𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 7

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𝙼𝚘 𝙲𝚑𝚞𝚒𝚍 𝙵𝚘𝚕𝚊, 𝙼𝚘 𝚂𝚝ò𝚛.

ᴇᴅɢᴀʀ

19 agosto 2012
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 00:03

Irina sfoggiò uno dei suoi sorrisi dolci e misteriosi. L'enigma sulle sue labbra che non avevo ancora finita di mettere a ferro e fuoco perché mi era cosa assai impossibile prevedere. Col fianco appoggiato alla mia scrivania e una mano nascosta dietro la schiena mi si pose davanti con un abito satinato, leggero, rosso e lungo e un paio di tacchi alti. Come disprezzavo quei vestiti che le nascondevano le lunghe gambe eleganti.

Mi allontanai di pochi centimetri dalla scrivania, rilassandomi contro lo schienale della poltrona facendola reclinare di poco.

Il mio compleanno.

L'avevo quasi dimenticato. Avevo quasi dimenticato che la maggior parte della gente lo festeggiava. L'adolescenza, quell'estate che avevo visto quel gattino appeso al mio regalo, mi aveva spezzato quella volontà. Ne feste ne regali mi andavano più a genio e mi ero negato lo sfarzo di quelle stronzate. Ma non quel giorno. Il gattino era al sicuro. Il gattino se ne stava davanti a me a sorridermi e io non disapprovai le sue intenzioni.

Le sorrisi passando uno sguardo mirato su tutto il suo corpo. «Davvero una gran fortuna, micetta.» le risposi piano. «Mio fratello non è riuscito a tenere a freno la lingua, vedo.» aggiunsi a denti stretti.

Il rapporto tra Irina e mio fratello era fonte di gelosia assicurata ma in fondo ne ero felice che lui le facesse da spalla. Che avesse qualcuno oltre a me con cui sorridere e essere libera di mostrare sé stessa senza chiudersi in un guscio. Aveva bisogno di fidarsi di qualcuno dopo essere stata tradita, aveva bisogno di capire che non era sola.

«A me piace quando parla troppo.» dichiarò lei chiaramente con l'intenzione da farmi salire alla testa quella gelosia.

«Vuoi discutere di questo proposito? Perché sarei molto propenso a farlo.» le domandai.

«Sarà per un'altra volta.» Tolse la mano da dietro la schiena e mi allungò una piccola scatola nera in pelle, simil serpente. «Buon Compleanno.»

Prendendola, a giudicare dalle dimensioni, mi feci già un'idea di cosa ci avrei trovato al suo interno. La aprii, tuttavia, e provai un certo fervore che mi era al quanto nuovo, come se quell'idea non l'avessi afferrata. Un anello in oro era incastrato nel cuscinetto nero in velluto e a seguire tutto il contorno, il centro era tappezzato di tanti minuscoli diamanti incastonati alla perfezione uno accanto all'altro. Doveva trattarsi senza dubbio di Verde di Dresda. Un diamante di un colore raro e che non faceva parte della mia collezione. Irina doveva averlo acquistato in sua autonomia. Non avevo idea che avesse fatto quella compera e presupposi che avesse chiesto alla sua assistente, Sarah, a farlo per lei.

Alzai gli occhi da quel anello e andai a posare lo sguardo sul rubino che portava lei. Il colore era quasi uguale.

«Ho pensato che servisse anche a te una fede tanto bella quanto la mia.» mi disse. «Forse avrei dovuto aspettare il nostro secondo matrimonio per dartela ma non ho avuto pazienza.» mi spiegò. «Guardalo bene.» mi incitò poi.

Lo presi fuori, notando subito una minuscola scritta al suo interno.

Una scritta in termini irlandesi.

Mo chuid fola, mo stòr.

Alzai gli occhi ricambiando il suo sorriso. «Mio sangue, mio tesoro

Si morse il labbro per poi sorridere quasi incapace di tenere a bada il suo stesso entusiasmo. «Spero che ti strappi un sorriso ogni tanto in mia assenza.» sussurrò.

Devotion 3 // Omertà E Onore //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora