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Hermes inarca un sopracciglio.

"Sì, me l'avevi già detto. E allora?"

Mi stupisco della sua nonchalance, del suo essere così insolente.

"Diamine! Ti ho appena detto che c'è un agente sulle mie tracce, e tu rispondi così?! Ma ti senti?!"

Lui smette di rovistare tra i cassetti. Mi si avvicina pericolosamente, guardandomi dritto negli occhi.

"Selena... a me non importa degli sbirri. Potessero tutti andare bellamente a farsi fottere, magari con un bel calcio nel didietro."

Enuncia, per poi scostarmi un capello dietro l'orecchio. Lo fa con delicatezza e leggiadria, al contrario delle parole poco prima pronunciate. È incredibile come sia in grado di passare dall'aggressività alla pacatezza in una frazione di secondo. Ha una personalità ambigua, e percepisco pericolo. Ciò non toglie che il suo tocco è destabilizzante. Mi sfiora una guancia.

"Se la cosa ti disturba, posso sempre occuparmene."

Sussurra, ed io deglutisco a fatica. Mi scosto, a disagio.

"Non è questione di disturbo, ma di accortezza! Non possiamo lasciare Londra così, su due piedi! Guarda che ci daranno la caccia!" 

"Ci? Già parli di un 'noi'?"

Ammicca. I soci ci guardano. Sbuffo.

"Ho bisogno di aria. Posso uscire?"

"Vengo con te."

Hermes si propone, ma io sbotto.

"Da sola! Ho bisogno di stare sola!"

Cala il silenzio. Ho davvero alzato il tono davanti ad un criminale? Ho davvero sfidato una persona del genere? Il mio interlocutore mi guarda. Sembra arrabbiato. Non so cosa ha intenzione di fare con quello sguardo glaciale, ma ci leggo benissimo un disappunto. Poi, inaspettatamente, si dirige verso la porta e la apre.

"Prego."

"Grazie."

Cammino sotto lo sguardo attento dei tre, che sembrano non volermi perdere di vista. Temono vada via, sicuramente. Esco dalla casa e mi siedo sui gradini della veranda.

"La porta rimane aperta."

Comunica Hermes, ma io faccio finta di nulla. Mi limito a guardare le campagne, la strada deserta, il tramonto. Non ho privacy. Sento il vociare del gruppo in sottofondo. Poso la testa sulle gambe, e chiudo gli occhi.

***

Mi sveglio di soprassalto, con lo stomaco che brontola rumorosamente ed il cielo ormai scuro. Mi sono addormentata sulla veranda. Mi volto verso la casa; la porta è stata socchiusa, ed una luce fioca filtra dallo spiraglio. Non sento più nessuna voce. Presumo siano andati a dormire, o a programmare il prossimo crimine. Mi alzo per andare a controllare, e anche per chiedere se in questa casa c'è del cibo. Non mangio da ventiquattro ore. Quando entro, vedo solo Hermes in piedi, davanti al tavolo. Sta studiando la mappa. Mi avvicino cauta.

"Ciao. Hai fame?"

È come se mi avesse letto nel pensiero. Me lo chiede con gli occhi ancora puntati sulla pergamena, le mani che si affrettano a spostare qui e lì scartoffie varie. Poi incurva la schiena, e si china verso la carta con una matita. Scrive qualcosa alla svelta.

Per amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora