Capitolo 13

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~POV NICEA~


Sinceramente non avevo mai pensato sarei andata da un fabbro, ma eccomi qui, per le strade di Illèa nel tentativo di trovare una chiave.
Ancora non riesco a orientarmi bene ma i cartelli affissi in giro mi aiutano.
La strade sono costeggiate da guardie, il che mi mette un po' d'ansia, è come se da un momento all'altro potessero leggermi sul volto l'identità o percepire la mia magia.
Sono assorta nei miei pensieri e le mie preoccupazioni.
Penso a Xavier, a Leon e a ciò che mi ha detto.
Vuole lasciarmi il suo mazzo di carte, vuole che esprima il mio desiderio.
Quando l'ho incontrato non avrei mai pensato fosse così, avevo creduto fosse uno stolto senza sentimenti, incapace di empatizzare ma ora ho capito chi è davvero, ho capito quanto mi stessi sbagliando su di lui.
Penso al desiderio, potrei riportare la mamma indietro, potrei riaverla con me se lo volessi.
Smetto di riflettere quando noto qualcosa di interessante, un posto che fa al caso mio.
Un cartello di legno affisso sul parapetto riporta una scritta in vernice: "fonderia".
Entro guardandomi in torno, il locale è vuoto e la puzza di bruciato mi invade le narici.
«Buongiorno, posso?»
Un uomo coperto di cenere mi fa cenno di avvicinarmi, ha il grembiule sporco e le mani coperte da guanti, tiene in mano un paio di lunghe pinze.
«Cosa posso fare per te?»
«Mi servirebbe una chiave, una di quelle che puoi incantare.»
«E perché mai?»
Dovrei mentire o dire la verità?
La creazione di un limbo non è proibita da Legea, userò una piccola scusa.
«Sono una strega, vorrei creare un limbo.»
«Allora devi essere una strega potente...Sono in poche a saperlo fare.»
«Sì, ho studiato all'accademia d'arti magiche.»
«Notevole, per quel tipo di chiave però, il prezzo aumenta.»
«Cos'ha di diverso da una semplice chiave?»
«Le chiavi magiche, si producono utilizzando le fiamme di Ignis.»
Adesso capisco...l'amica di Leon ha usato quelle.
«E di quale prezzo staremmo parlando?»
«Tanto, tantissimo argento.»
«Vorrei una cifra precisa, signore.»
«Non disponi di tanto argento, non è così ragazzina?»
Leon avrebbe spezzato un asso e lo avrebbe piegato al suo volere, comincio a invidiare i suoi poteri...
«Mi dica solo quanto vuole, per favore.»
«Potresti pagarmi in un altro modo sai, con la tua magia.»
Ci risiamo.
«Intendo pagare con l'argento.»
«Mille monete allora, sai com'è la situazione a Ignis, difficile entrare, difficile uscire.
Non è da tutti avventurarsi lì sai? Scommetto che non ne hai neppure una vaga idea», blatera.
Credo di averne un'idea in realtà.
Mille monete è molto più di ciò che guadagno alla libreria.
«E se decidessi di pagare con la magia, che tipo di incantesimo ti servirebbe?»
Sul volto del fabbro si dipinge un ghigno.
Prima che possa parlare però, una figura incappucciata fa il suo ingresso.
«Smettila padre, non puoi continuare a truffare i tuoi clienti, devi sapere, straniera, che tutte le chiavi nascono dalle fiamme di Ignis.»
