eight

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«vaffanculo» urlai gettandogli il secchio di ferro addosso
Io e Rafe avevamo passato solo qualche ora insieme e la tregua che avevamo accordato non è andata a buon fine.
«sta calma» urlò di rimando alzandomi per i fianchi sotto gli occhi curiosi di tutti i passeggeri
«scusate, ma il mal di mare le da alla testa» rise trascinandomi all'interno della nave
«lasciami» lo spintonai ma non voleva saperne di staccarsi da me
«sta buona» sussurò al mio orecchio facendo passare un uomo che l'osservava inorridito
Mi gettò con prepotenza all'interno di una stanza chiudendo poi la porta con forza.
«fammi uscire» feci per sorpassarlo ma mi gettò a terra
«devi stare calma» urlò ma non lo ascoltai
«toglimi le mani di dosso» gli tirai un pugno in pieno viso e quando riuscì ad alzarmi le sue mani mi afferrarono una seconda volta per gettarmi sul letto
Mi strinse i polsi nelle sue mani e salì a cavalcioni su di me, il suo respiro era pesante e gli occhi rossi dalla rabbia, un leggero velo di sudore contornava il suo volto mentre i capelli gli ricadevano spettinati sulla fronte. Il mio cuore batteva a mille e non sapevo quanto sarei potuta resistere in quella situazione.
«ho detto sta calma» urlò e girai il volto per non guardarlo, ero spaventata, stavo morendo di paura
Lo notò e si staccò da me con uno scatto, indietreggiai con la schiena filo a toccare il muro, il suo volto era affannato ed anche lui era spaventato da sé stesso. Uscì dalla stanza in silenzio e finalmente tornai a respirare, osservai i miei polsi ormai lividi e guardai oltre la finestra da cui si vedeva l'oceano. Dopo qualche minuto sentì la porta aprirsi e lui entrate all'interno della stanza con del cibo.
«ho preso qualcosa da mangiare» mi passò la busta di patatine che non afferrai
«senti mi dispiace» sospirò
«non volevo reagire in quel
modo ma quando mi innervosisco non riesco a controllarmi» si alzò dal letto in modo nervoso e iniziò a camminare per la stanza come un pazzo
«io, io non volevo» si portò le mani tra i capelli, scossi la testa
«questo è quello che succede quando non riesci più a controllarti» lo guardai disgustata
«diventerai un mostro peggio di mio padre»
Mi osservava con la mascella serrata e stavolta fui io a lasciarlo solo nella stanza, mi incamminai sul pontile dove c'erano tantissime persone, questa nave era enorme e perdersi non sarebbe stato difficile.
«ciao» mi voltai verso la voce che non avevo mai sentito
«ciao» gli sorrisi leggermente cercando di capire che intenzioni avesse
«cosa ci fai tutta sola?» si osservò intorno notando il luogo appartato
«guardo il mare» tornai a posare le mani sulla ringhiera
«è davvero molto bello» annuì spostando ancora lo sguardo su di me
«quanto ci mette per arrivare a destinazione?»
«circa due giorni» parlò con disinvoltura
Stare due giorni qui era rischioso così come parlare con lui, ma non mi interessava, adesso nulla mi avrebbe fatto ritornare in quella stanza soffocante.
«sei qui da sola?» si avvicinò a me curioso
«no sono con il mio, amico» dissi semplicemente dopo attimi di dubbi
«fate una vacanza insieme?» rise guardando la mia espressione
«una cosa del genere» risi anch'io
Parlammo del più e del meno come due vecchi ma notavo il come lentamente si avvicinasse a me, se prima la nave era spoglia adesso era completamente destra e iniziava a fare davvero freddo.
«cosa fai?» allontanai la sua mano che prese ad accarezzare la mia coscia, mi alzai in piedi e feci per andarmene
«dai non dirmi che non vuoi?» mi afferrò i polsi con forza e gemetti per il dolore causato precedentemente da Rafe
«dove cazzo eri? ti ho cercato dappertutto» con aria imbronciata come un angelo si presentò davanti a me nell'esatto momento del bisogno
«cosa sta succedendo?» rilassò la voce piegando leggermente la testa a lato
«nulla, il ragazzo se ne stava andando» cercai di liberarmi dalla presa che però lui non lasciava andare, riuscì a staccarmi da lui e quando mi voltai sentì nuovamente esser tirata con forza
«non la toccare» un pugno gli arrivò dritto in viso
Feci per staccare Rafe dal ragazzo che lo colpiva di rimando.
«Rafe» urlai allentandolo dal tipo
Iniziammo a correre verso la nostra stanza e ringraziammo Dio che non ci fosse nessuno.
«tu sei un fottuto pazzo» lo guardai una volta chiusa la porta alle spalle
«era necessario andartene in quel modo?» gli tirai uno schiaffo
«ascoltami bene, non alzare la voce che neanche a me piace questa situazione» gli puntai il dito contro
«non credere che a me faccia piacere stare nel bel mezzo dell'oceano con te quando i miei amici sono a casa pensando che tra qualche giorno torni» lo guardai male
«se avessi potuto scegliere avrei preferito morire su quel porto piuttosto che stare qui» gli puntai un dito al petto
Era molto più alto di me ed ero costretta a guardarlo dal basso, sentivo il suo respiro battere prepotentemente sul mio viso e le sue dita muoversi nervosamente contro il jeans.
«giuro su Dio che se fai ancora il pazzo ti uccido con le mie stesse mani» stavolta fui io ad urlare
«ci vogliono circa due giorni per arrivare alla costa, dobbiamo essere neutrali e non far sospettare di nulla» mi sedetti sul letto sentendo la testa iniziare a pulsarmi
«ringrazia che non ci fosse nessuno su quel pontile o staremo già in mano alla polizia, staremo qui fino all'arrivo ed usciremo solo per cercare qualcosa da mangiare» osservai le mie gambe nude
«e grazie per avermi protetto, ancora» lo guardai per qualche secondo intendendo anche per questa mattina alla stazione di servizio
Solo dopo essermi calmata notai un rivolo di sangue scorrere lungo il suo sopracciglio.
«sanguini» mi alzai sulle punte dei piedi osservando il sopracciglio gonfio
«siediti» gli afferrai il polso
«non è niente» finalmente parlò
«siediti» dissi con tono duro ma con sguardo gentile
Fece come dissi e mi ritrovai in mezzo alla sue gambe per disinfettargli il taglio che aveva sul viso, quando posai il batuffolo di cotone imbevuto d'alcool sulla ferita lo vidi sussultare e istintivamente sorrisi.
«la pomata dovrebbe alleviare il gonfiore e il cerotto fermare l'uscita del sangue» sussurrai facendo attenzione a non farlo male
«ecco, brucerà un pochino ma non prenderà infezione» sorrisi, perché ero così gentile con lui?
«mi dispiace» sentì le mie mani esser afferrate con dolcezza e le sue dita percorrere i miei polsi contornati da un leggero livido
«non fa niente, non fa male»
La stessa identica frase che ripetevo ai ragazzi ogni giorno ed ogni volta che quell'animale mi alzava le mani addosso. Osservai il ragazzo sotto di me con occhi spenti, riuscivo a vedere in Rafe la morte e l'ossessione, ad un passo da un vicolo ceco da cui mai più sarebbe uscito se non si fosse voltato per seguire la luce.

Die for you | rafe cameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora