Sgrano lo sguardo, osservando l'uomo dai capelli biondi davanti a me, che sorride malizosamente e ridacchia.
-Oh, cosa c'è Finn? Sembra che tu abbia visto un fantasma.-
Scuoto la testa, accigliandomi e serrando i pugni "cosa ci fa lui qui?" i miei pensieri trovano risposta nelle sue parole, anche se dalla mia bocca non esce fiato.
-Cosa ci faccio qui dici? Ah, mio caro, la vera domanda dovrebbe essere quand'è che non sono qui, in realtà.-
Ridacchia ancora, con voce sgargiante e si avvicina, siedendosi sul bracciolo del divano retrò di Lynn, che nel frattempo sembra scomparsa, così come i suoi figli. Nella stanza ormai buia, l'unica fonte di luce viene dalla lampadina che pende dl soffitto e illumina il divano.
-Avanti bel fusto, accomodati, abbiamo tante cose da vedere io e te, non credi?-
L'uomo sorride e alza un sopracciglio, con aria astuta e malevola, picchiettando con la mano il cuscino color caramello del divano e invitandomi a sedere. Per un istante mi sento bloccato, finché non sento la voce di Lynn chiamarmi.
-Heinrich, tutto bene?-
Mi volto a guardarla e annuisco, schiarendomi la gola.
-Si, certo, me ne stavo giusto andando, ci vediamo domani a lavoro.-
Mi schiarisco la voce e torno a camminare, e nel momento in cui sorpasso l'arco, il sussurro di Edward si fa strada nelle mie orecchie.
-Ci vediamo a casa, Finn-
Scuoto leggermente la testa con sguardo accigliato, camminando nel corridoio, un passo dopo l'altro verso la porta.Nel momento in cui apro la porta di casa, sfinito per via della giornata, lo vedo di nuovo lì, seduto sul mio divano con le gambe accavallate e il cappello a cilindro verdognolo poggiato sul tavolino davanti al divano.
-Eccoti, come sempre non fai altro che far aspettare gli altri per i tuoi comodi, mi chiedo fino a quando saranno disposti ad aspettarti.-
Sghignazza maledettamente e si toglie il papillon blu, poggiando anch'esso sul tavolino, poi si sbottona leggermente la camicia, mostrando la parte superiore del petto un po' villoso.
-Allora, ti attraggo abbastanza per farti sedere vicino a me ora?-
-Sono gay, non senza occhi, Müller.-
L'uomo scoppia in una risata fragorosa, passandosi una mano nei capelli biondi.
-Hai ragione, dovevo ricordarlo che preferisci avere le labbra attaccate ad una bottiglia invece che ad un cazzo.-
Stringo i denti, rabbioso per questo insulto e mi avvicino a lui a grandi falcate, afferrandolo per il colletto della camicia.
-Ascoltami bene, dimmi che cosa vuoi da me e poi sparisci, bastardo.-
-Voglio che ti siedi e che mi ascolti, o meglio, che ascolti la televisione.-
-Che cosa?-
Non ho neppure il tempo di pormi questa domanda che Müller mi tira a se e mi spinge sul divano, con espressione dura un volto.
-Ora zitto e guarda.-
L'uomo si sposta e io concentro la mia attenzione sulla televisione che si accende da sola davanti a me. Ciò che vedo mi stringe il cuore. Vedo mia madre, sorridente, che accarezza un bambino di poco più di 8 anni, accoccolato a lei e che la guarda con sguardo triste e dispiaciuto. Già solo per questa scena, mi vengono le lacrime agli occhi, ma ancor di più quando noto la sua guancia arrossata e gonfia.
-Allora, Finn, che cosa successe, eh? Te lo ricordi?-
Abbasso lo sguardo e scuoto la testa, anche se i ricordi mi tornano alla memoria come un fiume in piena, mi rifiuto di parlare, di vedere, di sentire quella sensazione.
-Oh, non fare il finto tonto so che lo sai, ma visto che proprio non vuoi parlarne, dimmi, Finn, cosa vedi?-
Prendo un sospiro profondo e ingoio un groppo in gola, dopodiché schiudo le labbra per parlare, ma da esse esce solo un sussurro mozzato.
-Vedo... vedo mia madre, che mi consola, tenendomi stretto a se.-
Lui annuisce e tra le sue mani compare un bicchiere di vino di un rosso acceso.
-Bravo, almeno sei stato in grado di vederlo, me lo sai anche spiegare o scoppi a piangere come il poppante che sei ma che fingi di non essere?-
Abbasso lo sguardo e scuoto la testa per l'ennesima volta sotto lo sguardo fulminante di Edward, che come ha fatto fino ad ora, ride.
-Come mi aspettavo, 44 anni e sei ancora un moccioso che non sa affrontare le proprie emozioni e preferisce tenere la bocca chiusa con la testa bassa per non scoppiare in lacrime. Ma dato che è questa questa la situazione, parlo io.-
Edward mi fissa con sguardo divertito, bevendo il vino dal suo calice.
-Avevi combinato un bel guaio quel giorno, insomma, era stata proprio una pessima idea giocare con gli aereoplanini di carta vero, piccolo Finn? Da dove li avevi presi quei fogli?-
Il silenzio colma la stanza per qualche istante prima che io abbia la forza di parlare.
-Il quaderno degli appunti di papà, quello su cui segnava gli appunti dell'ufficio in cui lavorava.-
-Ma che bravo, visto che ricordi qualcosa? E dimmi, cos'è successo quando è tornato a casa?-
Faccio per alzarmi, sentendo l'aria pesante e la gola secca, ma Müller mi afferra il polso e mi ritira sul divano.
-Fermo bello, dove corri?-
Sospiro e mi risiedo in modo composto, annuendo.
-Mia madre si prese la colpa al posto mio, e mio padre le fece del male-
Edward annuisce, divertito.
-Eri un moccioso che non sapeva prendersi le proprie colpe un tempo e la stessa cosa fai ora, pure se è stata questa la goccia per farti diventare poliziotto, in verità non te lo meriti.-
Abbasso lo sguardo e una lacrima mi scorre sulla guancia, la presenza di Edward svanisce e il silenzio ricolma la stanza vuota. Alzo lo sguardo stanco, la televisione è spenta e tutto é uguale a prima, come se nulla fosse mai accaduto. Così mi stendo sul divano, tra i singhiozzi e i ricordi di una ferita aperta e mai curata, nascosta nella mia anima ad occhi troppo curiosi, e lascio che il sonno mi prenda lì.
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An Alternative Poet
Mystery / ThrillerNella grande città di Bonn, in Germania, é avvenuto uno strano omicidio da parte di Edward Müller sulla povera piccola Irideya Grifonotte. Sarà in grado il Kriminalkommissar Finn Heinrich di risolvere il caso? Tutto sta dentro il diario di Müller, t...