Capitolo I prima parte

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Questa storia ha inizio negli anni della mia infanzia, nel 1853, quando vivevo felicemente con i miei genitori. Vivevamo a Londra, a Kensington, dove mio padre esercitava come medico. Egli era molto stimato fra la comunità, era l'uomo più buono e gentile agli occhi di tutti, in special modo a quelli miei e di mia madre. Mia madre, lei era la creatura più bella e gentile che ci potesse essere a questo mondo, non saprei descriverla con altre parole. Lei era famosa per i suoi libri per bambini, non c'era bambino che non conoscesse le sue storie in tutta l'Inghilterra. Loro erano dei genitori molto amorevoli e stimati da tutti, ed eravamo molto felici, ma tale felicità non durò a lungo, finendo in tragedia.

Un giorno, quando avevo dieci anni, mentre eravamo a casa, venne un uomo, aveva una certa urgenza medica: un suo amico era stato gravemente ferito e richiedeva l'intervento di mio padre. Succedeva abbastanza spesso, visto che era uno dei migliori e si occupava di pazienti speciali, così li definiva lui. In seguito scoprii che curava delinquenti che nessun medico rispettabile osava curare, ma su questo punto ci torneremo più avanti. Mi ricordo che quel giorno prese in fretta la sua borsa contenente i suoi strumenti chirurgici partendo per andare a curare il ferito. Lo vidi uscire dalla porta principale di casa nostra e non farvi più ritorno. Fu assassinato dal suo stesso paziente dopo che egli si fu ripreso dalle sue ferite. Non avendo più bisogno di lui, lo eliminò per non lasciare tracce di sé. La sua morte segnò tutti nel paese, in special modo me e mia madre, la sua scomparsa portò via con sé la nostra felicità e la voglia di vivere di lei.

Con la sua morte smise di scrivere e di prendersi cura di sé. Diede via lo studio di papà, la sola vista di quel posto che aveva tanto amato la ripugnava, così persi la mia casa. Ce ne andammo via da Kensington per essere trascinata in uno di quei quartieri sudici di Londra, dove le strade erano sporche e non lastricate, e le persone erano impolverate. Avevo paura di quel posto. Ricordo che venne un uomo a prenderci per portarci nella sua casa, se così si poteva definire, forse un tempo era stata bella e imponente, ma adesso era sporca e cadeva a pezzi.

L'uomo si chiamava William, un tipo alto con una barba lunga e dal viso piuttosto gentile, non so come facesse di cognome, lui affermava che il cognome ti rendeva riconoscibile, lasciava una traccia su di te. Egli era stato uno dei tanti pazienti speciali di mio padre, diceva che gli aveva salvato la vita e quindi gli sarebbe stato eternamente debitore, a lui e alla sua famiglia, finché fosse stato in vita, così ci aiutò nel momento del bisogno. Da quel che potei comprendere era ben rispettato fra la sua gente e nessuno osava opporsi a lui. Con me era molto gentile, e quando usciva per delle commissioni, al suo ritorno mi portava sempre un topino di zucchero.

Mi guardava sempre con uno sguardo triste, glielo leggevo nei suoi occhi grigi, era come se gli dispiacesse per qualcosa e non riuscisse a esprimerlo a parole. E quando volgeva lo sguardo su mia madre lo vedevo sempre sospirare, in seguito capii il motivo. Da quando eravamo arrivati in quella casa se ne stava sempre seduta in una poltrona sfondata davanti a un vecchio camino con un piccolo fuoco che ardeva, se ne stava per tutto il giorno a fissare le fiamme, e se non fosse stato per il signor William si sarebbe lasciata morire di fame. Lo vedevo che la imbocca e la incitava a mangiare supplicandola, ma riusciva a farle mandare giù poco e nulla. Anch'io a volte lo aiutavo a darle da mangiare, ogni giorno la vedevamo deperire e svanire a poco a poco come la nebbia di Londra che si dirada. Oramai era diventata l'ombra di sé stessa.

In quei mesi che seguirono si presero cura di me il signore William e i suoi figli, visto che mia madre non era più nelle condizioni di farlo. Non erano veramente suoi figli ma ragazzini che lui stesso aveva cresciuto e insegnato il mestiere, di che mestiere si trattasse non mi era dato saperlo. Mi diceva sempre: <<Meno sai di questo mondo, meglio sarà per te. Il mondo non è come appare ai tuoi occhi innocenti di bambina. Spero solo che rimangano sempre tali>>. Anche i suoi figli erano gentili con me, in poco tempo iniziarono a considerarmi come la loro sorellina minore. All'inizio ebbi paura di loro, con le loro facce scaltre e sporche, ma capii che non c'era bisogno di avere timore perché puri d'animo, tra l'altro mi era sempre stato insegnato a essere rispettosi e buoni col proprio prossimo. Mio padre diceva sempre: <<Se si è buoni, anche gli altri lo saranno con te>>. Lo era sempre stato, fino al giorno in cui non morì, ma quell'unico caso non poteva farmi dubitare dei suoi insegnamenti o della bontà delle persone.

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