𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 13

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𝙸𝚕 𝙲𝚘𝚕𝚙𝚘 𝙳𝚒 𝙵𝚎𝚕𝚒𝚌𝚒𝚝à.

ɪʀɪɴᴀ

22 maggio 2013
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 11:15

Non mi ero mai preparata per davvero a essere profanata da un sorriso sdentato incastrato da due guance rossicce e grossolane.

Il mio piccolo Eddie mi mozzava il respiro con la sua innocente risata, con le sue braccia agitate, con le sue manine che correvano ad afferrare i piedini ogniqualvolta facevo qualcosa di buffo. E poi quegli occhioni. Quelle enormi iridi scure, rasserenavano il mio essere. Talvolta era come specchiarsi in una pozza d'amore, caderci dentro ammagliati e poi spegnersi lì, in un sogno eterno.

«Ti voglio tanto bene, Eddie.» gli dissi piano e avevo perso il conto di quante volte glielo ripetevo pur sapendo che quel piccolo moccioso non mi capiva. «La mamma ti vuole tanto bene.» Gli presi i piedini tra le mani e glieli baciai entrambi. Lui rise ancora più forte, facendo ridere anche me.

Gli agitai poi i giocattoli a sonaglio del tappetino, appesi su due archi incrociati sopra di lui e lui rideva e rideva tantissimo.

«Mamma.» La voce di Tj accompagnò la risata di Eddie. «Posso andare a giocare in giardino con Fritz?» mi domandò.

Mi voltai per chiedergli se aveva finito i compiti ma lui era già lì, accanto a me con il quaderno degli esercizi aperto. «Ho fatto tutto, tutto.» quasi giurò alzando il mento con fierezza.

Gli sorrisi e sollevai una mano per prendergli la guancia tra l'indice e il pollice. «Allora va e non stancarti troppo, tra non molto sarà l'ora di pranzo.»

Chiuse il quaderno d'impeto e, accennando un grossolano sorriso sulla bocca, si fece avanti per darmi un bacio sulla guancia. Con estrema attenzione piegò le ginocchia e baciò anche il suo fratellino sulla fronte prima di correre fuori dalla stanza.

Tornai dal marmocchio e mi abbassai per sfiorargli la punta del nasino con il mio. «Hai visto quanto ti vuole bene il tuo fratellino?» Lui rise e il mio cuore si sciolse ancora. «Mio piccolo angelo.» sussurrai poi e gli strizzai le guance morbide e piene, storcendo il suo sorriso dalla bocca ben aperta. «Mi raccomando quando dirai la tua prima parola che non sia papà, intesi? Papà non merita questo onore. Tu sei un mio capolavoro, non suo.» pretesi con estrema serietà ma lui se la rise osservandomi con occhi ancora più grandi. Si mise una mano in bocca per mordicchiarla ed ebbi l'immediato istinto di sbaciucchiarlo tutto.

«Ti dovrebbero nominare mamma dell'anno dopo queste parole.» disse all'improvviso Elliot.

Non essendo stata avvisata della sua visita, né alla villa né tanto meno in città, mi voltai di scatto a guardarlo.

Era appoggiato allo stipite della porta e non aveva per niente l'aria di qualcuno che non era atteso.

«Ne sarei onorata.» risposi con la mente che aveva già tirato fuori non pochi motivi che supposi l'avevano portato lì ed ero tornata a giocare con i piedini del piccolo. «Dopo moglie e nuora dell'anno, un altro titolo alla mia collezione non sarebbe male.» affermai ironica. «Sei molto lontano da San Diego.» aggiunsi subito dopo. Le acque tra di noi di certo non erano tornate ad essere calme. Almeno non per me. La questione del suo matrimonio mi era ancora a cuore e non avrei mollato la spugna. «Edgar non è qui.» sbottai infine per fargli capire che non c'era nulla per lui lì.

Lo vidi fare il suo ingresso nella stanza, portando il passo accanto a me e Eddie e si fermò a sovrastarci entrambi. «Sono qui per parlare con te.» disse e lì per lì pensai che fosse finalmente pronto a scusarsi per come aveva reagito quella volta al casinò ma la mia convinzione durò un attimo. Fiutai tutt'altro che scuse nell'aria e puntai sulla seconda ragione che l'aveva portato in città, così su due piedi, senza preavviso.

Devotion 3 // Omertà E Onore //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora