~ POV LEON ~Le ho mentito, sono piuttosto sicuro di sapere cosa, o meglio, chi l'abbia minacciata.
Quello stronzo non ha ancora imparato la lezione, se non sto attento ci troveranno presto, fin troppo presto.
Dubito cercherà di ostacolarmi, ma il suo avvertimento è stato chiaro, a Illèa non siamo i benvenuti e non mi salverà stavolta.
Aspetto scenda il buio, so esattamente quando avviene il cambio delle guardie e sfrutterò la mia conoscenza a dovere.
Aspetto paziente all'entrata evitando di attirare l'attenzione.
Lui non mi verrà a cercare, sa bene che riuscirò a entrare.
Osservo le guardie darsi il cinque e allontanarsi, sfrutto questo momento per sgattaiolare all'interno delle mura.
Spero sia riuscita a usare la chiave, lì non possono trovarci e ho la certezza sia al sicuro, avevo promesso di proteggerla fino al nostro arrivo a Somnium e ho già fallito, quello squarcio sulla spalla non ci voleva.
Mi muovo di soppiatto tentando di non attirare l'attenzione della gente ancora in giro, supero l'angolo ed è lì.
La serratura brilla e la porta si apre.
Nicea non è in soggiorno, la casa è silenziosa e la cosa a tratti mi preoccupa.
«Nicea?»
Lei non risponde, è tutto fin troppo tranquillo ma la porta della mia camera è chiusa, la spalanco senza esitazione e lei è lì dentro.
Trasalisce quando mi vede aprire la porta, in effetti la scena è fraintendibile
«Sei tu, mi hai spaventata...»
Ha la schiena scoperta, credo stesse cercando di medicarsi la ferita da sola.
«Per fortuna, credevo stessi male.»
Ha il viso rosso, di conseguenza chiudo gli occhi.
«Scusa, non volevo invadere la tua intimità.»
«Che posto è mai questo, Leon?»
«Ti piace?»
«Non vieni qui da un po', si nota.»
«Potremmo dire che è casa mia ma è molto di più, questo posto è magico.»
«Siamo ancora a Illèa?»
«Siamo come in un limbo, qui nessuno entra a meno che non lo voglia io.»
«Quindi siamo al sicuro?»
«Sì, non preoccuparti.»
Tengo gli occhi ancora chiusi. «Non ci arriverai da sola.»
«Volevo vedere la ferita, non ho neppure trovato alcol e garze.»
«Dove hai cercato?»
«In bagno.»
«Posto sbagliato, strega.»
Riapro gli occhi per aprire l'armadio. «Posso?»
Sento un suo sospiro prima che possa rispondermi.
«Non ho altra scelta.»
Nicea si volta e ho modo di vedere la ferita.
Le tasto la pelle chiara liscia con i polpastrelli
Deve aversi pulita, tuttavia il sangue non smette di fuoriuscire dal taglio.
Non ha un colore usuale, è scuro, quasi come il mio.
Nelle mie vene scorre sangue nero, è sporco da quando sono stato maledetto.
Non riesco a trovare una spiegazione per lei, ipotizzo si tratti dell'arma con cui è stata ferita.
«Dimmi che non è brutta come credo.»
Non so se mentirle o essere sincero, quella ferita ha tutta l'aria d'essere seria.
«No, non è profonda.»
«Per fortuna...»
Cerco nel mio armadio, è pieno di cianfrusaglie ma ho quello che cerca.
Bagno una garza e Nicea si ritrae appena l'alcol le bagna la ferita. «Soffri per così poco, strega?»
«Non hai avvertito.»
«Perdonami, non sono ferrato in magia di guarigione, tu perché non ne fai una?»
«Non sono brava, per niente.»
Rido ma sono preoccupato, la garza è color borgogna, intrisa dal suo sangue.
«Allora c'è qualcosa in cui non sei brava...»
Nicea sospira seccata. «Ci sono fin troppe cose che non sono brava a fare.»
Mi chiedo perché sia infastidita, la curiosità mi assale sempre in queste situazioni e non posso fare a meno di provare a leggerle la mente.
L'effetto della resistenza mentale dovrebbe essere ormai svanito.
«Perché questa faccia? Qualcosa ti turba?»
Non risponde ma riflette sulla risposta da darmi, è imbarazzata.
