Capitolo 4

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«La mente è un labirinto oscuro dove solo i più coraggiosi osano perdersi.»

Declan

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Declan

Indosso la camicia con gesti misurati, lo sguardo fisso nello specchio. La tensione che si accumula nel mio petto sembra intensificarsi, senza un motivo apparente. Consulto l'orologio: è ancora presto, ma decido di uscire comunque.

Nella sala principale, osservo il panorama dalla finestra del mio attico sopra il Crystal Heights, trovando conforto nella vista. La luce del sole sta pian piano sparendo all'orizzonte e le nuvole mi rilassano annebbiando leggermente il cielo.

Il suono del bip dell'ascensore mi fa voltare, trovandomi di fronte a mia madre che entra nell'appartamento.

«Ho un impegno.» Dico subito, cercando di evitarla.

«Dieci minuti non ti rovineranno la cena.» Replica con arroganza, posando la borsa sul tavolo.

So che è lì per via di Derek.

«Complimenti...» Il suo tono è tagliente, i suoi occhi riflettono la mia stessa intensità. «Adesso diamo anche lavoro a certa gente? Dio, Declan, ma da che parte stai?»

«Lo so cosa sto facendo, non hai bisogno di darmi lezioni di morale, soprattutto tu.» Ribatto, sentendo il battito delle mie vene rimbombare nelle orecchie.

Non proferisce più parola. Passa appena le dita sulle labbra colorate di rossetto e osserva il resto della stanza con un'aria di disappunto.

«Te la sei già portata a letto?»

«Non ti riguarda!» Sbraito, la mia voce riecheggia nella stanza. «Vattene.»

«É una ragazzina!» La sua espressione si fa più dura, e a quel punto non capisco.

«Esattamente...» Rido. «Di cosa cazzo ti preoccupi tu? Il fatto che le dia uno stipendio o che sia una ragazzina che mi scopo?»

Mi guarda con disprezzo e dice l'ultima cosa al mondo che dovrebbe dire: «Sembri tuo padre.»

È in quel momento che tutto va storto. Sento l'ira montare dentro di me e vedo tutto nero. Non voglio essere come mio padre, anche se una volta desideravo ardentemente essere come lui. Ora, solo l'idea mi fa venire il ribrezzo.

Il suono del mio pugno che colpisce il tavolo riempie il silenzio, il respiro si fa affannoso mentre cerco di controllare la mia rabbia.

«Sai qual è il tuo problema?» Mi avvicino a lei con passo deciso, i miei passi echeggiano nel silenzio della stanza. «Almeno io sto facendo qualcosa, tu che cazzo hai fatto fino ad adesso? Continui a piangerti addosso, ti ficchi in gola pasticche per stare in piedi, ti fai mantenere da me perché ho avuto il potere di riscattare questa fottuta azienda che tuo marito stava mandando in rovina per una puttana!»

Fire in my bloodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora