capitolo 22 il cliché di chi si salva da sola

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Trovare Cooper è come cercare un ago in un pagliaio.
All'ennesima aula vuota, Camilla si trova a sbuffare esasperata.
Quel ragazzo è un metro e novanta di muscoli e fascino, com'è possibile che il suo radar per gli addominali non funziona.

"Pensa.
Dove mi nasconderei se fossi un associale con problemi di claustrofobia in mezzo alla gente e un pessimo gusto in fatto di cibo?."

Perché, diciamolo seriamente, solamente lui ha il coraggio di prendere un insalata e un semplice hamburger al McDonald's.
Ma hai suoi pessimi appetiti penserà un altro giorno, oggi non è propensa a fare miracoli.

Si guarda intorno, spazi chiusi no e allora opta per il giardino sul retro che a quest'ora è deserto.
Si guarda intorno, cercandolo dietro agli alberi e le siepi, non lo cerca sotto i sassi solo perché non ci starebbero tutti quei muscoli la sotto.

Sbuffa, questa volta gli farà un bel cazziatone, non può farla impazzire così.
Che poi lui potrebbe obbiettare dicendo che nessuno le ha chiesto di cercarlo, ma quelli sono dettagli alquanto inutili.

Si para il viso alzando lo di istinto verso il cielo, lasciandosi riscaldare il viso dal calore del sole.
Ed un attimo, pura coincidenza, nota un movimento sul tetto.
Come ha fatto a non pensarci, forse inconsciamente sperava di non doverlo cercare a piu di novanta metri da terra, avendo noto il suo amore per l'altezza.

Sospira, fingendo di alzarsi le mani, guarda cosa gli tocca fare per quel musone da strapazzo.

Armata di coraggio, pazienza,  pregando in un bel cornicione e di buon fiato per salire le scale, raggiunge il tetto.
Attraversa la porta subito inondata da un vento freddo e poco gentile e no, nessun bel cornicione, solo un basso muretto che potrebbe sembrare di più a un trampolino da piscina.

Schiena contro il muro, sembra una papera mentre si muove cercando quello scemo, perché se prima era preoccupata ora lo ha messo sul personale.
Costringerla a salire qua sopra, gli deve un grosso favore.

E dove lo trova?
Seduto sul muretto con i piedi che penzolano nel vuoto, ma allora è davvero stronzo.

"Ok che fai schifo in filosofia, ma non ti permetto di buttare tutto quel ben di dio di sotto.
Pensa alle povere donne che non potranno più cavalcarti, fallo per loro."

A Dominic scappa un leggero sorriso, solo lei potrebbe scherzare sul suicidio con tanta facilità.
Ma il buon umore dura poco, i pensieri sono tenebrosi e la voglia di scherzare è pari a zero.
Non si volta nemmeno a guardarla.

"Non voglio suicidarmi Camilla, vattene."

Aia, ha usato il suo nome, ne cognome o nomignolo, ma il suo nome.
La cosa è grave.

Spinta dall'istinto fa un passo verso di lui, ma una folata di vento le ricorda dove sono e torna veloce con le spalle contro il muro.

"Potresti almeno spostarti da lì, mi stai facendo venire le vertigini da qui e sono tentata di buttarti giù con le mie stesse mani, via il dente e via il dolore."

Le tremano leggermente le gambe, ma rimane dov'è.
Si aspetta una risposta ironica su come sembri una papera da circo o una gallina che prova a volare, ma niente lui rimane di spalle e in silenzio.
La situazione è davvero grave, non lo ha mai visto così chiuso in sé stesso.

"Vattene."

Molto grave.
Aspetta qualche secondo e non ricevendo altre risposte si dice che è compito suo andarlo a recuperare.
Alla peggio se cadono lo userà come materasso, magari riesce a salvarsi.

Fa un lungo respiro e si mette a quattro zampe, di che gli tocca fare per un amico.
Inizia a gattonare, pregando che in questo momento non passi Google Maps a fare foto, la sua autostima crollerebbe miseramente.

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