Stringe i denti ma non fa un suono, la pelle è calda.
A tratti trema, non voglio spaventarla, ci avrà pensato quell'ombra a farlo.
«Sono a posto, quell'ombra mi ha impaurita parecchio, credevo i problemi sarebbero arrivati a Illusio.»
Continuo a tamponarle la ferita mentre l'ascolto, neppure io mi aspettavo un benvenuto del genere.
«Mi dispiace, non credevo si sarebbe fatto vivo.»
Mi guarda dal vetro dello specchio. «Ma chi diamine è? Lo conosci?»
«Non ne sono sicuro, forse lo conosco. Non vuole ucciderti come pensi, ci stava avvertendo, non sarà lui a torturarci, saranno gli altri.»
«Continuo a non capire, Leon.»
«Capirai più avanti, te lo prometto.»
Non faccio promesse che non posso mantenere, le parlerò di Maddox a tempo debito.
Nicea sbuffa e mi viene spontaneo chiedere: «Ti fa male?»
«Quando la muovo, altrimenti brucia e basta.»
«Capito, sei strana però.»
Lei scuote il capo. «No, va tutto bene.»
Forse non la conosco abbastanza bene da poter capire se si stia comportando in modo diverso dal solito o meno.
Comincio a fasciarla, credo di avere le dita fredde, si ritrae al mio tocco.
Una goccia di sangue le scivola sulla schiena scoperta, la infrango con una garza seguendo la sua sua spina dorsale.
Un brivido l'attraversa. «Perdonami, avrei dovuto avvertire stavolta.»
Vedo il suo viso riflesso nello specchio, sembra accaldata.
«Non importa, hai fatto?»
Io annuisco e mi allontano un po'.
«Senti, perché non va aperta la finestra?»
Ridacchio, ha notato l'affissione. «Ci sono poche finestre, lo avrai notato, non vanno aperte perché snaturerebbero questo posto che è fatto di pura magia.»
«L'aria mortale contamina quella magica?»
«Qualcosa del genere, sì.»
«Puoi stare tranquillo, non ho aperto alcuna finestra, solo innumerevoli sportelli cercando delle garze pulite.»
«Possiamo dire questo posto rifletta il mio caos mentale, può esserci qualunque cosa in qualunque posto.»
Si gira e da un'occhiata alla porta.
«Hai conservato i giornali, sono tanti...»
«Alcune di quelle notizie non mi riguardano neppure.»
«Hai ucciso davvero così tanta gente?»
Ricordare mi fa sentire un mostro ma so di aver fatto il possibile per non uccidere.
«Sono responsabile di alcune vittime, è vero, ma la maggior parte di queste, sono state degli errori.
Al tempo non sapevo ancora come funzionasse la maledizione. Quando mi innamoro spengo i sentimenti, così da non uccidere la persona a cui mi lego.»
«Così allontani tutti però...»
«Non mi innamoro da un po', ho smesso, non ho voglia di sentirmi vuoto.»
«Quindi è vero, non senti niente?»
«Niente di niente, nessuna gioia e nessun dolore.»
Descrivere l'apatia è strano, non credo esistano parole adatte per descrivere come mi sento quando spengo i sentimenti.
«Dev'essere straziante.»
Sospiro, «lo è.»
«Finirà presto.»
Mi guarda dallo specchio e sorride. Nicea dev'essere una di quelle persone che sanno sempre cosa dire.
Non so molto su di lei, ma di una cosa sono sicuro: talvolta è troppo buona, solo una pazza avrebbe accettato questa missione suicida.
«C'era un biglietto, sul tavolo.»
Mi prende alla sprovvista, ha osservato parecchio prima che arrivassi.
«Lo hai trovato eh? Lo portavo con me in battaglia. È una specie di portafortuna.»
Non ricordavo di averlo messo sul tavolo. Dopo quello stufato, forse il mio cuore ha desiderato lo ritrovassi.
«Leon», richiama la mia attenzione.
«Sì?»
«Pensi che io abbia sbagliato?»
«A venire con me? Forse sì, ma te ne sono grato.»
«Non intendevo questo, parlo dell'incantesimo. Credi che sia stato giusto lasciare che Xavier si innamorasse di me?»
«L'ultima volta che ho accettato un incantesimo sono stato maledetto, non credo la mia opinione possa contare qualcosa.»
