Epilogo

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Sono diventato un fratello maggiore senza sapere nemmeno il significato di tale nominativo. Lo sono diventato nel giro di una stretta, una manina intorno a un dito, eppure ora non riesco a immaginarmi nient'altro che questo. Un fratello maggiore.

Forse mi rendo conto solo ora dell'importanza di quel ruolo che ho acquisito all'età di tredici anni, o forse ne ho preso coscienza pian piano, non saprei. Ho sempre pensato che il mio posto fosse al fianco di Julian, non un passo più lontano dalla distanza che poteva raggiungere con la sua manina. Mai irraggiungibile.

Mi sono ripromesso che nulla si sarebbe frapposto tra noi, che il mondo lo avremmo guardato sempre rivolti verso lo stesso orizzonte. Saremmo vissuti così, come due alberi dalle radici indistricabili, o come due stelle della stessa costellazione.

Ma non si ha mai la consapevolezza di ciò che si possiede finché non si prova la sua assenza. Mi sono bastati pochi giorni senza Julian per capire che non potevo essere un fratello maggiore senza di lui. In fin dei conti, cos'è un supereroe senza qualcuno da proteggere?

Eppure, non indosso un mantello.

Sarebbe bastato davvero poco per perdere la mia identità, tutto ciò che sono, ma nel momento in cui il mondo stava per crollarmi addosso ho trovato in Julian il mio supereroe. Si è esposto, si è battuto per il suo futuro e per il mio, ha vinto e mi ha reso orgoglioso.

C'è sempre qualcosa da imparare dal coraggio e la fantasia di un bambino. Ed io, da un bambino speciale, ho appreso una lezione di vita.

Quando la gente ti dice: «Sarà bello essere un fratello maggiore», ti sta ingannando.

Non è bello, è essenziale, è vita, è tutto ciò che ero destinato a essere, che sono e che sarò per sempre, perché nulla mi renderebbe più fiero dell'essere un fratello maggiore. Solo il sorriso di Julian potrebbe appagarmi tanto.

E l'ho capito solo ora, che indosso un paio di calzini spaiati.

-fine-

La teoria dei calzini spaiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora