Capitolo 4

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Con la bottiglia di Beck's in una mano e il cellulare nell'altra mi metto a cercare il percorso per arrivare al Niguarda. Percorso più veloce 27 minuti. Sì, devo prendere il treno per Garibaldi, fin lì ci arrivavo, aspetto quello delle 02. Devo scendere a Greco Pirelli. Poi devo prendere il 52 e poi sono solo due minuti a piedi. Mi guarderanno negli occhi e mi chiederanno cosa ci faccia lì, io, un'ubriacona. Mi giudicheranno con le pupille degli occhi che si spalancheranno come alla luce. Come loro.
E qui mi viene la rabbia

Tanto sono tutti uguali, il bello è questo: anche se son tanti, sono tutti uguali e dopo un paio di prove
generali, sai come averci a che fare.
Cercano di nascondersi, ma li riconosci sempre dalle stesse frasi:
: mettono in secondo piano i tuoi problemi, in generale quelli degli altri, il tono arrogante oppure troppo
vittimista, il loro rifiuto di presentarsi, parlarti, fare il primo passo, mantenere incarichi o promesse che
loro stessi avevano fatto
E non importa cosa tu faccia, è sempre colpa tua, oppure non è successo niente.
Vogliono avere la possibilità di fare e dire tutto senza conseguenze per loro, vogliono il lusso di non farsi
domande, la possibilità di dare la colpa a te, a chiunque, a qualsiasi cosa che non siano loro, pur di non
farsi domande. Indosseranno il mantello dell'eroe e si rifugeranno nel lavoro, oppure si metterano il velo
del martire, la camicia di forza del folle, berranno il bicchire d'assenzio del bohemiène escluso dalla
società, quando escluso non è, perché voi avete fatto sempre di tutto per includerli nella vostra vita, per
amarli e far in modo che lo sentissero, tutto questo, pur di non mettersi in discussione, pur di non
scavarsi dentro, pur di non prendersi le proprie responsabilità. Scappano dai loro demoni interiori
mettendosi sotto le coperte, come i bambini.

Il signor Fausto Portinari e la signora Antonella Portinari perché tanto il cognome da nubile non lo usa più mi scrutano mentre ho preso di nuovo la bottiglia di limoncello dal frigo e la sto andando a bere in camera mia in camera mia in camera mia la camera è mia loro non dovrebbero entrare ma lo fanno sempre come dirmi cosa devo fare loro che sono sempre al lavoro loro che non ci sono mai che mi dicono di chiudere la porta e di andare via che sono in riunione che hanno da fare si arrabbiano se devo entrare a prendere qualcosa ma nella mia stanza ci entrano sempre senza bussare loro adesso mi stanno scrutando mentre per conto mio ero andata a bere in santa pace per non sentire più tutto questo dolore per non sentire più le loro voci che tanto è lo stesso.
Mi giudicano.
Non hanno idea di cosa significhi sentire questo dolore costante pensare che potrebbero perdere la loro unica figlia il giorno in cui mi sparerò mi annegherò mi impiccherò il giorno che mi taglierò e vedranno le mie ferite di nuovo di nuovo dopo anni che avevo smesso ricomincerò questo sentirsi sempre sola questo non voler esistere almeno per un po' che si traduce nel mio stare avvolta con la testa sotto le coperte e una bottiglia al mio fianco nel mio cercare di ubriacarmi perché perdere il controllo è tutto ciò che voglio questa ansia continua questo pensiero continuo che sto sbagliando sto fallendo di nuovo e qualcuno chiunque persino le persone per strada mi giudicheranno mi guarderanno storto.

Ma si può sapere dove cazzo siete, dove cazzo eravate? Quando Pietro mi fa tremare da capo a piedi anche l'anima perché mi manda quei soliti messaggi la sera, quando Beatrice non c'è quando ero chiusa in bagno a piangere tutte le mie lacrime anche quelle che non avevo proprio ieri?
Erano a lavorare.
Per mantenermi.
Ma io sono qui.
E voi sembra che non mi vediate.

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