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Dopo ore e ore di viaggio, con il sole che tramonta, il van si ferma in mezzo alla campagna, su un sentiero erboso. Ho lo stomaco che brontola, gli occhi pesanti ed il cuore in tumulto. Alla guida ora c'è Hermes, che ha smesso di darmi fastidio e si è concentrato solo sulla strada. Quando spegne il motore, però, si gira verso di me.

"Siamo a casa."

I compagni ridacchiano, poi si alzano e scendono. L'anziano fa sobbalzare la vettura scendendo dalle scalette. Potrei ridere, è stato buffo, ma le lacrime hanno la meglio. Sono esausta. Mi volto velocemente dall'altra parte prima che Hermes mi veda, ma è troppo tardi. Si avvicina verso di me, ed inizia a slegarmi.

"Non è poi così male."

Lo guardo negli occhi. Non riesco a decifrare se sia serio o mi stia prendendo in giro. Io sono ancora arrabbiata. Tanto. Perché il mio piano è stato letteralmente stravolto. Perché mi sono ritrovata immersa in questo mondo oscuro all'improvviso. Perché non ero pronta, e non lo sono nemmeno ora. Quando toglie le corde tiro un sospiro di sollievo. Mi sento più lucida. Evito il suo sguardo. Inizio a pensare ad un modo per fuggire. Magari, quando scendiamo, posso tentare una corsa. Una corsa verso quella distesa di verde che noto dal finestrino.

"Ascolta... se farai quello che diciamo, non ti succederà niente. L'importante è che tu sia pronta, rapida, e soprattutto che non faccia scherzi."

Sembra avermi letto nel pensiero. Recupero lo zaino mentre mi fa cenno di scendere.

"Io non voglio stare con voi."

Borbotto, stando attenta alle scalette del van. I soci ci guardano. Alle loro spalle, un casa malmessa ed altro verde. Sembra di essere in un film horror.

"Non è questione di volere. Ora ci sei... Devi."

Hermes è serio, cupo, e non appena metto piede sul terreno mi poggia una mano sulla spalla. Il suo tocco mi fa sobbalzare. Non posso andare da nessuna parte. Mi stringe con forza mentre i soci ridacchiano ed indicano la casa.

"Principessa... benvenuta a palazzo!"

"Non fare lo scemo, Dan. Cammina in silenzio."

Ci avviamo verso la casa, una catapecchia di legno, mentre inizia a farsi buio. Mi sento morire, costretta a stare al passo di questi uomini così oscuri, pesanti, con le tasche piene di armi e dei marsupi che custodiscono chissà cos'altro. Hermes cammina in silenzio. La sua mano è ancora sul mio corpo. È come un'ombra. Un'ombra che non vuole lasciarmi andare. Legata a me, per sempre. Quando arriviamo davanti alla porta, Mark, il più giovane, la apre con un calcio. Questa si smonta, finendo a terra con un tonfo. Si alza un velo di polvere, e tutti e quattro tossiamo.

"Dan... diamine! Ti avevo detto di ripararla!"

"Magari se tu la smettessi con questi calci, la super colla agirebbe meglio!"

Sembra la scena di un film. Due scagnozzi che bisticciano per una porta, mentre il loro capo, con accanto l'ostaggio, alza gli occhi al cielo.

"Ragazzi, per favore... Entrate, e rimettete la porta al suo posto."

Hermes mi scorta dentro. Cammino piano, cauta, mentre mi guardo intorno. Dire che c'è il caos è dire poco; in una stanzetta piccola, che presumo sia il salotto e l'ingresso della casa, c'è di tutto. Giornali e libri strappati sul pavimento, mozziconi di sigaretta su un tavolino storto. Una televisione riposa all'angolo della sala. Pistole e munizioni su un grande tavolo al centro, così come una mappa appesa alla parete centrale. Un gran puzza di fumo e di chiuso. Ecco. Era proprio così che me lo immaginavo un covo malefico. Le luci si accendono. Una lampada sfarfalla, mentre Mark richiude con un tonfo la porta, che è stata momentaneamente ricostituita. Dan si accomoda su un divano macchiato, mentre Hermes mi lascia andare e prende una sedia.

Per amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora