Capitolo 34

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Siamo un palazzo affollato io e le mie parti. Sono fatta da così tante parti che non posso enumerarle. Eppure ci ho appena parlato. La psicologa, la psichiatra mi avevano detto che prima o poi avrebbero iniziato a parlarmi. Avevamo iniziato con l'emdr un anno fa, dopo che ai miei genitori avevo confessato come mi sentissi mentre stavamo apparecchiando la tavola per il pranzo e allora avevano cercato su Internet e per fortuna si erano imbattuti in due bravissime dottoresse tutte e due della zona periferica di Milano dove c'è il verde e ci sono i navigli e la psicologa non appena mi aveva vista ha chiesto posso darti del tu sei giovanissima.

Muori brutta troia. Tu e il moccioso che non è neanche mio

Così ho iniziato a fidarmi, un passo alla volta. Poi mi hanno detto che avevo iniziato ad aprirmi e per quello mi sentivo male ogni giorno. Perché non mi ero mai aperta con nessuno, i miei genitori non me lo avevano mai permesso e fare finta di stare bene era per me diventato così facile che lo facevo anche con le dottoresse, anche quando non dovevo. Mettermi finalmente a guardare in faccia i miei problemi mi causava tutta quella sofferenza. Un baratro. Una caduta continua. Cadevo come un piccolo oggetto. Una crisi durata tutto l'inverno. Un Natale passato a piangere e voler morire. La porta della mia stanza chiusa a chiave. La vasca piena di acqua bollente. In lacrime chiesi a mia madre perché non mi uccidesse.

Muori muori muori muori muori muori muori muori muori muori muori muori
muori muori muori muori muori muori

E così ci sono stata, in quella stanza. Non grazie a Beatrice che non faceva altro che ricordarmi in cosa stessi fallendo. In cosa non stessi abbastanza reagendo. Mi alzo dal letto, non è reagire quello?

Pensavo che fossimo vicine. Pensavo che la nostra amicizia fosse importante.

Li ho chiamati asini. Li ho odiati e non faccio altro che pensare a loro. Come potrò mai andare avanti con questa palla al piede?

Mi deludi. Mi hai deluso. Muori. Tanto non ti volevo neanche

Non so se li odi o meno. So solo che sparire per mesi e insultarmi è diventato troppo per me. Devo pensare a stare bene. Devo pensare ad essere madre.

Scorro velocemente i messaggi prima di bloccare entrambi, mentre il tram prosegue ondeggiando.

Se Ofelia potesse parlare, cosa mi direbbe?

Un'altra parte di me, oltre all'ombra che volevo buttarmi giù e la me bambina che vorrebbe giocare tutto il giorno. Ma sarei disposta ad ascoltare anche lei.

Quello che conta ora è la me adulta che dialoga con tutti. Lei deve tenere le redini. Deve mediare. Deve lasciarle parlare senza farsi sopraffare e senza rifiutarle.

Dopotutto, sono parti di me. Mi merito di volermi bene.

Non come Beatrice e Pietro, che ora non lo sono più.

Il tram si ferma.

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