«Sei l'unico a cui posso chiedere.
È come se il sentimento si fosse affievolito sapendo che non devo più lottare per averlo».
«Forse hai sbagliato ma non è detto, vivrai il tuo lieto fine.»
«E se non fossi abbastanza brava ad amare?»
«Sarai brava. Sei stramba e sconsiderata ma sei anche coraggiosa, serve tanto coraggio per amare.»
Nicea sorride. «Il mio coraggio mi ha solo portato uno squarcio sulla spalla che non riesco neppure a medicare da sola.»
«Considera il mio come un atto di riconoscenza», scherzo stringendo un'ultima volta le bende.
«Grazie», risponde e stringe a sua volta la mano che tengo sulla sua spalla.
C'è un che di intimo in quel contatto, quel calore amicale che non sentivo da tanto.
Forse stavolta può essere diverso, deve esserlo.
Posso legarmi a qualcuno senza avere il terrore di ucciderlo, posso avere un amico.
«Di niente, adesso riposa, mi servi in tutta la tua potenza di strega.»
Lei ride e si alza fasciandosi il petto con il braccio illeso.
Spero davvero quella ferita non complichi le cose.
La vedo quindi avvicinarsi al letto ed esco dalla camera per lasciarla sola.
Vado verso la cucina e guardo il tavolo.
Il biglietto è lì.Riprendo quel pezzo di carta striminzito e lo rimetto nella giacca.
Ho bisogno di fortuna, tanta fortuna adesso.
Mi dispiace, mi dispiace tanto.
Mi dispiace ogni volta.
Tutti questi articoli su di me, che mi ritraggono come un mostro, mi fanno soffrire.
Vorrei strapparmi il cuore.
Poter trovare qualcosa in grado di alleviare questo dolore.
Mangiare quello stufato mi ha fatto sentire come se fosse ancora vivo.
Come se le cose non fossero cambiate e mi sovviene il pensiero che magari, tornando all'accademia, potrei trovarlo ancora lì.
Prendo tutti i giornali e li getto nel primo armadietto vuoto che trovo.
Non voglio leggere una parola di più.
Non sono una cattiva persona, me lo ripeterò come un mantra.
Quando mi libero di quelle cartacce, tolgo la camicia e mi stendo sul divano.
È piuttosto spoglio qui.
Spoglio ma allo stesso tempo pieno di ricordi.
Ci sono oggetti di Amelia, foto con i compagni di Incendium e tanti, tantissimi giornali col mio nome sopra.
Appoggio la testa sul cuscino e provo a chiudere gli occhi, ci provo davvero ma nonostante il tentativo il sonno non sembra arrivare.
Non voglio svegliare Nicea.
A dire il vero prego che si svegli e che sia abbastanza in forze da continuare il viaggio domani.
Ho visto la sua giacca quando se n'è liberata, era piena di sangue.
Non mi sono permesso di guardare troppo mentre la medicavo, un pensiero però continuava a tormentarmi.
Mi è quasi parso di toccare Amelia, di vedere lei in quel maledetto specchio.
So che non è vero, Amelia è morta più di dieci anni fa.
Le ho portato via la possibilità di invecchiare.
Basta, devo smetterla, non è colpa mia.
Non sono una persona cattiva.
Mi alzo dal divano e scatto verso il bagno, non mi curo neppure di svestirmi, mi getto sotto l'acqua fredda.
Mi entra negli occhi, nel naso, per un attimo spero di non respirare più.
Non succederà, ne uscirò illeso come ogni volta.
Mi guardo le gambe bagnate, le ferite ormai cicatrizzate.
Non vi dimentico, vi porto ancora sul mio corpo.
Non morirete mai, siete impressi sulla mia pelle.
E mi dispiace, mi dispiace ancora.
Rimedierò a tutto questo, lo prometto.Il famoso capitolo della ferita...ne vedremo delle belle.
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IGNIS "quanto sei disposto a sacrificare per amore?"
FantasyQuanto è importante l'amore per gli esseri umani? Molto, e Leon Carter lo sa bene. Da quando è stato maledetto, ogni donna di cui si innamora finisce per morire inspiegabilmente dopo ventiquattro ore. Nicea invece, nell'amore non ci crede, è una st...