Capitolo VIII

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Dopo quei giorni di interminabile trambusto, arrivò il giorno del testamento che tanto aspettavamo.
Ci trovavamo tutti in biblioteca: c'erano la signora Mason e sua figlia, ovviamente c'eravamo anche io, la signora Cook e i signori White.

Eravamo tutti seduti, di fronte a noi c'era il notaio del signor Mason intento a leggerci il testamento. Quel testamento stupì tutti. Da quel che avevo saputo dai signori White: se il padrone di casa moriva l'eredità passava all'erede maschio più vicino. Però non si sa come, il signor Mason aveva trovato una qualche scappatoia: nel testamento infatti c'era scritto che se la figlia fosse stata sposata, l'eredità sarebbe finita tutta in mani sue e di suo marito. Se in caso contrario non lo fosse stata, durante la morte del padre avrebbe avuto un mese di tempo dalla lettura del testamento per trovare marito e sposarsi, così da poter impugnare l'eredità. Ovviamente non doveva essere un matrimonio combinato, doveva essere volere della signorina, quindi in sostanza, era lei che doveva accettare il matrimonio.

A queste parole tutti si sentirono sollevati, tranne me e la signorina. Anche se non mi guardava la conoscevo così bene da sapere che stava morendo dentro. Lei non avrebbe mai accetto di sposarsi entro un mese. Non l'avrebbe mai fatto. Mai e poi mai. Era fuori discussione. Però, che alternativa aveva adesso? Nessuna.

Il notaio se n'è andò, lasciando la casa più allegra, in special modo la signora Mason era al settimo cielo, il che non mi stupì. Era troppo legata al suo denaro e al suo tenore di vita.
<<Finalmente delle buone notizie>>, esclamò. Solo lei vedeva queste buone notizie.
<<Buone notizie!>>, esclamò sua figlia.
<<Certo, figliola. Adesso ci basterà trovarti un marito e farla finita con questa tragica storia. Sarà solo un ricordo lontano>>.
La signorina si alzò furibonda, facendo sobbalzare tutti. <<Credi davvero che io accetti di sposare un estraneo?!>>.
<<Oh, non un estraneo, non di certo. Non lascerò il denaro di tuo padre al primo che passa>>.
<<E allora a chi?>>.
<<Ma naturalmente al signor Norris>>.
<<Cosa?!>>.
<<Ma sì. Lui mi aveva già chiesto tempo fa la tua mano. Certo, all'inizio ero contraria, avrei preferito un figlio di un nobile per te. Poi ho capito che il poveretto era davvero preso da te, così ho accettato>>.
Quindi per questo avevano avuto quella discussione tempo fa. Adesso era tutto più chiaro.
<<Quindi per questo ha chiesto la mia mano!>>, le urlò.
<<Che modi sono questi, Maud>>, la rimproverò la madre portandosi una mano sul petto sconvolta dalle sue maniere. <<Comunque sì, anche se so che alla fine lo hai rifiutato>>.
<<Certo che l'ho rifiutato. Io non lo amo affatto!>>.
<<Sciocchezze! L'amore non è per noi, te l'ho ripetuto mille volte. Adesso lui è la nostra unica speranza di salvezza dalla rovina>>.
<<Meglio rovinata che sposata!>>.
La signora Mason si alzò furente. <<Che tu lo voglia o no, lo sposerai entro un mese>>.
<<No!>>, detto ciò uscì dalla biblioteca come una furia, sbattendosi la porta alle spalle facendo tremare perfino il pavimento.
Prima che potessi raggiungerla, fui richiamata dalla signora Mason. <<Desidero parlare con te in privato>>. Così uscirono tutti, persino la signora Cook, lasciandoci sole.

La signora Mason camminò avanti e indietro tra i libri in cerca delle parole adatte, infine parlò: <<Come ben sai, la situazione è delicata. Se mia figlia non acconsentirà a sposarsi entro un mese sarà finita. Io se voglio posso trovarmi un nuovo marito e continuare a fare la signora, la quale sono, però penso anche a mia figlia. Pensi che al mio nuovo marito importerà di lei? Non di certo. Sicuramente la getterà in mezzo alla strada>>.
<<Come?>>. Non riuscivo a credere alle sue parole. Per un attimo pensai che si stesse prendendo gioco di me.
<<In fondo cosa ne può sapere una come te. Ma per una come mia figlia è diverso. Nel nostro mondo altolocato funziona così, i figli dei precedenti matrimoni sono solo dei pesi, dei fardelli, così ce ne sbarazza>>.
<<Quindi che ne sarà di lei?>>.
<<Di mia figlia? Se le andrà bene finirà a fare la cameriera in una casa. Ma sappiamo entrambe che non durerebbe un giorno, lei è troppo signora per fare la cameriera. Quindi è più plausibile che finisca per strada, e anche lì, durerebbe meno di un giorno, in quel caso perché farebbe una brutta fine>>, sentenziò. Per la prima volata da che la conoscevo, la vidi affranta per la figlia. Anch'io lo ero. Come potevo lasciare che potesse fare quella fine.
<<Io cosa posso fare?>>, le chiesi disperata.
<<Tu sei l'unica a cui dà ascolto. Convincila a sposarsi, solo così sarà salva>>. Cosa fare? Lasciare che si sposi, quindi che sia infelice, oppure lasciare che non si sposi e vederla finire in mezzo a una strada a morire? Mi venne in mente la parte brutta di Londra, quel posto pieno di gente polverosa e anche pazza. Me la immaginai in mezzo a loro e fu una scena orribile. La signora Mason aveva ragione, non sarebbe durata meno di un giorno.
<<Conti su di me>>, dissi infine.
Anche se mi faceva male, sapevo che avrebbe dovuto sposarsi. Non potevo essere egoista, non potevo volerla tutta per me. Anche se il pensiero che fosse stata di un altro mi uccideva. Non potevo cedere a certi sentimenti. Ero una donna e non potevo stare con lei, neanche se avessi voluto. Lei era destinata a un altro, non a me, non a un essere insignificante come me che non poteva toglierla da questo guaio. L'unica cosa che avrei potuto fare per lei era rinunciare a lei, ai mei sentimenti e far sì che si sposasse, anche se sarebbe stata eternamente infelice. Meglio infelice che morta. Così pensai in quel momento.

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