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TW: Il seguente capitolo contiene violenza.

Quando rientro a casa, Carl è seduto sul divano con le mani giunte. Fissa il pavimento, pensieroso. Poggio le chiavi all'ingresso, facendo rumore, e lui si volta con uno scatto.

"Dove sei stata?!"

Tuona, ed io sbuffo. Inizio a togliermi la giacca.

"Te l'ho già detto... Ho avuto un imprevisto."

"Che tipo di imprevisto?!"

Odio quando fa così. Odio quando stringe i pugni per avere ragione. Odio quando mi fissa negli occhi come fosse indemoniato. Odio le sue crisi d'ira e insicurezze. Poggio la borsa e appendo la giacca. Lui osserva ogni mio movimento.

"C'è stato un ragazzo al locale che si è sentito male. Abbiamo chiamato i soccorsi, ed io sono andata all'ospedale con lui. Tutto qui."

Una mezza bugia ed una mezza verità, praticamente, ma il mio ragazzo non sembra convinto. Inizia a passeggiare nervosamente per il salotto. A me viene da piangere.

"Perché proprio tu?!"

"Perché proprio io, cosa, Carl?"

Chiedo, esausta, e mi lascio andare ad un lungo sospiro mentre mi butto sul divano. Chiudo gli occhi. Penso ad Hermes. La voce del mio interlocutore mi giunge ovattata. Nel frattempo Sun, il mio cagnolino, mi salta in grembo.

"E tu da dove sei spuntato? Eh?"

Gli chiedo, e mi lascio leccare il viso. Rido. Il tiranno nella stanza, però, non me lo permette.

"Guarda che sto parlando con te! Perché hai accompagnato quel tizio in ospedale?!"

Sun abbaia, come a difendermi. Io me lo stringo al petto, il suo pelo che mi conforta.

"Si chiama empatia. Non so se ne hai mai sentito parlare."

"Sì. Sì. Ma dodici ore, per l'amor del Cielo! Dodici ore fuori casa! Non hai pensato di avvisare?"

Sun trema e grugnisce. Io lo accarezzo per tenerlo buono. Il cuore mi batte forte nel petto, una gamba mi trema e sono sull'orlo dell'esaurimento. Otto anni. Otto anni di sceneggiate, di insicurezze, di gelosie. Otto anni di tempesta e mai di pieno sole. Otto anni in cui Carl mi ha proibito praticamente tutto: uscite con amici, svaghi serali. Scema io che gliel'ho permesso. Ma ero buona e innamorata. Infatuata di questo principe azzurro, che tanto azzurro poi non è. Così mi alzo in piedi, cauta, e mi avvicino a lui. Il suo viso è paonazzo, gli occhi tra poco spuntano fuori dalle orbite. Percepisco così tanto astio nei miei confronti, che non mi stupirebbe se alzasse le mani. Non l'hai mai fatto, per fortuna, mi ha sempre e solo aggredito verbalmente. Questa non è una giustificazione, però, e ne ho abbastanza.

"Vai via."

La voce mi trema, ma riesco a farmi sentire bene. Lui sbatte una mano sul tavolo.

"Che cosa?!"

Sussulto. Il mio cane abbaia, e lui lo zittisce con un urlo.

"Ti ho detto di andare via. Prendi le tue cose, e vattene. Sono stanca di te e delle tue paranoie. Stanca di te e il tuo controllo. Non ne posso più."

Rimane in silenzio. Sembra spiazzato. Non se l'aspettava. Poi, da vero folle, tira un pugno contro il muro. Sussulto di nuovo.

"È così, eh?"

Sun è impazzito, e ora scende dal divano e prende ad abbaiargli contro. Lui gli dà un calcio, ed il piccoletto vola dall'altra parte della stanza. Lo sento lamentarsi mentre atterra.

"SUN!"

Urlo, e corro verso il mio amato barboncino, lui che mi guarda con i suoi occhioni lucidi. Gli bacio il pelo, me lo coccolo un po', e mi rendo conto che ho il viso bagnato dalle lacrime. Senza pensarci, afferro la mazza da baseball appesa al muro. Era un regalo dei genitori di Carl, ma poco mi importa.

"Selena, amore..."

Fa lui, avvicinandosi lentamente. Ecco che ora fa finta di ritornare buono, ecco che ora la maschera torna su. Io ormai conosco bene i suoi giochi, e sulla violenza non transigo. Non sugli animali.

"Voglio che tu faccia le valigie, e vada via di qui il prima possibile. Se non lo fai, giuro su Dio che te la faccio pagare. In un modo o in un altro."

Impugno forte la mazza, e lui deglutisce a fatica.

"Dai... non intendevo..."

"Intendevi eccome. Devi sparire. Adesso."

Lui non sa cosa fare. Si avvicina verso di me, lentamente, ma io non mollo la presa e brandisco ancora 'l'arma'. È nel panico, lo vedo dallo sguardo, da come si muove. Fissa prima Sun, che è ancora a terra, poi me. Sa di averla fatta grossa. Sa che la sua importante famiglia di medici non apprezzerebbe. Sa che il suo buon sangue non gli permette di fare altro, se non di ruggire a vuoto, frustrato com'è da una vita che gli è sempre stata imposta dagli altri. Così crolla a terra, in ginocchio, e mi scruta con fare pietoso.

"Ti chiedo scusa. Non so cosa mi sia preso."

Abbassa anche la testa, quasi a baciare il parquet, ed io lo trovo a dir poco ridicolo. Sun guaisce, facendo un altro lamento. Butto la mazza a terra, proprio accanto a Carl, e lui sussulta. Poi prendo in braccio il cane.

"Non me ne faccio niente delle scuse. Quando torno voglio trovare la casa libera. Sono stata chiara?"

Non risponde, la testa ancora china.

"Vieni, amore. Andiamo dal veterinario."

Prendo la pettorina di Sun, la gabbietta e tutto il resto. Carl ora alza la testa. Guarda entrambi. Non provo pietà, tantomeno timore. Mi fa solo tanto disgusto.

"Selena..."

Chiama, mentre mi infilo la giacca e mi preparo per uscire. Sun emette un flebile richiamo.

"Se le valigie non bastano, ci sono degli scatoloni vuoti in cantina."

Bacio Sun, l'unico amore della mia vita, il mio fedele compagno, che è un po' vecchiotto ma mi protegge sempre, e rivolgo un ultimo sguardo al mio ex. Era proprio ora di darci un taglio. Esco sbattendo la porta. Il freddo del mattino mi rinvigorisce, in qualche modo, ma rende le guance appiccicaticce. Poi, quando salgo in macchina dopo aver caricato Sun, mi rendo conto dallo specchietto che non era il freddo, che me le appiccicava. Erano le lacrime.

Per amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora