Ti auguro di annegare nell'acido che mi provochi.
-POV LYRA-
Il Nightmare è un bar molto carino dalle porte di legno massello e le finestre spalancate come in una casetta in montagna. Mille fiori germogliano nei rispettivi vasi. Il locale spezza con la vita di città dei marciapiedi e l'aria ti accoglie. <Garret non c'è> sbotta Matteo aprendo un pacchetto di sigarette.<Quante te ne fumi al giorno?> domando infastidita dall'odore che so già proverò quando la porterà alle labbra.
<Ogni tanto i cazzi tuoi te li fai?> replica riponendo la sigaretta all'interno del pacchetto reprimendo il desiderio di fumare. Inspiro profondamente cercando di non dargli uno schiaffo così potente da rifarsi la faccia. Provo a capirlo, ad analizzarlo, ma è impossibile. In alcuni momenti sembra dolce, come prima quando cercava di confortare Clare e lo ha fatto sfiorandola per pochi secondi. Persino chiudere il pacchetto e non fumare perché ha capito che mi dava fastidio potrebbe essere un bel gesto, ma i suoi modi di fare evitano che lo sia.
Mi guardo intorno e osservo la gente. Il locale dolce e sereno accoglie gente di ogni genere. Nel tavolino sotto la finestra si trovano due ragazzini sui quindici anni che si sorridono mentre lui le sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sospiro chiudendo gli occhi e respirando. Essere figlia dei miei significa riconoscere le forme anche più piccole di manipolazione. Un gesto semplice come sfiorare il viso della persona che abbiamo davanti è di estrema intimità e affetto, ma se la persona che lo compie ha intenzioni nascoste fa sentire la ragazza protetta quando in realtà si è in una mano dagli artigli d'acciaio.
Nel locale entrano due uomini e una donna con dei lunghi cappotti. Sarebbe tutto normale visto il freddo glaciale, ma le scarpe di lei sono aperte e indossa tacchi dalla pianta larga.
Do una gomitata a Matteo che sembra avere la stessa intuizione quando nota il vestiario dei tre. Si dirigono verso un uomo dietro un bancone che mordicchia la gomma di una matita e alza lo sguardo quando sono abbastanza vicini. Sussurra una parola che riconosco essere "Password". La ragazza si avvicina al suo orecchio e lui si scosta annuendo. Lancio uno sguardo a Matteo che li segue con lo sguardo. Si avviano verso un corridoio. Scatto in avanti e lui mi afferra per il braccio. <Cosa fai?> domanda e io mi scosto lanciando uno sguardo verso un cameriere che osserva il collega allontanarsi.
<Distrailo> esclamo prima di seguire il ticchettio del tacco della donna. Il corridoio è lungo e infondo c'è solo una porta. L'intonaco è decorato da quadri dai luoghi incantati e rustici sopra una carta da parati gialla e arancione a mezza altezza.
<Non una parola> afferma il cameriere aprendo la porta. Nel corridoio si riversa una luce blu e rossa che a terra genera il viola. Due colori antipodi che si scontrano in una sola battaglia. Due colori altisonanti presenti persino nel tramonto. Mi nascondo velocemente dietro un portaombrelli e ringrazio gli ombrelli grandi per coprirmi abbastanza. Appena gli uomini sono dentro li chiude esiliandoli al confine del mondo. Mi alzo di scatto consapevole che tra poco tornerà e mi vedrà. Mentre gira le chiavi della porta segregandoli, ritorno nella parte del bar che mi è concessa. Sospiro quando vedo Kai distrarre il collega. Matteo ha gli occhi rivolti verso un quadro dai colori bianchi e i bordi così scuri da sembrare un luogo incantato intrappolato tra le tenebre. C'è qualcosa in questo posto di estremamente altalenante. Si gioca tra sogno e incubo. Si danza col filo che li separa. Faccio un passo indietro. <Attenta>
Mi giro alle mie spalle notando il cameriere che prima era nel corridoio. Ha dei capelli neri corti e degli occhi azzurri intensi. La camicia gli fascia il petto e dalla tasca dei pantaloni si intravedono le chiavi della porta dove sono scomparsi i tre signori. <Scusami> dico <cercavo il bagno, ma non riesco a trovarlo>
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Caos
RomanceCi sono storie che brillano nella luce e altre sorrette dalle ombre. Pitture nere lungo i bordi di un racconto strappato. La nostra vita è un oblio dalle pareti nere in cui nascondiamo il buio dietro la carta da parati. Ci sono storie fatte di Caos...