Capisco si tratti di una donna all'udire delle sue parole.
«Alicent!» Tuona quello che, a questo punto, suppongo sia suo padre.
«Sei uno stupido illuso, non sarebbe stata in grado di fare quel tipo di incantesimo!»
La donna misteriosa si priva del cappuccio e finalmente vedo il suo volto, i capelli ramati le ricadono sulla schiena, ha la pelle cerea e le labbra tinte di rosso.
È bella, davvero troppo per celarsi dietro un mantello.
«Qual è il tuo nome, straniera?» Si rivolge a me con un sorriso quasi sincero.
«Nicea, mi chiamo Nicea», sibilo.
«Io sono Alicent, quest'uomo burbero è mio padre, devi scusarlo, si comporta da carogna ma le sue intenzioni sono nobili.»
«E che tipo ti intenzioni sarebbero? Truffarmi?»
Alicent scuote il capo, sorride ma sembra addolorata. «Lui vorrebbe solo potersi permettere un incantesimo potente, per riportare in vita mia madre. Cercava di truffarti per questo, non guadagna abbastanza per poter pagare una strega.»
Il mio perdono è immediato, condividono il mio stesso desiderio.
Dunque, anche lei ha perso sua madre.
Il sorriso che ha stampato in faccia suggerisce qualcosa di diverso.
Dev'essere brava a fingere, a me non è mai riuscito così bene.
Il fabbro si porta le mani sul viso, imbrattandoselo irrimediabilmente di nero.
«Alicent!» Grida adirato.
«Non è così che otterrai una magia, padre.»
Si dilegua, portando quelle lunghe pinze con sé.
La figlia appoggia il mantello all'appendiabiti dove è appeso un grembiule sporco come quello del padre.
Le osservo le mani, fin troppo pulite per il mestiere che svolge.
Si allaccia il grembiule e raccatta un paio di pinze.
«Sono spiacente per mio padre, da quando la mamma ci ha lasciati è una vera carogna.»
«Non preoccuparti. Sono disposta a pagare, ma non ho mille monete.»
La vedo tirare su un marchingegno, il fumo invade la stanza ma lei non sembra preoccuparsene.
«Questo è un piccolo regalo da parte mia», dice indicandomi lo stampo contenente una chiave.
«No, non posso accettare, voglio pagarti.»
«Sta' tranquilla Nicea, te l'ho detto, consideralo come un regalo.»
Perché è così gentile con me?
«Grazie allora, ti sono molto riconoscente.»
«E dimmi, a cosa ti serve un limbo?»
«Mi serve...un posto isolato.»
«C'entra un uomo non è così? Ti si legge in faccia!»
Uomo? Quale uomo?
Decido comunque di assecondarla. «Certo, il mio fidanzato e io necessitiamo di un po' di privacy.
Sai, le madri impiccione, le sorelle senza ritegno, ci serve un po' di tempo per noi», mento.
Non c'è nessuna madre, tantomeno una sorella.
Non ho idea di cosa stia facendo Mysaria a Legea e in tutta sincerità, neppure mi interessa.
«Capisco, motivo in più per farti questo regalo.»
«Grazie ancora, allora», dico prima di andar via.
Devo affrettarmi a tornare da Leon, altrimenti penserà io mi sia persa o sia stata rapita come suo solito.
Qualcosa in lui sta cambiando e in meglio, non voglio essere presuntuosa e presumere stia cambiando grazie a me, ma la persona che ho conosciuto alla libreria non è la stessa con cui spendo le giornate adesso.

