarmi quando sei a casa, non lo fai mai - aggiunsi.

Thomas aveva sempre la testa tra le nuvole. Ogni volta gli dicevo di avvisarmi e tenermi aggiornata, lui non lo faceva mai. Si dimenticava, perché aveva sempre la testa in qualche galassia lontana, immersa nei sogni. Thomas era come un piccolo bambino, pieno di fantasia e di pensieri.

- Sai che mi dimenticherò e sai anche che mi chiamerai arrabbiata perché mi sarò dimenticato - mi disse, staccando le sue braccia da me per prendermi il viso delicatamente e inclinandolo per permettergli di guardarmi meglio negli occhi. - Tu ricordati di farti visitare e di dirmi cosa ti succede - sussurrò, perché ad un paio di metri c'era Emma.

Non volevo dirle nulla, perché non volevo farla preoccupare. La volevo accudire, proteggerla da tutto ciò che l'avrebbe potuta destabilizzare. E, conoscendo la sua sensibilità, sarebbe potuta crollare in un pianto sfrenato per giorni.

- Certo, ma tanto che sarà mai. È solo un po' di stress, tranquillo che non sto morendo - replicai, sorridendo per rassicurarlo. A Thomas piaceva andare in panico molto in fretta.

E poi, non c'era motivo di preoccuparsi, ero certa che non fosse nulla di grave, facilmente risolvibile.

- E tienimi aggiornato su Jannik - aggiunse, sorridendomi. Quella stessa sera avrei aspettato Jannik, con la speranza di mettere tutto in chiaro, riappacificando l'aria attorno a noi.

Controvoglia, mi staccai dal mio amico, con un triste sorriso sul viso. Non volevo piangere davanti a lui, soprattutto perché sarebbe stato lui il primo a crollare non appena sarebbe salito in auto.

- Tu non vieni a salutarmi? - si rivolse ad Emma, appoggiata allo stipite della porta a braccia conserte. La ragazza si avvicinò a lui e i due si abbracciarono per qualche secondo.

Thomas chiuse gli occhi, con il viso vicino ai suoi capelli e le braccia attorno alla vita della mia amica. Fu un abbraccio semplice, ma profondo. Se solo avessero avuto la possibilità di vedersi dall'esterno, con i miei occhi, capirebbero di essere fatti l'uno per l'altra.

Curls in the darkness || Riccioli nell'oscurità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora