Capitolo 10

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Ægon

Erano giorni che si rigirava nel letto, nervoso. Alla ricerca di risposte, Ægon si sentiva impazzire lentamente, trascinato giù da una folta coltre di ombre e bugie. Sia il Comandante che il Generale non gli erano apparsi poi così sorpresi della loro scoperta.

Di punto in bianco si era ritrovato a porsi così tante domande che la testa gli faceva sempre un gran male. Si svegliava al mattino già stanco, dopo che i pensieri si erano aggrovigliati l'uno sull'altro annidandosi come un mucchio di insetti velenosi.

«Hai finito di agitarti, Ægon?» Jason, dal proprio letto, si lamentò scocciato, con la voce ancora impastata dal sonno.

Ægon fece uno sbuffo sonoro. Era arrivato al culmine della sopportazione e iniziava a non tollerare quasi più nessuno. Probabilmente se avessero solo respirato in maniera troppo pesante, si sarebbe già infastidito. Scalciò per l'ennesima volta le coperte. «Sono preoccupato per Helena.»

Jason si tirò a sedere. «Ancora? Sta bene. Non eri così preoccupato per me, quando quei ribellisti del cazzo mi hanno colpito alla testa...» Ghignò poi. «Non è che ti sei preso una bella cotta per lei?»

«Fanculo.» Ægon si alzò e raccattò i vestiti da terra. Indossò l'uniforme dell'Accademia e uscì dalla stanza, ignorando gli ammonimenti del compagno, che gli ricordò che non l'avrebbe coperto se l'avessero beccato in giro nei corridoi oltre l'orario consentito.

A volte, Ægon si chiedeva come fosse riuscito fino ad allora a vivere senza porsi nessun tipo di domanda.

Se andavano a caccia di ribelli, forse non era per il loro pensiero. Al Governo non importava nemmeno un po', probabilmente. Forse cercavano Thanatos, ma soprattutto la speranza di scoprire chi avesse inventato quel marchingegno.

Aspiravano a quel genere di immortalità?

Ægon vedeva solo il caos in quella possibilità.

Si strinse nella giacca della divisa e uscì, camminando silenzioso nei corridoi. Si acquattò a una parete, cercando di non dare nell'occhio. Non aveva poi così tanta voglia di attirare l'attenzione dell'insopportabile guardiano dell'accademia. La luce soffusa dei lampioni filtrava dalle finestrate. Ægon rabbrividì. Aveva bisogno di schiarirsi pensieri.

Sentì poi dei rumori lontani, indistinti. Il cuore gli schizzò in gola, battendo forte contro il petto, come un tamburo in una frenetica marcia.

Si avvicinò lentamente alla palestra, senza neanche rendersene conto, seguendo soltanto il proprio udito.

Se fosse stato un infiltrato, però, doveva trovarsi ben armato.

E se Thanatos avesse deciso di attaccare direttamente, senza aspettare il giorno dello scontro?

Si portò la mano al fianco, andando a sfiorare il piccolo bastone che portava alla cintura. Lo sfilò dal cinturone e, con un colpo secco, lo agitò. Questo si allungò in avanti, con una lama finale. Una piccola scarica elettrica lo percorse. Lo avrebbe dilaniato e anche un po' bruciacchiato.

O forse avrebbe chiesto risposte. Per una volta, il demone della Notte iniziava a non sembrargli un mostro. Ma forse qualcuno di cui conoscere le idee, i pensieri.

Si avvicinò alla porta socchiusa, spiando all'interno. Riconobbe la figura del Comandante, di spalle. Colpiva con gesti secchi il sacco da boxe, lasciandosi andare a qualche imprecazione di tanto in tanto.

«Cosa fai ancora sveglio?»

Ægon sussultò. Si strinse nelle spalle e gli si avvicinò piano. Non aveva idea di come si fosse accorto della sua presenza. Spinse in avanti la porta, richiudendosela poi alle spalle. «Non riesco a chiudere occhio...»

𝐒𝐡𝐚𝐝𝐨𝐰𝐬 𝐚𝐧𝐝 𝐂𝐡𝐚𝐨𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora