♪ Wanna Be Yours

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Salve, amici. Finalmente, eccoci qui. 

Un capitolo un poco più introspettivo per la nostra Rusella perchè ho pensato che, se nella serie lo dobbiamo capire da come si veste che cazz sta' passann, qua la dobbiamo far sfogare un poco pure a lei, povera figlia. 

C'è un po' di pop culture in questo capitolo. Rusella sofferente è come tutte le millennials sofferenti. Si schiatta di twitter. 

Enjoy e, come sempre, lasciatemi un pensiero se vi va. 

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Erano passati circa tre giorni da quando Rosa aveva usato il cellulare per l'ultima volta. Lo aveva fatto per chiamare il suo capo alle 11:57 PM di sabato notte per prendere una settimana di ferie, millantando un improvviso viaggio a Napoli per un'emergenza familiare che richiedeva la sua presenza. Il suo capo non solo non aveva mostrato alcuna reticenza nel rispondere ad una chiamata di lavoro nel cuore della notte in pieno weekend, ma si era persino premurato di rassicurarla che si sarebbe occupato personalmente delle sue udienze più toste – "against that fucking Italian beast, The Bear is it?", le aveva chiesto -, dicendole anche che, se avesse avuto bisogno di più tempo, non avrebbe dovuto far altro che chiedere.

(Contro quella cazzo di bestia italiana. L'Orso, giusto?)

Rosa non si era stupita neanche un po' di quell'atteggiamento così accomodante, non solo perché l'avvocato Davison stravedeva per lei ed era ben consapevole che non aveva alcun udienza in programma contro Il piecuro quella settimana– ne era, infatti, "segretamente" intimorito-, ma anche perché aveva una quantità imbarazzante di ferie arretrate, che erano motivo di grande agitazione per il dipartimento Risorse Umano dello studio Davison & Associates. Probabilmente il lunedì seguente sarebbe stato il giorno più felice della vita di Miss Horton - senior HR associate-, la quale, una volta era arrivata era addirittura arrivata a minacciarla – velatamente, s'intende – di congedo obbligato, oltre a suggerirle, sempre tra le righe, di rivolgersi ad uno specialista per curare il suo evidente problema di "workaholism".

Se non fosse terrorizzata al solo pensiero di riaccendere il cellulare, la chiamerebbe e le direbbe la verità sulle sue ferie solo per la curiosità di un suo giudizio spassionato. Probabilmente le consiglierebbe ancora uno specialista, ma per ragioni diverse. E Rosa, di cui tutto si può dire tranne che non sia dolorosamente consapevole delle sue tendenze un po' autolesioniste, si mostrerebbe d'accordo. Soprattutto se Miss Horton conoscesse qualche specialista in grado di dare un nome scientifico al suo malessere, che non sia una diagnosi da Cioè del tipo "infatuazione" o, peggio, "innamoramento".

Perché che a lei piacesse Carmine come persona Rosa lo aveva ormai accettato. Così come aveva accettato che non lo odiava neanche un po', che le piaceva trascorrere del tempo con lui, che la faceva ridere e stare bene e che sarebbero potuti diventare amici. Ad un certo punto aveva persino intrattenuto il pensiero assurdo che magari una notte si sarebbero ubriacati, sarebbero finiti a letto insieme e il giorno dopo ci avrebbero riso su e concluso che avrebbero dovuto farlo dall'inizio, che tutta quella tensione dovevano solo cacciarla via dal loro sistema per realizzare che in fondo non era niente. Solo un eccesso di chimica naturale da esplorare una sola volta e poi accantonare a favore di un'amicizia sincera e duratura.

Ma tutto questo era prima.

Prima di scoprire che avevano vissuto vite parallele, speculari quasi. Prima di scoprire che, se non avessero dovuto farsi la guerra per mestiere, avrebbero dovuto farsela per eredità familiare. Prima di scoprire che non avrebbero avuto alcuna possibilità neanche in un universo parallelo, in cui non fossero mai andati via da Napoli e si fossero conosciuti lì dove sarebbero finiti se fossero rimasti con le loro famiglie – in un carcere o tra piazze di spaccio rivali e confinanti.

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