"Vattene"
Sento qualcosa, una voce nella testa.
"Va' via da qui, Nicea"
Eh? Chi è? Come sai il mio nome?
"Ti ucciderà"
Chi? Chi mi ucciderà?
"Non è fatto per amare"
Stai parlando di Leon?
"Quel ragazzo è una disgrazia, morirai se resti qui"

Non vedo più nulla, tutto intorno a me sembra diventare fumo.
Tento di aprire gli occhi senza riuscirci e sento come un nodo alla gola.
Muovo le braccia per allontanare il fumo, è a quel punto che la vedo, la stessa ombra della foresta, adesso so chi è: Maddox Larsen.
Non riesco a scorgergli il volto, sta usando la sua magia e la sua figura appare sfocata ai miei occhi.
Mi sento cadere, la testa gira e quando alzo il capo, vedo degli alberi, alberi alti che si mimetizzano nella foschia.
Dove diavolo mi trovo?
Faccio qualche passo prima di venire fermata.
Qualcosa di freddo mi sfiora la gola.
Vorrei urlare ma il fiato sembra non uscire.
«Non ti ucciderò», asserisce con voce scura.
«Cosa vuoi da me? Non sono colpevole di niente.»
«Cerco di salvarti la vita. Va' via Nicea.»
«Lasciami, per favore. Dove diamine siamo?»
«Basta domande. Devi andartene, non te lo dirò di nuovo.»
«Perché dovrei?»
«Perché morirai, ti ucciderà lui o sarò costretto io a farlo.»
Deglutisco a fatica, la stretta sul mio collosi si affievolisce e Maddox tace.
Non dice più niente, dopo poco ritorno a vedere normalmente, la realtà non è più sfocata, niente più alberi e foschia.
Devo essere caduta in terra, riesco a vedere Alicent che corre verso la mia direzione.
«Santi numi, stai bene? Ti ho vista cadere da lontano!»
«Sto bene, ho avuto un giramento di testa e...»
«Diamine, ce la fai a tornare a casa?»
«Sì, puoi stare tranquilla.»
Si guarda intorno e sul suo volto si dipinge un cruccio, come se stesse cercando qualcuno.
Mi aiuta ad alzarmi e, con la testa che ancora gira, mi affretto a tornare a casa.
Forse aveva ragione Leon, Larsen sa sempre dove trovarmi.
Mi sento strana, è come se sapesse cosa provo. Probabilmente vendere i miei sentimenti per Xavier non è stato saggio ma c'è qualcosa in questa situazione che non mi convince.
Voglio aiutare Leon, più di quanto io voglia tornare a casa.
Pensandoci meglio non voglio tornare a casa, è folle ma non mi sono mai sentita viva come adesso.
Non posso farci niente, questo brivido di adrenalina mi eccita e non riesco a pensare di tornare alla vita di sempre.
Ho paura? Sì.
È abbastanza da fermarmi? No.

Arranco fino al limbo, ancora una volta la porta mi riconosce e si apre al mio cospetto.
«Leon? Ci sei?» Grido mentre entro.
«Nicea! Grazie Dei, stai bene.»
Mi scruta da capo a piedi, cerca qualsiasi nuova ferita possa essere comparsa sul mio corpo.
Non gli dirò cosa è accaduto, pregherò non decida di leggermi la mente.
«Ho una buona notizia per te.»
Tiro fuori dalla tasca la chiave e sembra quasi gli si illuminino gli occhi.
«Non può essere, ce l'hai fatta.»
«Avevi dubbi?» Sorrido ammiccante.
Quando mi metto qualcosa in testa è raro io desista.
Gli lancio la chiave e lui l'afferra al volo.
«Adesso, la parte più complessa: bisogna incantarla.»
«Hai detto bene, è la parte più complessa.»
«Hai qualche nuova idea su come fare?»
«Ho scritto a Rhea, suppongo non risponderà ma possiamo sempre sperare.»
Incrocia le dita e alza gli occhi al cielo per qualche secondo.
Si allontana di poco, chiude la chiave in un cassetto e continua a scrutarmi da lontano.
«Sei caduta?»
Mi guardo le gambe, non mi ero accorta di avere le ginocchia sporche di quello che sembra fango.
«Sono inciampata mentre tornavo. Sai, era pieno di guardie.»
«Non devi averne paura, non possono farti niente.»
«Già», sospiro e mi strofino via il fango con il palmo.
«Sei stata brava, ma devi stare attenta, un'altra ferita e non arriveremo più a Somnium.»
Annuisco e vado verso la cucina, mi serve dell'acqua, acqua molto fredda.
Che cazzo di posto mi ha mostrato?
Perché prima dice di volermi proteggere poi di avere intenzioni omicide?
Non otterrò una risposta, non mi resta che darmi pace e bere quanto serve.

IGNIS "quanto sei disposto a sacrificare per amore?"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora